La Regione Lazio non è il primo ente pubblico a ricevere attacchi informatici volti a ottenere il pagamento di un “riscatto” (vedi a fianco): si stima che già nel 2019, solo negli Usa, due terzi degli attacchi simili a quelli ricevuti dalla Regione Lazio siano stati rivolti a enti pubblici. Nel corso del 2020 questo tipo di attacchi si è intensificato al punto che i “riscatti” pagati sarebbero raddoppiati rispetto al 2019 e si sarebbero attestati (ma la stima è verosimilmente fatta al ribasso) nell’ordine complessivo di 20 miliardi di dollari – è una mezza manovra finanziaria italiana. E il 2021 non promette nulla di buono: nella prima metà dell’anno gli attacchi simili a quello ricevuto dalla Regione Lazio sono aumentati del 93% a livello globale, con gli attacchi informatici (di ogni tipo) che si sono attestati nell’ordine medio di circa 780 a settimana per società e enti (di ogni tipo) in Europa e Medioriente e ben 1.340 a settimana per le aziende asiatiche. Non ci sono, infatti, solo gli enti pubblici nel mirino dei pirati: nel Regno Unito il 32% di tutti gli attacchi ha riguardato, per esempio, il mondo dell’educazione, mentre si stima che il 70% degli attacchi informatici riguardi piccole o medie aziende (o piccole agenzie pubbliche locali).
Il punto sull’Etf Rize cybersecurity & privacy
Insomma, la pirateria informatica colpisce sempre di più e, in un mondo che diventa sempre più digitalizzato e connesso (pensa agli oggetti “intelligenti”), ci sono prospettive che possa continuare a prosperare. Per questo aziende ed enti pubblici devono correre ai ripari, investendo sui servizi di protezione informatica: diversi investimenti sono stati fatti nel corso degli ultimi mesi, ma si stima che ancora solo il 10% del totale delle spese informatiche di enti e aziende venga rivolto ai servizi di sicurezza informatica. Insomma, spazio per spendere in protezione ce n’è ancora e questo dovrebbe favorire i conti – e le azioni – di chi offre quei servizi di protezione informatica. Proprio per scommettere su una crescita a doppia cifra dell’attività di queste società, a fine 2020 (vedi Altroconsumo Finanza n° 1394) ti abbiamo consigliato una scommessa sull’Etf Rize cybersecurity & privacy (6,499 euro; Isin IE00BJXRZJ40) che in un colpo solo punta su circa 50 società del settore. Da allora ha sì guadagnato, ma poteva andare meglio: ha messo su, infatti, circa il 16% contro un rialzo medio delle Borse mondiali, in euro e a dividendi inclusi, del 19%. Se alcune società che si occupano principalmente di sicurezza informatica delle attività nel “cloud” – sono archivi virtuali diventati particolarmente rilevanti con la pandemia – hanno mostrato risultati stellari, con una crescita dei ricavi tra il 30% e l’80% nel solo secondo trimestre di quest’anno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, altre, come la Check Point Software Technologies (vedi analisi nel paragrafo seguente), che offrono meno servizi per il “cloud”, hanno tenuto un ritmo di crescita più blando. Nel complesso crediamo che una scommessa sull’Etf ci possa ancora stare: è riservata agli speculatori e non al buon padre di famiglia. Diverse azioni in pancia all’Etf hanno, infatti, indicatori di convenienza fuori giri: se la crescita dei risultati di queste società dovesse interrompersi, il prezzo delle loro azioni rischia di crollare, finendo per condizionare anche l’andamento complessivo dell’Etf.
Il punto su Check Point software technologies
In passato, quando l’Etf di cui ti abbiamo appena parlato non era ancora disponibile, ti avevamo consigliato anche una scommessa “secca” su una sola società che si occupa di sicurezza informatica, l’israeliana Check Point Software Technologies (126,68 Usd; Isin IL0010824113). Come detto nel paragrafo precedente, questa prima parte del 2021 ha riservato luci e ombre e questo spiega un andamento meno brillante del titolo rispetto a quello di altri concorrenti (+7,6% in euro e dividendi inclusi dal consiglio di fine 2020 rispetto al +16% dell’Etf). In particolare, dal punto di vista dei conti non ci sono stati particolari spunti positivi: per esempio, nel secondo trimestre il gruppo ha visto una crescita limitata al 4% per i ricavi e al 2% per l’utile per azione. Del resto, la società storicamente non è particolarmente forte nel campo dei servizi di protezione del “cloud”, che è invece il settore che ora sta tirando di più. Sta, però, riorganizzando l’offerta, puntando su prodotti di protezione “combinata” dell’intero ecosistema informatico (reti, cellulari e anche “cloud”) e la scelta sembra incontrare il favore dei clienti: la raccolta ordini nel 2° trimestre ha registrato una crescita del 9%. È un segnale che ci lascia ben sperare e che, assieme alla buona situazione finanziaria del gruppo, che dovrebbe favorire ulteriori investimenti sull’ampliamento dell’offerta di prodotti, e a indicatori di convenienza del titolo tra i migliori del settore, ci rende ancora convinti che una scommessa su queste azioni si possa ancora fare. Noi stimiamo che già nel 2022 il gruppo possa ritornare a sfiorare una crescita a doppia cifra dei propri utili (6,4 dollari per azione rispetto ai 5,9 attesi per la fine del 2021).
Quello subito dalla Regione Lazio è quello che in termini tecnici si chiama attacco ransomware: semplificando, è un attacco che blocca l’accesso al computer o che non permette di leggere i documenti presenti sullo stesso. In cambio dello sblocco i pirati chiedono il pagamento di un “riscatto”. A fine marzo anche il Comune di Brescia ha subito un attacco ransomware, con richiesta di “riscatto” di 26 BitCoin (allora circa 1,3 milioni di euro).
L’Etf Rize cybersecurity & privacy è scambiato sulla Borsa di Milano. Puoi comprarlo anche attraverso la tua attuale banca e, se hai scelto il regime amministrato, non dovrai inserire nulla in dichiarazione dei redditi – sarà la banca a occuparsi delle incombenze fiscali per te.
L’Etf Rize cybersecurity & privacy è stato suggerito anche su Altroconsumo Finanza n° 1404: da allora il rialzo è del 15,2% contro il +14,6% delle Borse mondiali in euro e dividendi inclusi.
Il primo consiglio sulla Check Point è stato dato nell’aprile del 2017 (vedi Altroconsumo Finanza n° 1216): da allora le azioni hanno messo su, in euro e dividendi inclusi, circa il 12% contro il +56% medio delle Borse mondiali. Il consiglio è stato poi reiterato più volte e va meglio a chi ha comprato a novembre 2017 (vedi Altroconsumo Finanza n° 1245), con un rialzo di circa il 24% che si confronta, però, col +52% del mercato. Il risultato peggiore lo ottiene, invece, chi ha comprato a fine 2020 (vedi a fianco).
Check Point è una società israeliana, ma redige il bilancio in dollari americani le azioni si comprano sulla Borsa Usa.