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Conti in tasca alla Regina

Data di pubblicazione  17 gennaio 2020
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A quanto ammonta il suo valore per il made in England? A quanto ammonta il suo patrimonio? È un buon motivo per investire nella Borsa di Londra? Qui trovi tutte le risposte.

L’occasione della fuga da Londra di Harry e Meghan ci offre uno spunto di riflessione sulla monarchia britannica e su quanto vale. C’è, infatti, chi si è preso la briga di dare un valore a Elisabetta II dopo che nel 2012 aveva festeggiato i sessant’anni di regno. Si tratta di Brand Finance, una società di consulenza che valuta la forza dei marchi qua e là per il mondo. Nel 2012 aveva stabilito che il “valore della Regina” era di circa 44,5 miliardi di sterline. La stessa valutazione fatta nel 2017 ha portato il valore di Elisabetta II a ben 67,6 miliardi di sterline che, al cambio attuale, sono poco meno di 80 miliardi di euro. In particolare, i beni della corona (poi vediamo di che si tratta) ammontano a circa 25,5 miliardi di sterline e il valore del “marchio” è di 42 miliardi. Nel 2017 la sola presenza della Regina avrebbe apportato all’economia inglese benefici per 1,8 miliardi di sterline l’anno. Il costo di tutto questo? Circa 292 milioni di sterline l’anno (un sesto dei benefici prodotti sull’economia britannica) per mantenere la corona buona parte dei quali sono spesi a loro volta nel Paese (salari, costi per mantenere le residenze…). Certo è più di quanto costa agli italiani il Quirinale (224 milioni di euro l’anno che è circa 190 milioni di sterline), ma la nostra presidenza della Repubblica non finisce in bella vista su tazze e piatti ricordo in vendita ai turisti, la monarchia britannica sì e questo può indurre il contribuente inglese ad accettare volentieri una simile spesa.

 

La Regina, di suo, quanto ha e quanto guadagna?

Innanzitutto, ci sono i soldi che vengono da The Crown Estate, che è il patrimonio di investimenti di competenza della corona. Questo patrimonio è di circa 14 miliardi di sterline (info qui www.thecrownestate.co.uk/en-gb/our-business/2019-annual-report/) ma non è che la regina può farne ciò che vuole. Il governo passa alla Regina solo il 15% dei proventi di questo patrimonio (si chiama Sovereign grant). Anzi, oggi un po’ di più, il 25%, ma solo perché la Regina deve pian piano ristrutturare Buckingam Palace che, essendo il palazzo di rappresentanza non è roba sua personale e privata, ma della Corona. In soldoni, compresi i costi del suddetto restauro siamo intorno agli 80 milioni di sterline l’anno date alla regina.

Lo staff a carico del Sovereign grant nell’ultimo bilancio era di 463 persone (ma non è chiaro se sia tutto il personale che lavora per la Regina o se vi sia anche altro, visti i numeri circolati che parlano addirittura di 1200 persone). Il Quirinale di dipendenti ne ha 745. Il Quirinale si dice che abbia 1.200 stanze (probabilmente sono inclusi nel dato anche gli sgabuzzini), Buckingam Palace ne dichiara “solo” 775, di stanze. Non stupirti: fino alla breccia di Porta Pia al Quirinale ci stava nientepopodimeno che il Papa!

Accanto a questo c’è poi il ducato di Lancaster, una sorta di fondo immobiliare, (www.duchyoflancaster.co.uk/) che vale circa 550 milioni di sterline di patrimonio e ne produce poco più di 20 milioni l’anno che sono il reddito privato della regina e su cui la regina paga, di sua spontanea volontà, pure le tasse. Da ultimo abbiamo il ducato di Cornovaglia che non finanzia, però, la regina, ma suo figlio Carlo (https://duchyofcornwall.org/). Il patrimonio in questo caso è di circa 930 milioni di sterline e il reddito anche qui è di poco più di 20 milioni l’anno.

Al di là del reddito che ne trae, essendo soldi non personali di Elisabetta II ma propri della sua funzione di regina, per sapere quanto ha dobbiamo cercare altrove. Purtroppo (per la nostra curiosità) la consistenza esatta del suo patrimonio non è nota con precisione. Negli anni sono girate diverse stime: si parla di un ammontare superiore ai 300 milioni di sterline, ma inferiore ai 350 milioni. Sembra che abbia davanti a sé nel solo Regno Unito almeno 300 persone che hanno più soldi di lei. La sua ricchezza, insomma, è paragonabile a quella che viene stimata per David Beckham. D’altronde se sono di sua proprietà personale le residenze di Sandringham e il castello di Balmoral, non solo non è roba sua Buckingam Palace, ma non lo è neppure il castello di Windsor. Così come non sono suoi personali i gioielli della corona né la sterminata collezione di quadri della monarchia: in altri termini anche in questo caso è tutta roba che appartiene alla Corona in quanto istituzione. Elisabetta ha il compito di conservare tutto questo tesoro e passarlo a chi verrà dopo di lei. D’altronde come scrisse a suo tempo un Re molto ricco e molto saggio (Salomone): quale utilità ricava l'uomo da tutto l'affanno per cui fatica sotto il sole? Una generazione va, una generazione viene, ma la terra resta sempre la stessa. La regina questo sembra saperlo bene.

 

E I TUOI INVESTIMENTI A LONDRA?

