Nucleare: opportunità o minaccia?

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Per capire quanto il mercato considera il nucleare una fonte energetica per il futuro dell’Europa (e non solo), siamo andati a verificare l’andamento dei prezzi dell’uranio in queste ultime settimane. Dopo la corsa registrata in seguito allo scoppio del conflitto in Ucraina, che aveva portato il prezzo dell’uranio da 43 (al 21 febbraio 2022) a quasi 64 dollari per libbra (al 18 aprile 2022), il prezzo ha ripiegato e da settimane è tra i 45 e i 50 dollari alla libbra (l’ultimo valore al momento della pubblicazione è di 49 dollari alla libbra). I valori sono dunque allineati a quelli dell’autunno 2021, un po’ superiori a quelli immediatamente precedenti allo scoppio della guerra e ben sopra quelli tra il 2016 e il 2020 (raramente sopra i 30 dollari alla libbra). Non c’è però la corsa immaginabile: del resto ci sono varie forze che pesano sul prezzo dell’uranio. Vediamo quelle a favore e quelle contrarie.
Gli elementi a favore e a sfavore dell’uranio
A favore dei prezzi dell’uranio, ci sono tre elementi: la necessità di molti Paesi di diversificare le fonti di energia, la certificazione che il nucleare, in Europa, può considerarsi una fonte di energia pulita (in base alle emissioni nocive nell’atmosfera) e le nuove tecnologie che permettono di realizzare reattori più piccoli che dovrebbero comportare tempi di realizzazione più rapidi e rischi più limitati per le comunità. Non per nulla sono sempre più i Paesi che annunciano un ricorso all’energia nucleare. La Corea vuole portare il peso del nucleare dal 27% al 30% delle sue fonti energetiche entro il 2030. In Germania, la prevista chiusura di tre reattori è stata rimandata e anche in California si sta rimandando la chiusura dell’unica centrale che fornisce circa il 10% dell’energia dello Stato. Perfino il Giappone, che aveva chiuso le centrali dopo la tragedia di Fukushima, le sta riattivando. A pesare sui prezzi dell’uranio c’è, però, una opinione pubblica in Occidente ancora poco propensa allo sviluppo di nuove centrali: le notizie che giungono dalla centrale di Zaporizhzhia non aiutano a rassicurare gli animi. Inoltre, dopo anni di livelli di estrazione “a rilento” alcuni gruppi, puntando su una maggiore domanda, han già deciso di aumentare le estrazioni uranio: se, però, non ci sarà l’aumento di domanda, l’eccesso di offerta può far sprofondare i prezzi. La situazione è delicata e potrebbe essere complicata dagli sviluppi della guerra in Ucraina: per ora le esportazioni di uranio dalla Russia non si sono fermate, ma se dovessero esserci sanzioni e conseguenti riduzioni del flusso di uranio, il su prezzo potrebbe tornare a impennarsi.
L’uranio non è scambiato tramite future su mercati finanziari regolamentati come, invece, accade per altre materie prime. Per questo i prezzi sono rilevati da alcune società specializzate: nella nostra analisi noi abbiamo usato quelli della UxC, che li pubblica con cadenza settimanale. Un libbra è pari a circa 450 grammi.
La Polonia, tra i Paesi che ha già dovuto subire la sospensione delle forniture del gas russo, ha varato leggi per accelerare lo sviluppo delle centrali nucleari nel Paese.
La ricerca scientifica sta provando a trovare anche delle alternative all’uranio per far funzionare le centrali nucleari. L’eventuale sviluppo di fonti alternative all’uranio non potrebbe che pesare sui suoi prezzi.
Il punto sugli investimenti legati ad uranio e nucleare
Lo diciamo subito: secondo noi l’investimento sull’uranio e sul nucleare non è adatto a un risparmiatore prudente. Per lo speculatore, però, che volesse puntare su un sempre maggiore ricorso all’energia nucleare e, quindi, su un rialzo dei prezzi dell’uranio, una scommessa è ancora fattibile. Per una scommessa diversificata, consigliamo l’Etf Sprott global uranium miners (73,21 Usd; Isin US85208P3038): oltre a investire sulle azioni di società legate all’energia nucleare, investe anche una buona fetta del proprio patrimonio (al momento di questa analisi il 10%, terza posta più rilevante dell’Etf) anche direttamente in uranio fisico (lo fa comprando quote del fondo Sprott physical uranium che per te sarebbero non facili da acquistare). Come abbiamo detto i prezzi dell’uranio sono su valori un po’ superiori a quelli dall’inizio del conflitto e infatti l’Etf Sprott global uranium miners dal 23 febbraio 2022 ha guadagnato circa il 13% (+27% in euro grazie al rafforzamento del dollaro Usa). Rispetto alla nostra ultima analisi (vedi n° 1456; -7% in dollari Usa, risultato invariato in euro) il prodotto si può ora acquistare anche sulla Borsa italiana, dove è quotato in euro (8,043 euro) e ha codice Isin IE0005YK6564: ti consigliamo di fare l’acquisto su Borsa italiana per evitare complicazioni di carattere fiscale. Se per caso lo avevi già acquistato a New York, valuta di venderlo e ricomprarlo a Milano – quello di New York non è un prodotto “armonizzato”, quindi in caso di guadagni (se, per esempio, lo hai comprato a marzo di quest’anno o a fine 2021 dovrebbero essere limitati, quindi si può approfittare del momento per fare il cambio) la tassazione è allineata alla tua aliquota marginale Irpef. Dalla prima analisi e dal primo consiglio (vedi n° 1435, fine ottobre 2021) la perdita dell’Etf Sprott global uranium miners è di circa il 19% (+1% in euro e dividendi inclusi). Oltre alla stabilità dell’uranio, ha pagato il calo delle azioni Kazatomprom (vedi qui sotto) che hanno un peso rilevante nell’Etf.
