Investire nella meccanica “pesante” o nelle nuove leve
La società che ha deciso di emettere emette il minibond è IMI Spa. Niente a che vedere con la banca confluita in Intesa: IMI è una società attiva nella carpenteria e nella produzione di macchine e impianti industriali destinati a diversi settori, da quello energetico a quello petrolifero, siderurgico, aeronautico… I soldi raccolti con questo bond serviranno, oltre che per comprare nuovi macchinari, per acquisire quote di Costat 25 Srl, azienda che opera nel settore delle lavorazioni meccaniche e nel settore oil&gas, tramite cui IMI avrebbe accesso a clienti del calibro di Siemens o Leonardo.
Il secondo bond, invece, è emesso da Innovative-RFK, società che a sua volta fa da “contenitore” di investimenti in altre startup e PMI innovative.. In pratica acquista società in fase di partenza, incassa da consulenze e dividendi, e poi quando sono “cresciute” e un po’ più mature le rivende a prezzi più alti. Attualmente ha nel suo portafoglio quote di sette società diverse, e con i proventi derivanti da questa emissione conta di acquisire quote in altre cinque società.
Taglio minimo e supercedola…
Entrambi i bond sono in sottoscrizione sulla piattaforma CrowdFundMe hanno scadenza 5 anni, e il fatto che la cedola sia allettante è fuori discussione: 5% annuo lordo per il bond di IMI, 4% annuo lordo per I-RFK. Tanto per darti un’idea, vincolando per 5 anni i tuoi soldi in un conto deposito puoi ottenere, al meglio, l’1,75% lordo offerto da Guber Banca, per non parlare dello 0,3% lordo dei BTp di pari scadenza.
Il taglio minimo di sottoscrizione non è proprio abbordabile: puoi infatti acquistarli tramite crowdfunding o sottoscrivendo almeno 100.000 euro (cosa che, in ogni caso, ti sconsigliamo) o investendo anche “soli” 10.000 euro, purché tu abbia un patrimonio complessivo (titoli, conti correnti bancari, e così via) di almeno 250.000 euro. Fin qui, tutto bene. Ma…
…ma c’è anche il rovescio della medaglia
Anche questi due titoli, purtroppo, non scampano ai (grossi) difetti che caratterizzano tutti i minibond. Il primo deriva proprio da quel “mini” che vedi nel nome: si tratta di società piccole, su cui sarà molto difficile monitorare l’andamento dell’attività e le notizie che possono influenzare la capacità di restituirti il tuo capitale a scadenza – e 5 anni non sono certo una scadenza dietro l’angolo. Il secondo è il fatto che, pur ammettendo che tu riesca a cogliere i segnali d’allarme e voglia uscire dal tuo investimento, nella pratica sarà quasi impossibile farlo: il bond di I-RFK non sarà quotato, quello di IMI sarà quotato su ExtraMot Pro3, mercato illiquido e che, comunque, è riservato solo a investitori professionali (vedi qui sotto).
Extramot Pro 3 è riservato agli investitori professionali: come investitore al dettaglio, non hai accesso per vendere il minibond. L’unica possibilità, se hai le caratteristiche di cui ti avevamo parlato su AF n° 1386, sarebbe chiedere alla tua banca di diventare un “pro”. Ma con due contropartite: primo, perdi le tutele che la legge garantisce agli investitori al dettaglio, e questo su tutto il tuo patrimonio e non solo sul minibond. Secondo, gli scambi sono ridottissimi, quindi potresti non riuscire comunque a vendere.
Quale dei due?
