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Situazione politica complessa e difficoltà economiche in vista spingono alla cautela.
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Il partito di Narendra Modi, primo ministro indiano in carica dal 2014, ha visto ridurre i consensi alle elezioni dello scorso giugno e in ottobre ha subìto un secondo affronto alle elezioni regionali; anche le due importanti consultazioni elettorali locali che si terranno a breve non lasciano ben sperare. Dal punto di vista economico, la situazione indiana è buona, tra l’altro c’è stato un monsone che ha portato più acqua del solito, ma senza provocare inondazioni catastrofiche. In un Paese in cui metà della popolazione lavora nel settore agricolo, i buoni raccolti sostengono i redditi delle famiglie ed evitano l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, che rappresentano quasi la metà delle spese delle famiglie. Insomma, anche grazie a questo provvidenziale evento meteo, nel 2024 l’India dovrebbe incassare una crescita del Pil (tutta la ricchezza prodotta nel Paese) del 6,3%. Anche se nell’ultimo decennio sono stati creati 112 milioni di posti di lavoro, questo ritmo dovrebbe raddoppiare per occupare i giovani indiani che arrivano ogni anno sul mercato del lavoro. L’agricoltura assorbe circa la metà della forza lavoro, con salari bassi; paghe minime anche per il settore edile, al secondo posto per occupati. Il settore dei servizi nelle nuove tecnologie e nella finanza offre posti di lavoro qualificati e ben retribuiti, ma impiega solo 23 milioni di persone rispetto ai 68 milioni dell’edilizia e ai 247 milioni dell’agricoltura. E, nonostante la sua crescita, non è in grado di creare posti di lavoro per tutti. Solo l’industria manifatturiera potrebbe assumere questo ruolo. Essendo un’economia chiusa, l’India non è riuscita però a inserirsi nelle catene di produzione globali, tanto che oggi le esportazioni manifatturiere indiane sono pari a quelle del Vietnam, un Paese tredici volte meno popolato. Affinché l’India possa prendere il suo vero posto nell’industria globale, creare abbastanza posti di lavoro e continuare il suo sviluppo economico, saranno necessarie riforme importanti, molti investimenti e molto tempo. Gli investitori iniziano a chiedersi se ciò sia possibile e vedono inoltre il rischio che il denaro pubblico continui a essere speso per aiuti sociali in ottica elettorale, invece che per sviluppare infrastrutture. Secondo noi, le azioni indiane non offrono rendimenti tali da giustificare la loro elevata volatilità e il Paese non fa parte delle nostre strategie di portafoglio.