E che fine ha fatto l’Etf North Shore global uranium mining consigliato in passato? Semplicemente ha cambiato nome (e ha cambiato codice Isin) in Sprott global uranium miners – che è appunto quello di cui ti parliamo qui a fianco. In pratica, il prodotto è sempre lo stesso, ha solo cambiato nome (e Isin).
Per ovviare ai problemi fiscali dell’Etf ti avevamo suggerito anche lo Strategic certificate su Vontobel nuclear energy index (114,35 euro; Isin DE000VX58615) che punta su 25 società del settore nucleare. Ora che è quotato a Milano, preferiamo l’Etf Sprott global uranium miners, ma se hai questo certificate in mano puoi comunque mantenerlo.
Il punto sulle scommesse su singole azioni
Oltre all’Etf, avevamo consigliato anche due scommesse su due importanti aziende del mondo dell’uranio e del nucleare.
La prima era sulle azioni della compagnia statale kazaka Kazatomprom (30,36 Usd; Isin US63253R2013), il più grande gruppo estrattore ed esportatore di uranio al mondo. Visto l’andamento dei prezzi dell’uranio, non sorprende che dal 23 febbraio le azioni non abbiano brillato: hanno perso circa il 4%, che diventa però un guadagno del 16% in euro e dividendi inclusi. Il gruppo ha presentato risultati eccellenti per il primo semestre del 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021, ma si tratta di risultati in larga parte attesi. Più rilevante l’ottimismo espresso sul futuro: il gruppo ha aumentato i livelli di produzione per il 2024 sulla base di un aumento stimato della domanda di uranio. Allo stesso tempo, il gruppo sembra essere comunque attento a non spingere troppo sulla produzione per evitare di generare un eccesso di offerta che provocherebbe un tracollo del prezzo dell’uranio. L’equilibrio è delicato e, per quanto il Kazakistan abbia deciso di non violare le sanzioni internazionali alla Russia e abbia finora visti salvi i livelli di esportazione, la situazione di conflitto perdurante impone al momento una certa prudenza nel consiglio. Limitati a mantenere le azioni.
La seconda era sulle azioni della canadese Cameco (37,89 dollari canadesi; Isin CA13321L1085), altro gruppo tra i più rilevanti al mondo per la vendita di uranio. In questo caso l’andamento delle azioni è stato migliore dallo scoppio della guerra, +45% in dollari canadesi che diventa +59% in euro e dividendi inclusi. Il gruppo ha potuto beneficiare del maggiore interesse delle società energetiche americane verso la produzione di energia nucleare per il raggiungimento degli obiettivi sulle emissioni inquinanti, siglando una serie di nuovi contratti di fornitura a medio-lungo termine. Inoltre, il gruppo ha migliorato anche le attese sulle consegne di uranio per quest’anno. Ha, però, anche aumentato le previsioni di costi per lo sviluppo di alcuni progetti, il che potrebbe portare la società a chiudere il 2022 se non in perdita, comunque con un utile abbastanza contenuto. Non sono, dunque, azioni convenienti, ma possono valere ancora una scommessa sulle prospettive di sviluppo nel medio-lungo termine dell’energia nucleare.
Dal primo consiglio di fine ottobre 2021 (vedi n° 1435) le azioni Kazatomprom hanno ceduto circa il 30% (-13% in euro e dividendi inclusi) amplificando il calo del 16% del settore delle materie prime, un po’ per la stabilità del prezzo dell’uranio, un po’ per le tensioni nel Paese che hanno fatto temere per un rallentamento delle estrazioni e delle esportazioni.
Dal primo consiglio di fine ottobre 2021 (vedi n° 1435) le azioni Cameco hanno guadagnato circa il 21%, che diventa +33% in euro e dividendi inclusi – le Borse mondiali sullo stesso periodo hanno fatto -3% in euro e dividendi inclusi. Le Cameco si possono comprare anche sulla Borsa di New York con lo stesso codice Isin (prezzo 28,82 Usd).
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