Quali vantaggi con un euro debole?

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Il recente scivolone dell'euro non è arrivato inaspettato. Di fronte all'impennata dell'inflazione, ai tassi di interesse più elevati negli Stati Uniti rispetto alla zona euro – e che dovrebbero rimanere tali – non sorprende che gli investitori si stiano precipitando verso il dollaro americano. A ciò si aggiunge il fatto che i Paesi europei sono più colpiti dalla guerra in Ucraina e le sue ripercussioni saranno durature: non è immaginabile infatti che l'Unione europea torni nei prossimi anni alla dipendenza energetica sulla Russia, nonostante questa sia una soluzione meno costosa delle alternative attuali. Ne risentiranno le nostre economie, così come la bilancia commerciale europea, in netto disavanzo nei primi mesi del 2022 (cioè le importazioni superano le esportazioni). Infine, a peggiorare ancora le cose, tornano le tensioni sui mercati del debito sovrano della zona euro, che indeboliscono ulteriormente l’euro.
Alcuni anni fa, le accuse di manipolazione del tasso di cambio si sono moltiplicate e le principali economie mondiali hanno combattuto per indebolire le loro rispettive valute, al fine di ottenere un vantaggio competitivo sui mercati internazionali. Non per nulla una valuta debole continua a far parte dell'arsenale utilizzato da Paesi come la Svezia per rimanere altamente competitivi.
Ma la situazione economica conta e, da questo punto di vista, l'impatto positivo di una valuta a buon mercato si attenua quando la domanda sui mercati mondiali è debole, quando i salari e gli altri costi di produzione esplodono e quando l'inflazione è troppo alta, come è attualmente il caso in Europa. A ciò si aggiungono fattori strutturali, in particolare il fatto che, nelle economie industrializzate, basate su prodotti e servizi ad alto valore aggiunto, le filiere di fornitura e produzione sono più complesse che in passato, i prodotti e servizi venduti sono, il più delle volte, un insieme di componenti provenienti da diversi Paesi. Questo complica enormemente il calcolo dei vincitori e dei vinti dell'euro debole poiché, tra l'aumento dei ricavi legato alle vendite e quello dei costi di produzione, un buon numero di aziende non sanno più come muoversi. Il vantaggio competitivo legato ad una moneta debole è quindi meno importante che in passato e comunque più difficile da individuare poiché entrano in gioco anche altri fattori, come il cattivo andamento dell’economia. Vediamo qualche esempio: Air Liquide (129,12 euro, Isin FR000120073; acquista) che realizza la maggior parte dei suoi ricavi al di fuori dell'Europa dovrebbe trarne vantaggio. Ma i profitti vanno relativizzati considerando il suo fabbisogno di gas naturale (denominato in USD) e le difficoltà economiche previste in Europa. Idem per i gruppi tedeschi BASF (42,19 euro, Isin DE000BASF111; mantieni) e Bayer (57,69 euro, Isin DE000BAY0017; mantieni), nonché per l’olandese Philips (xxx euro, Isin NL0000009538; mantieni), che dovrebbe trarne vantaggio con l'80% delle vendite effettuate al di fuori della zona euro. È anche un vantaggio per Airbus (105 euro, Isin NL0000235190; vendi) che fattura i suoi aerei principalmente in dollari mentre la maggior parte dei suoi costi sono in euro. Ma i prezzi elevati del cherosene e la cattiva situazione dell'economia rischiano di gravare sui suoi principali clienti, le compagnie aeree, e quindi sul suo portafoglio di ordini.
In un contesto inflazionistico, una valuta più debole rende più costosi i prodotti importati, fa salire i prezzi al consumo, limita il potere d'acquisto delle famiglie e, in definitiva, pesa sulla domanda privata e sull'economia nel suo insieme.
Il prezzo del petrolio è uno degli esempi più eloquenti. Il prezzo di un barile di Brent quest'anno ha raggiunto livelli altissimi, 122 usd al barile durante il suo picco di giugno, ma resta lontano dal record di 145 usd raggiunto a luglio 2008 e si è “solo” avvicinato ai 126 usd del marzo 2012. Questo cambia se consideriamo i prezzi in euro. Se l'energia sta raggiungendo livelli di prezzo senza precedenti è perché, al suo picco del 2008, grazie all'euro forte, un barile di Brent valeva “solo” 91 euro. Al culmine del 2012, veniva scambiato intorno a 96 euro. A giugno di quest'anno, invece, ha raggiunto i 117 euro; un livello senza precedenti e un aumento del 22% rispetto al picco precedente.
E visto che i prezzi dell'energia sono, ad oggi, la principale causa dell'impennata dell'inflazione che stiamo vivendo, non si può ignorare il peso che l’euro debole ha sulla nostra economia.
L'euro debole rende le azioni europee più economiche per gli investitori stranieri e rende i titoli esteri notevolmente più costosi agli occhi degli europei. Pertanto, se si aspettasse un rimbalzo della nostra valuta sui mercati dei cambi, l'investitore avrebbe tutto l'interesse ad abbandonare le Borse estere e puntare sulla zona euro.
Sfortunatamente, non pensiamo che questo sia lo scenario più probabile e per diversi motivi, vediamoli. In primo luogo, temiamo che la debolezza dell'euro durerà a lungo. Il deterioramento della bilancia commerciale a cui stiamo assistendo, a causa dei prezzi elevati dell'energia, è destinata infatti a continuare. A farne le spese sarà la bilancia commerciale europea con gli Usa poiché diventiamo dipendenti dal gas e petrolio americani.
Quanto alla congiuntura economica europea il prossimo inverno dovrebbe peggiorare ulteriormente, poiché tutto fa pensare che ci troveremo di fronte a una carenza di energia, che metterà in ginocchio le nostre economie.
A ciò si aggiunge un ambiente poco favorevole agli investimenti, a causa di un profilo demografico sfavorevole, un quadro normativo molto restrittivo e una mancanza di visibilità per il futuro. Infine, da tempo all'avanguardia in importanti settori dell'economia, la zona euro è ormai molto indietro rispetto agli Usa nelle nuove tecnologie o alla Cina in tutto ciò che riguarda la transizione energetica. Per questo continuiamo a dare priorità alla diversificazione degli investimenti al di fuori della zona euro, verso dei mercati più competitivi; una strategia che potrebbe cambiare solo con un euro a prezzi stracciati.
LA CORSA DEL DOLLARO AMERICANO
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