L’inflazione in India ha toccato il livello più basso degli ultimi otto anni, aprendo la porta a possibili mosse espansive da parte della banca centrale. A luglio, infatti, l’indice dei prezzi al consumo è salito solo dell’1,55% su base annua, un dato leggermente superiore alle stime, ma comunque ben al di sotto dell’obiettivo della Reserve Bank of India (RBI). A spingere verso il basso l’inflazione è stata soprattutto la netta contrazione dei prezzi alimentari: verdure in calo di oltre il 20% rispetto all’anno precedente, complice un’annata agricola particolarmente favorevole grazie alle abbondanti piogge monsoniche.
Anche l’inflazione di fondo, che esclude alimentari ed energia, ha segnato un rallentamento, scendendo al 4,22% dal 4,53% di giugno. Per ora la RBI ha preferito mantenere invariati i tassi, ma ora, in caso di rallentamento della crescita — ad esempio per effetto dei dazi statunitensi — con questa inflazione ci sarebbe margine per un taglio compreso tra 25 e 50 punti base (cioè tra lo 0,25% e lo 0,5%).
Le prospettive restano improntate alla prudenza: la previsione ufficiale di inflazione per l’anno fiscale in corso è stata ridotta al 3,1%, ma la stessa Banca centrale non esclude un ritorno sopra il 4% già nel primo trimestre del 2026. Un quadro, dunque, in equilibrio tra l’opportunità di sostenere l’economia e la necessità di vigilare su possibili pressioni sui prezzi.
Per quanto riguarda gli investimenti, le azioni indiane sono in portafoglio, le obbligazioni in rupie non sono da acquistare.