Dalla chiusura del 23 febbraio alla chiusura del 24 giugno, le Borse mondiali hanno perso mediamente poco meno dell’11% (indice in dollari Usa). Il fenomeno si inscrive in un calo generale dei mercati partito già prima: dall’inizio dell’anno il calo medio delle Borse è del 18% (in dollari Usa).
L’impatto della guerra su alcuni settori
Sono stati davvero pochi i settori che hanno registrato un andamento positivo o almeno non particolarmente negativo durante il periodo bellico. Tra questi abbiamo innanzitutto il settore della difesa. Tutto il rialzo è avvenuto nei primi giorni seguenti allo scoppio della guerra, con una impennata delle quotazioni dovuta alla revisione della politica di budget della Germania, che ha deciso per un aumento della spesa militare dopo anni di tagli. Successivamente c’è stato un ripiegamento dei prezzi delle azioni del settore, ma nel complesso il bilancio è comunque positivo nell’ordine del 12%. In seconda battuta c’è il settore energetico che, però, ha guadagnato meno di quello che ci si sarebbe aspettato, con un rialzo limitato all’1,5% circa, nonostante un rialzo del prezzo del greggio di circa il 17% (qualità brent) – in questo caso, però, bisogna fare attenzione che il fenomeno del rialzo del petrolio è partito già prima della guerra, con un guadagno da inizio anno di circa il 44% e una salita del settore del 16%.
Il nostro consiglio sul settore energetico è attualmente “mantieni”, ma ricorda che dal n° 1462 puoi acquistare il settore suo “cugino” delle materie prime attraverso l’Etf Xtrackers Msci world materials (45,985 euro; Isin IE00BM67HS53).
Performance, comunque, di tutto rispetto nel contesto negativo sono venute anche dal settore farmaceutico, che ha fatto persino meglio del settore energetico guadagnando quasi il 5%, e dal settore alimentare e bevande il cui calo medio complessivo è stato nell’ordine del 7%, inferiore a quello medio delle Borse. La cosa non deve stupire: questi ultimi due sono settori considerati tradizionalmente non ciclici, perché si continuerà comunque a consumare del cibo e delle bevande anche se i prezzi salgono, così come, soprattutto in epoca ancora pandemica, non si potrà rinunciare alle cure mediche anche in tempo di guerra.
Il settore della salute mondiale è tornato all’acquisto a partire dal n° 1462. Per investirci puoi acquistare l’Etf Lyxor Msci world healthcare (426,14 euro; Isin LU0533033238).
Veniamo ora a chi ha perso di più con lo scoppio della guerra. Il settore bancario europeo ha perso mediamente il 22%. Questo dato non sorprende: diverse banche hanno legami con Russia ed Ucraina. Inoltre, le banche sono uno specchio della salute dell’economia, se l’economia non tira le banche concedono meno prestiti e mutui e quelli che concedono magari non vengono rimborsati: i Paesi europei sono quelli che potrebbero pagare maggiormente dazio in termini di mancata crescita economica dal perdurare del conflitto. Anche il settore tecnologico ha perso molto: in particolare le società che realizzano microchip hanno perso mediamente il 21% dallo scoppio del conflitto. Sembra un paradosso in un mondo sempre più “tecnologico”, ma è un fenomeno che va inscritto nel generale contesto di rialzo dei tassi d’interesse e del “ridimensionamento” dei valori di questi titoli dopo la corsa realizzata durante la fine del 2020 e il 2021 (mesi di paura pandemica e di restrizioni in tutto l’Occidente).
Nonostante i chiari di luna, il settore tecnologico e i produttori hardware, software e semiconduttori sono per noi da acquistare per via del fatto che restano comunque cruciali per lo sviluppo mondiale (il consiglio è passato a “acquista” dal n° 1441). Per investirci puoi comprare l’Etf Xtrackers Msci world info technologies (46,89 euro; Isin IE00BM67HT60). Puoi anche puntare sui soli produttori di semiconduttori con l’Etf Lyxor Msci semiconductors (20,145 euro; Isin LU1900066033).
Nel complesso, il giudizio che se ne trae è che la guerra ha contribuito ad appesantire un clima che stava già iniziando a diventare pesante prima dello scoppio del conflitto.
L’inflazione è peggiorata e questo penalizza i mercati
Del resto, la corsa dell’inflazione esisteva già prima dello scoppio della guerra, determinata da uno squilibrio tra la corsa ai consumi successiva alla fine delle politiche di confinamento e i ritardi nell’offerta per mancata programmazione produttiva, ritardi logistici, colli di bottiglia – il caso emblematico è quello dell’auto, con una corsa alla mobilità individuale determinata dalla pandemia che si è scontrata con una capacità produttiva limitata per le componentistiche tecnologiche destinate all’automobile, meno redditizie di altre. Il conflitto, perdurante così a lungo, non ha fatto altro che acuire il problema – vedi rialzo del costo del gas (+44% in Europa), ritardi nelle consegne di alcune derrate alimentari come il grano….
