Il nodo della tassonomia verde
L’inserimento dell’energia nucleare all’interno della “tassonomia verde” dell’Ue – in estrema sintesi è il documento ufficiale che definisce cosa si può considerare sostenibile o no – avrebbe dovuto essere confermato il 12 gennaio. Poi, però, soprattutto per la levata di scudi dalla Germania, la decisione sulla certificazione del nucleare come fonte “green” è stata rimandata al momento al 21 gennaio – quindi dopo la chiusura di queste pagine e salvo ulteriori proroghe. Le parti in contrapposizione sono sempre le stesse: parlando dei “big”, a favore c’è la Francia, contraria la Germania. L’Italia per ora continua a non schierarsi apertamente. Non entriamo nel merito della questione, ma ci limitiamo a valutare quali possano essere gli impatti di un via libera ai titoli e agli strumenti finanziari legati al nucleare.
Due tipi di domanda
Ci potrebbero essere due impatti positivi dall’inserimento del nucleare nella “tassonomia verde”. La prima sarebbe legata alla domanda “fisica”: per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti, potrebbe aumentare la costruzione di impianti nucleari, aumentando dunque la domanda di uranio e favorendo i conti – e quindi i prezzi in Borsa- delle società che operano con quella materia prima. La seconda, più rilevante a breve termine, sarebbe di natura finanziaria: tutte le azioni di società che lavorano con uranio e nucleare diventerebbero inseribili nei fondi comuni e negli Etf sostenibili. E questi ultimi stanno diventando sempre più importanti: stando agli ultimi dati disponibili, nel 2021 si stima un afflusso di capitali in fondi sostenibili di circa il 20% superiore rispetto al 2020 e di ben il 127% rispetto al 2019. I fondi sostenibili dovrebbero quindi continuare ad aumentare: per essere creati hanno bisogno di acquistare azioni da mettere in pancia; se potranno acquistare anche azioni di società legate al nucleare questo non potrà che fare bene ai prezzi di quelle azioni in Borsa – vedi a fianco un esempio di come sia già avvenuto con l’uranio.
Tra Kazakistan e tassonomia: prezzi ballerini
Non per nulla la rinnovata possibilità di inserimento dell’energia nucleare nella “tassonomia verde” ha fatto bene ai prezzi dell’uranio e delle società legate al nucleare in questo avvio del 2022: il prezzo dell’uranio è risalito di circa il 9%, mentre l’Etf North Shore global uranium mining (73,39 Usd; Isin US3015057157), che punta su varie azioni di società che lavorano sull’estrazione dell’uranio, ha messo su circa il 2%. A sostenere la corsa dell’uranio anche i disordini in Kazakistan, Paese chiave per le forniture della materia prima essenziale per l’industria nucleare: il mercato ha iniziato a temere un rallentamento dell’attività estrattiva e di quella di consegna della materia prima in giro per il mondo – per ora però non sembrano esserci particolari rallentamenti nelle estrazioni. Il rischio di una riduzione dell’offerta non poteva che spingere in rialzo i prezzi della materia prima. I rialzi di questi primi giorni del 2022 seguono, però, un periodo poco brillante per i prezzi dell’uranio, registrato sul finire del 2021: complici l’avvio di nuovi progetti estrattivi e la mancata autorizzazione alla costruzione di una centrale nucleare in Spagna – che hanno fatto temere per uno sbilanciamento a favore dell’offerta – il prezzo dell’uranio aveva ripiegato. Tra discese e risalite recenti, il prezzo dell’uranio viaggia poco sotto i 46 dollari alla libbra, in calo di circa il 3,5% rispetto alla nostra analisi condotta a inizio novembre nel n° 1435. Le società legate all’estrazione di uranio hanno particolarmente sofferto dei cali della fine del 2021 e ancora oggi l’Etf North Shore global uranium mining è su valori di circa il 18% inferiori rispetto all’analisi di novembre.
Dopo molti anni, a settembre i prezzi dell’uranio avevano toccato nuovamente i 50 dollari alla libbra – sono le unità di misura americane, che vengono usate come standard internazionale. A spingere i prezzi era stata proprio la creazione di un fondo d’investimento legato all’uranio: per la sua costituzione ha dovuto comprare la materia prima, spingendone in alto i prezzi.
I prezzi dell’uranio sono calcolati da società specializzate e pubblicati solitamente una volta alla settimana (quelli nell’articolo sono al 10 gennaio, i prezzi degli altri prodotti al 13 gennaio 2022).
Gli squilibri tra domanda e offerta sono determinanti per tutti i prezzi delle materie prime: più la domanda prevale sull’offerta, più i prezzi tendono a salire; più l’offerta è abbondante in relazione alla domanda, più i prezzi calano.
Scommesse confermate
Ci aspettiamo ulteriori alti e bassi nei prezzi dell’uranio e dei titoli legati al nucleare nei prossimi giorni, anche legati all’esito della discussione europea sulla “tassonomia verde”. Al di là di questa questione, però, permangono tutta una serie di motivi che potrebbero comunque portare a maggiori investimenti in energia nucleare in futuro – vedi, per esempio, gli investimenti cinesi nei reattori di nuova generazione. Per scommetterci su confermiamo i titoli azionari che abbiamo già suggerito nel n° 1435. Il primo è Kazatomprom (34,6 Usd; Isin US63253R2013), che da allora ha perso nel complesso il 20%. È la società nazionale del Kazakistan attiva nell’estrazione di uranio: l’instabilità politica ha fatto temere, come dicevamo, una riduzione delle sue attività e, soprattutto, una fuga della domanda verso altri fornitori, pesando sul titolo. Il Kazakistan resta, comunque, imprescindibile per le forniture d’uranio, un po’ come l’Arabia Saudita è cruciale per le forniture mondiali di greggio: se nei prossimi anni si dovesse effettivamente continuare a investire nel nucleare, le azioni Kazatomprom dovrebbero comunque beneficiarne. Il secondo è Cameco (28,73 Cad; Isin CA13321L1085), che dal momento della nostra analisi ha perso l’8,6%, ma ha tutte le carte in regola per approfittare degli eventuali investimenti in nucleare negli Stati Uniti. Attenzione, però: non a caso stiamo parlando di scommesse. Cameco, per esempio, è una società che anche nel 2022 non dovrebbe fare grandi utili, mentre le difficoltà francesi con il reattore di Flamanville 3 (ritardi e costi sempre maggiori) potrebbero scoraggiare il ricorso al nucleare da parte di altri soggetti, a tutto detrimento dei risultati e, quindi, degli andamenti azionari, di tutte le azioni coinvolte nello sviluppo nucleare. Insomma, sono azioni rischiose non adatte al buon padre di famiglia, ma solo a chi ha pelo sullo stomaco.
Le azioni Kazatomprom sono quotate sulla Borsa di Londra, ma non sono facili da acquistare. Le Cameco, invece, si possono acquistare sia sulla Borsa canadese, sia su quella americana (in quest’ultimo caso il codice Isin non cambia, ma il prezzo è di 22,99 Usd).
Per ridurre il rischio di una scommessa secca su un singolo titolo azionario, potresti pensare di comprare l’Etf North Shore global uranium mining: attenzione, però, che è “non armonizzato” e questo determina delle complicazioni (e dei potenziali maggiori costi) a livello dichiarativo/di fiscalità.