Oro a 3.000 dollari per un’oncia troy

La tensione sui mercati spinge l'oro oltre i 3.000 dollari l'oncia troy,
La tensione sui mercati spinge l'oro oltre i 3.000 dollari l'oncia troy,
Tra un dazio proposto e uno rinviato, tra un sì a Putin e un no a Zelenski, la politica estera Usa non è mai stata così ondivaga e ciò semina incertezze sui mercati. Il nodo dazi sta facendo aumentare i timori che l’economia possa risentire del clima attuale. Questa situazione è tale da diminuire l’interesse degli investitori da investimenti rischiosi e spostare l’attenzione verso quelli sicuri come l’oro. Come se non bastasse, poi, le probabili tensioni sui prezzi negli Usa hanno fatto perdere terreno al dollaro e, visto che il metallo giallo è quotato in dollari sui mercati, fa guadagnare terreno all’oro (basta, infatti, che il valore dell’oro resti stabile, ma cali intanto il valore del dollaro perché il prezzo dell’oro in dollari salga). Ciò spiega, quindi in larga parte il perché del picco oltre i 3.000 dollari l’oncia troy. Per noi investitori europei, in realtà, proprio per questo gioco dei cambi con il dollaro debole, non si tratta di un picco: 3.000 dollari sono 2.750 euro l’oncia troy, quando qualche settimana fa il valore dell’oro era sopra i 2.800 euro l’oncia troy. Siamo ai numeri che fan impressione, ma sono davvero straordinari e, soprattutto, sono sostenibili?
La risposta alla prima domanda è no: non sono straordinari. E questo non vale solo per le tensioni del momento legate ai dazi, ma perché, come abbiamo più spesso detto in passato, lo scenario geopolitico mondiale sta spingendo le Banche centrali dei Paesi emergenti ad accumulare oro e ciò tiene alta la domanda. Quindi ci sono sotto movimenti seri. La situazione è sostenibile? Sì, per il motivo che abbiamo visto e anche per il fatto che l’oro sta vivendo un momento di spolvero come asset da inserire nei portafogli. Per esempio, è di febbraio la notizia che le autorità cinesi hanno concesso a dieci compagnie assicurative di investire in oro, fatto che espanderà la finanziarizzazione dell’oro anche nella seconda economia del mondo.
Dal punto di vista degli investimenti, se avete seguito i nostri consigli, dovreste avere in portafoglio Invesco physical gold (267,48 euro al 18/3; Isin IE00B579F325), quotato a Piazza Affari. Il consiglio è a mantieni da fine settembre e l’ultima volta ve ne abbiamo parlato in Investi n° 1594 quando valeva 265,47 euro, un prezzo che conferma ulteriormente come, al di là dei picchi oltre 3.000 dollari l’oro sia rimasto per noi europei che investiamo in euro più o meno stabile. In ottica speculativa potete acquistare ancora Xtrackers Physical Silver (293,45 euro al 18/3; Isin DE000A1E0HS6) il cui prezzo era 290,2 euro in Investi n° 1594 che punta sull’argento. Il motivo è che oggi ci vogliono ancora circa 90 once di argento per farne una di oro, mentre negli ultimi 20 anni la media è stata di quasi 70, negli ultimi 10 di 80 e negli ultimi 5 di 82. La scommessa è che da 90 si riporti al valore medio e ciò può accadere in due modi. Primo: cala l’oro e l’argento resta fermo o cala pure lui, ma meno. Secondo l’oro non cala (o sale) e l’argento chiude la differenza e torna ai rapporti di valore storici. Attenti: rispetto a una scommessa sull’oro questa fa i conti anche con la domanda di argento (perlopiù per l’industria). Inoltre, se è pur vero che storicamente è raro che si superi il tetto di quota 90 ci sono stati (rari) momenti (per esempio il Covid, la prima guerra del Golfo) in cui si è andati anche oltre. Insomma, è una scommessa non priva di rischi. Il buon padre di famiglia non la faccia.
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