Di conseguenza, la guerra ha finito per far sì che, nei fatti, le istituzioni monetarie sottovalutassero il fenomeno dell’inflazione, che quando è eccessiva è comunque un male perché erode il potere d’acquisto di famiglie e imprese; per questo, sono dovute correre ai ripari varando recentemente rialzi robusti del costo del denaro. Peccato che il rialzo del costo del denaro ha, sì, come obiettivo quello di ridurre il carovita, ma lo ottiene mediante un innalzamento delle spese di finanziamento di imprese e famiglie: anche questo rialzo, quando troppo forte, rischia comunque di avere impatti negativi sulla crescita economica. Insomma, sembra ormai scontato che almeno per tutta la seconda parte dell’anno non avremo i tassi di crescita della ricchezza globale su cui si scommetteva qualche mese fa – c’è chi ritiene persino che alcuni Paesi possano bruciare ricchezza, andando in recessione – e questo non può essere un male per le Borse, che sono uno specchio delle prospettive di crescita delle società che vi sono quotate.
Dunque, è tutto perduto? La speranza che si è diffusa negli ultimi giorni è che i mesi di passione possano comunque essere pochi e che già nel medio termine l’economia possa tornare a crescere a ritmo sostenuto.
Cosa fare? Quattro strategie da attuare
Da qui derivano quattro considerazioni per le strategie d’investimento.
La prima è: niente panico. In situazioni come queste il tempo è il miglior alleato. Se si viene presi dal panico si rischia di vendere sui minimi e poi di ricomprare quando il rialzo è già avvenuto, a prezzi più alti e con una duplicazione delle commissioni. Meglio mantenere gli investimenti già fatti.
La seconda è: bisogna ripartire i propri investimenti senza concentrarsi troppo su alcuni titoli o su alcuni settori. Per esempio, agli investitori più “difensivi” consigliamo di investire in Borsa solo il 25% dei propri risparmi – il resto va in prodotti di natura obbligazionaria. Anche con piccolissime cifre è possibile diversificare il portafoglio, magari investendo in un Etf sulle Borse mondiali e in un fondo sulle obbligazioni mondiali. Inoltre, anche tra i mercati azionari bisogna scegliere quelli più promettenti. Al momento, per esempio, sconsigliamo in generale di puntare sulle Borse della zona euro.
Puoi investire nelle Borse mondiali utilizzando diversi Etf che offrono una diversificazione globale. Tra questi ti segnaliamo all’acquisto: Xtrackers Msci world ESG (27,395 euro; Isin IE00BZ02LR44), Hsbc Msci world (24,86 euro; Isin IE00B4X9L533), e Ubs Msci ACWI SF (125,77 euro; Isin IE00BYM11H29). Quest’ultimo amplia ancor più i Paesi oggetto di investimento rispetto agli altri due. Per un investimento diversificato in obbligazioni di tutto il mondo, abbiamo identificato un fondo, anziché un Etf. Si tratta di Alto internazionale obbligazionario a distribuzione (6,92 euro al 23/6; Isin IT0001338448). Lo trovi presso www.fundstore.it. Se passi attraverso questo collocatore di fondi ricordati di sfruttare la nostra convenzione che ti permette di risparmiare sul bollo.
La terza è: puoi effettuare investimenti in beni rifugio come l’oro. Dallo scoppio del conflitto ha contenuto il calo al 4% in dollari Usa, mentre il prezzo dell’oro in euro è salito nel periodo bellico del 3%. Noi consigliamo a tutti di affiancare a una strategia d’investimento diversificata un piccolo investimento in oro. A chi ha maggiore confidenza con gli strumenti finanziari e sa di poter gestire meglio i rischi, segnaliamo anche l’esistenza di strumenti finanziari i cui prezzi salgono quando le Borse scendono – dai certificate short alle opzioni put. Abbiamo creato un dossier che ne presenta loro caratteristiche e rischi. Sono strumenti complessi, da maneggiare con cura e che possono portare anche a perdite molto pesanti. Da tempo ti consigliamo una piccola puntata sull’oro attraverso Invesco physical Gold ETC (167,71 euro; Isin IE00B579F325).
La quarta è: anche se, nella maggior parte dei casi, i conti deposito non hanno ancora rialzato i rendimenti, adeguandoli al contesto attuale, valuta la possibilità di sceglierne uno per crearti un cuscinetto di liquidità che ti aiuti a far fronte a eventuali emergenze. Preferisci i conti deposito liberi.