Se dovessimo scegliere per forza tra i due bond, quale sceglieremmo? La nostra preferenza andrebbe al bond IMI, non tanto per la cedola più elevata ma anche perché, secondo noi, è un po’ meno rischioso del “concorrente”. Primo, per il settore in cui IMI opera (che tra l’altro potrebbe beneficiare, seppur indirettamente, del recovery plan). I-RFK investe nel futuro, certo, basta guardare i settori in cui operano le cinque società che ha nel mirino (apparecchiature high tech per la salute, sicurezza informatica, teleaudiologia, videogiochi, intelligenza artificiale), ma proprio perché sono settori relativamente nuovi e molto competitivi non è affatto facile scegliere il “cavallo giusto” su cui scommettere: e i proventi di I-RFK sono legati proprio al fatto che le società acquisite risultino vincenti nei rispettivi settori. Secondo, per il fatto che, analizzando le dimensioni delle due società, la liquidità generata dall’attività tipica (che per I-RFK è negativa per tutto il quinquennio, tranne il 2022 quando pensa di vendere una delle società oggi detenute, cosa tutta da vedere) e le previsioni dei rispettivi piani strategici per i prossimi cinque anni, IMI sembra dare maggiori garanzie sul fatto di essere in grado di ripagare l’obbligazione - non a caso, anche il rating assegnato da ModeFinance è di A3- per IMI e B1 per I-RFK. Terzo, per il meccanismo di “ammortamento” del rimborso del bond IMI che ne abbassa un po’ il rendimento, ma anche i rischi (vedi qui sotto).
Rimborso “a rate”
Il minibond di IMI non viene rimborsato tutto a scadenza, ma un po’ alla volta. Con le prime 4 rate semestrali la società ti paga solo gli interessi. Dal terzo anno in poi, invece, con ognuna delle 6 cedole semestrali ti rimborsa anche un sesto del patrimonio. Questo abbassa il rischio: se per esempio la società andasse in default nella seconda metà del quarto anno, tu avresti già recuperato metà del capitale. Al contempo, però, abbassa il rendimento medio: il 5% è calcolato solo sul capitale ancora investito. Se non ti attivi per investire altrove il capitale che ti viene rimborsato, lasciandolo sul tuo conto corrente a rendimento zero, è come se i tuoi 10.000 euro ti rendessero in media, nei cinque anni di durata del bond, il 3,75% e non più il 5%.
Al più, una scommessa
Attenzione, però: ti abbiamo detto “se dovessimo scegliere per forza tra i due”. Il fatto di rimanere bloccato per cinque anni in un bond illiquido di una società piccola e con poca visibilità non è affatto un aspetto da sottovalutare. Per questo, escluso il bond I-RFK, anche sul bond IMI ti consigliamo, al più, una piccola scommessina. Per il resto dei tuoi investimenti obbligazionari, continua a seguire i consigli che trovi qui.
Minibond, cosa sono
Sono obbligazioni emesse dalle pmi italiane, il che porta ad avere un ammontare dell’emissione di ridotte dimensioni: uno o pochi milioni di euro, invece dei miliardi che identificano i bond “tradizionali”. Il prefisso “mini” si riferisce a questo aspetto, e non al taglio minimo. Anzi, quest’ultimo è spesso elevato, anche 100.000 euro, mentre per i bond “tradizionali” è facile trovare tagli anche da soli 1.000 euro. Infine, un’altra differenza è che mai, o quasi mai, i minibond sono quotati su mercati liquidi, al più approdano a mercati illiquidi e poco accessibili come il segmento l’ExtraMot Pro 3 di Borsa Italiana.
Il rating di Modefinance
Il giudizio B1 di ModeFinance – società italiana che dal 2015 è autorizzata ad operare come agenzia di rating - si può tradurre così: “Capacità media di ripagare le obbligazioni. La possibilità di condizioni macroeconomiche avverse o manager o strategie diversi potrebbero impattare sulla capacità di ripagare il debito”. Il rating A3- si traduce, invece, così: “Buona capacità di ripagare le obbligazioni. Dipendenza molto bassa da possibili condizioni macroeconomiche avverse”. Insomma non è il “top” (i rating A1 e A2, con le “sfumature” dei + e dei -, identificano società ancora più solide), ma è già discreto.