L’Europa, in fondo è piccola piccola…

Grafico
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Questo è quanto ci ha scritto un lettore in questi giorni, sostenendo che forse abbiamo troppa fiducia nelle nostre previsioni. È un’occasione utile per fare il punto su come funzionano i nostri portafogli, con una premessa: più che fiducia nelle nostre previsioni (siamo consapevoli che nessuno ha la sfera di cristallo) abbiamo fiducia nelle metodologie sottostanti che sono basate sulla letteratura scientifico economica degli ultimi 70 anni (da Markovitz in poi).
Markowitz, premio Nobel per l'economia per i contributi pionieristici nell'ambito dell'economia finanziaria, fondò la moderna teoria di portafoglio con alcuni contributi fondamentali negli anni ’50: Portfolio Selection del 1952 e Portfolio Selection: Efficient Diversification of Investments del 1959.
I NOSTRI PORTAFOGLI: COME FUNZIONANO (IN BREVE)
Trovi tutte le informazioni dettagliate al link indicato nella pagina successiva. Qui le riassumiamo. Un portafoglio si costruisce sulla base di due elementi principali: rendimento e rischio. Il rendimento è la parte che va sfruttata al massimo, il rischio è la parte che può volgersi anche a nostro sfavore e a cui fare attenzione per evitare eccessi.
Per la scelta delle obbligazioni, prendiamo in considerazione il loro rendimento a scadenza e le nostre attese su quanto salirà o scenderà la valuta in cui sono emessi, rispetto all’euro. Per le azioni teniamo conto del dividendo medio e delle previsioni di crescita dell’economia, oltre alle nostre attese sull’andamento della valuta. Sul fronte del rischio il dato ci viene fornito dal loro comportamento in termini di volatilità negli ultimi 10 anni (l’ipotesi che sta alla base di questo ragionamento è che questo livello di volatilità sia valido anche in futuro).
Il problema è che il rendimento è un premio al rischio, per cui questi elementi vanno di pari passo, più sale il primo, più lo fa il secondo, e viceversa. Una volta che abbiamo tradotto in numeri il rischio e il rendimento di ogni tipologia di titoli proviamo a fare tutti i mix possibili (ma con le limitazioni che vedi qui a lato e, comunque, considerando sempre un investimento minimo del 5% sul totale del portafoglio) per vedere qual è il risultato. Cioè, per esempio, proviamo con un 10% di azioni Usa, e un 90% di bond in euro, poi, con più azioni e poi con meno azioni, poi cambiamo i tipi di azioni o ne mescoliamo diverse (per esempio Usa e Gran Bretagna). Facciamo lo stesso con i bond. Il risultato è che avremo creato tantissimi portafogli in cui andare a pescare per le nostre scelte. Ognuno è identificato da una coppia di valori: rischio e rendimento atteso. Attenzione, però, e qui viene il bello, rischio e rendimento atteso di un portafoglio non sono la semplice media di rischio e rendimento di ogni singolo pezzettino del puzzle che lo ha composto. Bond e azioni seguono dinamiche diverse. Per esempio, con il fenomeno del flight to quality in alcuni momenti i bond salgono quando le azioni scendono, ma questo non accade sempre, un rialzo dei tassi può azzoppare sia i bond, sia le Borse. E ancora, anche all’interno di una stessa tipologia di titoli (per esempio i bond) possono esserci dinamiche diverse: per esempio in momenti di paura globale i titoli Usa possono beneficiare del rialzo del dollaro, ma quelli dei Paesi emergenti crollano. Il risultato è che in alcune combinazioni di bond e azioni il rapporto tra rischio e rendimento sarà migliore (più rendimento e meno rischio) della semplice media tra rischio e rendimento dei singoli componenti, mentre in altri sarà, invece, peggiore. Noi prima selezioniamo tutti i portafogli in cui questo rapporto è migliore e poi, tra questi, andiamo a pescare quelli in cui la massima perdita potenziale a cui ti stai esponendo in un anno è nel 99% dei casi sia inferiore a certe soglie (per esempio il 15% per il profilo di Investitore dinamico), e il gioco è fatto.
Una descrizione più dettagliata dei nostri portafogli la trovi qui: www.altroconsumo.it/investi/fiscale-e-legale/metodologia/ultime-notizie/2019/04/da-dove-nascono-i-nostri-portafogli.
Una Borsa non può pesare più di una volta e mezza di quanto pesi sugli indici mondiali, arrotondato al 5% più vicino. Se per esempio una Borsa vale il 3% di tutte le Piazze mondiali, il suo peso in portafoglio non potrà superare il 5% (una volta e mezza il 3% fa il 4,5%, che arrotondiamo al 5%). Unica eccezione i bond in euro, che teoricamente possono arrivare a rappresentare anche il 100% del portafoglio.
MA è VERO CHE L’EUROPA DEVE PER FORZA ESSERCI?
La risposta a questa domanda viene dando un occhio alla composizione degli indici dei mercati internazionali. Se si va a guardare l’indice Msci AC Imi world (www.msci.com/research-and-insights/visualizing-investment-data/acwi-imi-complete-geographic-breakdown), che descrive le Borse di 47 Paesi (Emergenti inclusi) in base all’importanza delle società, notiamo che gli Usa pesano per circa il 60% della capitalizzazione dei mercati mondiali, il Giappone per un 6%, Londra è intorno al 4% e tutte le altre Piazze seguono. Nell’Eurozona Parigi è il 3% e Francoforte circa il 2%, Amsterdam è circa l’1% e le altre valgono meno. Mettendo insieme tutte le Piazze dell’Eurozona non si arriva al 10%. In un portafoglio bilanciato con bond e azioni significa un peso che è inferiore al 7,5% in un portafoglio Dinamico con 25% di bond e, addirittura, al 2,5% in un portafoglio Difensivo che ha il 75% di bond. Insomma, l’Eurozona non ha un peso tale da dover per forza finire in un portafoglio. Diverso è il caso degli Usa per cui abbiamo, da un certo momento in avanti, indicato delle quote minime da inserire in ogni portafogli, anche qualora non fossero messe in risalto dai nostri calcoli: la Borsa Usa è così importante nel contesto globale che non può mai assolutamente mancare in un portafoglio ben diversificato.
Questo ragionamento risponde anche a un’altra osservazione che ci è stata fatta dal nostro lettore: “se dovessimo guardare alla capitalizzazione, compreremmo l’indice Msci world senza starci a pensare piu di tanto”. La capitalizzazione delle Borse mondiali nel nostro modello è, in realtà, una importante linea guida (ricordiamoci che indici come l’Msci World sono pur sempre parametri con cui ci si confronta per capire se si è fatto bene, oppure no). Lo scopo di chi propone un portafoglio di investimento è, però, di fare meglio degli indici mondiali. Pertanto, il mix tra fedeltà agli indici mondiali e totale libertà di scelta degli investimenti va ponderato tenendo conto di entrambi gli aspetti.
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