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La crisi economica toccherà il mercato dell'arte?

6 mesi fa - mercoledì 31 agosto 2022
La storia passata insegna che i prezzi delle opere d’arte si nutrono della crescita economica, ma il mercato dell’arte conserva delle specificità che lo rendono differente dai mercati finanziari. Si può investire facilmente e senza preoccupazioni nel mercato dell'arte? Esistono prodotti per farlo? Questo è il momento giusto? Abbiamo cercato di dare una risposta qui.
Investire in opere d'arte

Investire in opere d'arte

È una domanda che ci siamo posti sulla scia degli allarmi lanciati questa estate dagli esperti del settore (www.theartnewspaper.com/2022/07/27/the-art-market-is-not-immune). E abbiamo deciso di dire la nostra anche se si tratta di un ambito d’investimento lontano dal mondo dei piccoli investitori, vuoi perché i tagli minimi per accedervi non sempre sono popolari, vuoi perché la standardizzazione tipica dei prodotti finanziari è cosa assai rara (per lo più riguarda xilografie, serigrafie, opere create in più copie…) e questo comporta l’impossibilità di fare generalizzazioni (ogni opera d’arte va valutata a sé, mentre, per esempio, le azioni Telecom sono tutte uguali tra loro).

 

Qualche osservazione generale

A grandi linee, come sottolinea anche chi ha lanciato l’allarme, un andamento sostenuto del mercato dell’arte dipende del buon andamento dell’economia nella misura in cui è figlio delle fortune finanziarie di chi investe in arte e che queste fortune finanziarie si nutrono di una economia florida. In altri termini il mercato dell’arte è sostenuto dai soldi che arrivano nelle tasche dei risparmiatori nelle fasi di boom, e viene frenato quando si passa a una fase di mercato calante.

A peggiorare la situazione si potrebbe poi aggiungere anche il rialzo dei tassi d’interesse che, diminuiscono la quantità di denaro in circolazione e, rendendo più costosi i prestiti, rende più difficile investire in arte per chi è solito finanziare a debito i proprio acquisti. Sulla base di queste osservazioni si potrebbe, quindi, dire che il mercato dell’arte rischia di passare brutti momenti.

C’è, tuttavia, ancora qualcosa di molto importante da aggiungere: il mercato dell’arte non è un mercato molto liquido. Le opere d’arte, infatti, non passano di mano molto spesso e hanno una funzione di riserva di valore. Pertanto più che ad un calo dei prezzi potremmo assistere a una rarefazione delle compravendite. Il valore di una azione liquida lo conosciamo ogni giorno, perché ogni giorno ci sono degli scambi.

Il valore di un’opera d’arte lo vediamo solo quando finisce sul mercato e questo può non accadere anche per anni. Per questo se le Borse rischiano grosso in una fase di contrazione dell’economia, non è detto che lo stesso fenomeno diventi altrettanto evidente nell’ambito dell’arte. Ovviamente stiamo parlando di chi vi ha investito, non degli artisti che potrebbero, invece, lamentare la scarsità di acquirenti. Ma questa è un’altra storia.

 

L’analisi di Mei e Moses: conferme e smentite

E questo è quanto in parte confermato da uno studio del 2005 uscito sul The Journal of investment consulting intitolato Baeutiful asset: art as investment e condotto da due studiosi Janping Mei e Michael Moses che sono andati a studiare i prezzi delle opere d’arte nel corso dei decenni.

In particolare Mei e Moses sono andati a spulciare i cataloghi delle famose case d’asta Sotheby’s e Christies dal 1925 al 2004 e da lì sono andati a costruire un database su cui hanno creato un indice che prende il loro nome. Questo indice è uno dei più importanti del mondo dell’arte, al punto che l’intera expertise per crearlo è stata acquistata dal gigante delle aste Sotheby’s che lo pubblica col nome di Sotheby’s Mei Moses.

 

La Borsa batte l'arte ed è meno rischiosa

Ma veniamo ai risultati dei loro studi. Il primo che salta all’occhio è che l’arte ha sovraperformato di diverse volte l’indice delle azioni della Borsa Usa S&P 500 tra il 1955 e la fine degli anni Ottanta. Successivamente ci sono stati un crollo e una ripresa, ma la performance è stata nettamente inferiore rispetto a quella dei mercati azionari. Il bilancio complessivo nell’arco temporale 1995-2004 è a favore della Borsa. Dall’analisi dei grafici sembra aver pesato molto il crollo del valore dei quadri impressionisti alla fine degli anni Ottanta.