Abbiamo visto che il valore di 1,8 miliardi di sterline prodotti dall’indotto della Regina (e costato solo un sesto di questa somma), mostra che la monarchia non è un freno per la crescita economica che però, grazie alla Brexit, quest’anno è rimasta risicata rispetto ai fasti del passato: nel 2020 crescerà solo dello 0,2% e nel 2021 dell’1% ben al di sotto delle medie mondiali che vedono un +2,7% per quest’anno e un +2,8% per il prossimo. Nonostante questo, la Borsa inglese (memore dei tempi in cui la Monarchia Britannica fu ancora più importante di oggi e regnava su un quinto del globo) ha conservato un peso rilevante a livello globale.

 

UNA BORSA MONDIALE

  1. Una Borsa mondiale 

La Borsa di Londra (in grassetto, dividendi esclusi e in euro, base 100) almeno fino alla Brexit ha sempre teso a a comportarsi come le Borse mondiali (linea sottile, anch’esse in euro per essere comparabili) e questo è indicativo di come si tratti di un mercato di valenza internazionale. Dopo la Brexit è rimasta indietro.

 

Oggi vale circa un ventesimo dei listini mondiali, quando in termini di popolazione il Paese conta per meno di un centesimo. A Londra ci sono multinazionali di ogni tipo come Hsbc (banca), Astrazeneca (medicinali), BP e Royal Dutch Shell (petrolio), Glaxosmithkline (ancora medicinali), British american Tobacco (sigarette), Diageo (produce alcolici di ogni tipo dalla birra Guinness alla vodka Smirnoff al rhum Pampero), Rio Tinto (materiali)… E ancora abbiamo Unilever (tè Lipton, gelati Algida, Cif, Coccolino, Mentadent e via dicendo… insomma in casa hai probabilmente qualcosa di questa multinazionale), e poi Lloyds (servizi finanziari), Vodafone (telefonia), Reckitt Benckiser (anche qui dal Calgon al Napisan al Nurofen con ogni probabilità ci hai avuto a che fare), Prudential (finanziari)… L’elenco è ancora lungo, ma hai capito che Regina o no dalla Borsa di Londra, se vuoi investire in azioni, con ogni probabilità ci devi per forza passare. E non ti devi preoccupare per il fatto che la Brexit finisca per mandare in crisi il Regno, perché il posizionamento internazionale del listino di Londra lo mette al sicuro da questa brutta situazione. Allo stesso modo lo mette al sicuro dagli alti e bassi della sterlina, ancora su valori (nei confronti dell’euro) inferiori di quasi il 10% rispetto a 5 anni fa (tanto che ora risulta un poco sottovalutata, anche se non ci aspettiamo che recuperi in tempi tanto brevi da investire in bond inglesi). Londra ha un peso del 10% in ognuno dei portafogli che ti proponiamo. I prodotti che hai a disposizione per investirci sono diversi, ma noi continuiamo a preferire un Etf come per esempio iShares CoreFtse100 (8,804 euro; Isin IE0005042456) se vuoi cedole trimestrali, o Lyxor Ftse 100 (13,046 euro; Isin LU1650492173), se le cedole non le vuoi e preferisci un prodotto che reinveste i proventi.

 

Se sono le cedole ciò che cerchi a Piazza Affari è quotato anche l’Etf iShares Uk dividend Ucits Etf dist (9,545 euro; Isin IE00B0M63060) che costa un po’ di più rispetto ai prodotti che trovi qui a fianco (lo 0,4%), ma che offre un rendimento cedolare più elevato (4,9% lordo contro il 3,8% dell’iShares Ftse 100). Negli ultimi 3 anni ha reso, però, in euro, solo il 10% contro il 20% del Ftse 100. Noi continuiamo a preferire i prodotti che trovi in grassetto qui sopra.

 

14 miliardi è a quanto ammonta il patrimonio della corona da cui la Regina attualmente incassa 80 milioni di sterline l’anno. Altri 20 milioni di sterline l’anno vengono dal ducato di Lancaster e altrettanti ne prende il figlio Carlo dal ducato di Cornovaglia. Di suo ha un patrimonio personale (non della corona in quanto istituzione) stimato in oltre 300 milioni di sterline che gli frutta altri proventi.

 

Il marito della Regina, il principe Filippo che oggi ha 98 anni, ma si è ritirato dagli impegni pubblici solamente a 95, ha 359.000 sterline di reddito pagate dal Parlamento inglese.

 

Informazioni sul bilancio del nostro Quirinale le trovi qui: www.quirinale.it/page/bilancio. Lo stipendio del presidente della Repubblica italiana sarebbe di meno di 240.000 euro lordi. In origine poteva essere cumulato con altri redditi da pensione, ma Mattarella (ex docente, ex deputato, ex giudice costituzionale) ha deciso di applicare anche a sé stesso il divieto di cumulo previsto dalla legge e da cui sarebbe escluso (www.quirinale.it/elementi/1627)

 

Le entrate del principe Harry dipendono in larga parte da quello che gli passa la Corona come compenso dal suo ruolo svolto a livello istituzionale. Il suo patrimonio personale non è pubblico, ma secondo alcune stime dovrebbe superare i 25 milioni di sterline anche grazie all’eredità di mamma Diana che vent’anni fa ammontava a circa 10 milioni di sterline. La moglie dovrebbe aver messo via come attrice circa 5 milioni di dollari.

 

Nonostante Brexit abbia portato molte nubi sul mercato immobiliare inglese, secondo la società di consulenza immobiliare americana CBRE, l’elezione di Johnson, avendo dissipato molti dubbi sul futuro della Gran Bretana, potrebbe essere favorevole al mattone britannico per cui, nel 2020, ci si aspetta un rimbalzo, a patto ovviamente che Londra e Bruxelles trovino un accordo definitivo. Al momento noi continuiamo a preferire un investimento sul listino britannico dove la situazione ci pare nettamente più chiara.