Giovedì la Banca centrale non taglierò i tassi. Questo è quanto ci si attende. I motivi sono molteplici. Per iniziare, i verbali della riunione di luglio, così come i commenti ufficiali della Bce dalla fine della pausa estiva, hanno sottolineato che l’asticella per un ulteriore taglio dei tassi è alta. Durante l’estate, diversi fattori hanno poi spinto verso un atteggiamento attendista: dall’accordo commerciale tra Stati Uniti e Unione europea, alla crescita “decente” del Pil nel secondo trimestre, fino agli indicatori di fiducia delle imprese in miglioramento. Infine, c’è anche il lieve aumento dell’inflazione ad agosto.
Tuttavia, lo scenario non è privo di ombre. Se da un lato il nuovo accordo tariffario UE-Usa è stato accolto con sollievo, dall’altro gli effetti sull’economia potrebbero emergere nei prossimi mesi. Sul fronte delle prospettive, la Bce rimane divisa: alcuni membri non escludono un ulteriore taglio se il contesto dovesse peggiorare, mentre altri sottolineano che la soglia fissata da Christine Lagarde è molto alta e difficilmente superabile.
A complicare ulteriormente il quadro, si aggiungono elementi di natura politica e istituzionale. L’instabilità francese, con il governo a rischio di sfiducia, alimenta incertezza sui mercati e potrebbe allargare lo spread con i Bund tedeschi, anche se difficilmente spingerà la Bce ad azionare strumenti straordinari di protezione.
In sintesi, la Bce appare determinata a fermarsi per ora, mantenendo i tassi stabili e osservando l’evoluzione dell’economia. La porta per ulteriori tagli rimane formalmente aperta, ma la soglia per agire si è fatta decisamente più alta, necessitando di evoluzioni, cioè di dati, particolarmente al ribasso per economia e inflazione. I mercati, intanto, si sono adeguati a questa prospettiva, non aspettandosi tagli questa settimana.