I dati annualizzati mostrano tuttavia nell’arco temporale considerato una crescita media annua delle opere d’arte del 10%, solo lievemente inferiore a quella della Borsa Usa (10,4%) e superiore a quella dei titoli decennali Usa (6,5%) e dell’oro (5%). Tuttavia la ricerca mostra anche che i rendimenti ottenuti dal mercato dell’arte sono stati ottenuti al prezzo di una volatilità (e quindi un rischio) maggiore rispetto a quella della Borsa Usa. In questo senso (rende meno ed è più rischioso) l’investimento in arte è risultato di per sé meno interessante di un investimento in Borsa, ma… è risultato anche poco correlato all’andamento delle Borse, cioè diversamente da come siamo tentati di ipotizzare si è mosso poco in sintonia con il mercato azionario e questo, per chi dovesse costruire un portafoglio diversificato è un fattore vantaggioso.

L’articolo di Mei e Moses sottolinea, piuttosto, un legame con le crisi economiche, per cui l’arte avrebbe sofferto molto durante la grande depressione degli anni Trenta e all’epoca del primo shock petrolifero.

Un ultimo dato interessante che risulta dalle conclusioni di questa ricerca è poi che le opere più importanti, quelle considerate dei capolavori, sono stati investimenti meno performanti all’interno del mercato dell’arte.

La ricerca, dicevamo, è del 2005, ma l’indice è costantemente aggiornato (chi fosse interessato lo trova sul sito di Sotheby's) e se guardiamo il grafico semmai risulta che negli anni successivi al 2005 il mercato dell’arte ha rallentato la sua corsa. Se si parla di un 10% annuo tra 1955 e 2004, il dato su un lasso temporale più ampio tra 1950 e 2021 parla di un 8,5% medio annuo. Se tra il 1050 e il 1990 ha decuplicato il suo valore ogni 20 anni, negli ultimi 40 anni questo fenomeno non c’è più stato.

 

Un mercato per soli intenditori

Tornando alla domanda iniziale e sulla base di queste considerazioni ci pare di poter dire che senz’altro c’è un legame tra andamento dell’economia e mercato delle opere d’arte, ma vista la scarsa liquidità di quest’ultimo la trasmissione degli effetti da una realtà all’altra non è immediata, né scontata. L’opera d’arte, per la sua unicità, mal si presta a rientrare in un prodotto d’investimento con caratteristiche standardizzate, caratteristica che permette a noi e alla maggior parte degli analisti di fare un’analisi comparativa e di dare consigli oggettivi. Per questo motivo, oggi, non ci sono prodotti che investono nel mercato dell’arte che ci sentiamo di consigliarvi.

Se cercate, tuttavia, prodotto di tipo azionario che investe in un settore affine, potete sempre scegliere l’Etf Amundi S&P global luxury ucits (190,2 euro al 30/8; Isin LU1681048630), che replicando l’indice S&P Global Luxury - composto da 80 tra le maggiori società quotate che producono o distribuiscono beni di lusso.

 

Misurare l’arte: un altro indice, l’All art index

Fin qui abbiamo preso in considerazione l’indice Sotheby Mei Moses, ma non è l’unico indice considerato molto importante da chi opera sul mercato. Un altro è l’All Art index che coi suoi numerosi sottoindici fornisce un altro termometro della voglia di cose belle da investimento.

Da uno sguardo ai suoi dati mensili possiamo notare un andamento altalenante, ma in crescita dal 2007 in poi, con una frenata nel 2009, quando i mercati si leccavano le ferite dopo il crack Lehman e poi di nuovo con lo scoppio della pandemia di Covid-19, successivamente al quale assistiamo a un calo con la ripresa successiva avviene sulla base di una cresciuta volatilità (molti alti e bassi). Da notare che il valore iniziale è sotto quota venti e i valori finali sono sopra quota 80, ciò significa che il suo valore si è più che quadruplicato in 15 anni, sfruttando il vento in poppa di anni in cui c’è stata liquidità abbondante.

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