La Fed taglia (e lo farà ancora)

Riunione Fed 17 settembre
Riunione Fed 17 settembre
La Federal Reserve ha recentemente deciso di ridurre i tassi di interesse dello 0,25%, come da attese, portandoli in un intervallo compreso tra il 4% e il 4,25%. Si tratta della prima mossa di questo tipo da dicembre e giunge in un momento caratterizzato da una situazione economica piuttosto complessa e contraddittoria negli Stati Uniti. Da un lato, l’inflazione continua a mantenersi su livelli elevati, con un incremento annuo del 2,6% registrato a luglio; dall’altro, il mercato del lavoro mostra segni di rallentamento, con un tasso di disoccupazione salito al 4,3%, il più alto degli ultimi quattro anni.
La decisione è stata approvata con un’ampia maggioranza all’interno del comitato direttivo (11 voti a favore e uno contrario). L’unico dissenso è arrivato da Stephen Miran, recentemente entrato nella Fed, che ha sostenuto l’opportunità di un taglio più deciso, pari allo 0,5%. La sua posizione si inserisce anche nel contesto delle pressioni politiche che pesano sull’istituto, in particolare quelle provenienti da Donald Trump, che ha ripetutamente esortato la banca centrale a ridurre i tassi per stimolare la crescita.
Questa scelta evidenzia come la Federal Reserve si trovi oggi in una posizione delicata, chiamata a bilanciare due esigenze contrapposte: da un lato, contenere l’inflazione e preservare la stabilità dei prezzi; dall’altro, sostenere un’economia che inizia a mostrare chiari segnali di affaticamento. In questo equilibrio precario si inserisce anche il crescente ruolo delle dinamiche politiche, che inevitabilmente influenzano le decisioni di politica monetaria.
Le prospettive future delineate dalla Fed forniscono ulteriori elementi di riflessione. Il cosiddetto dot plot (in pratica un grafico dove tutti i membri inseriscono le loro attese circa i tassi futuri) indica la possibilità di nuovi tagli ai tassi per un totale dello 0,5% entro la fine del 2025 e di un ulteriore 0,25% nel 2026. Le previsioni di crescita, nel frattempo, sono state leggermente riviste al rialzo, al 1,6% per il 2025 e all’1,8% per il 2026, a conferma di una certa fiducia nella resilienza dell’economia statunitense. Tuttavia, le stime sull’inflazione sottostante restano immutate, con una proiezione del 3,1% a fine 2025, segnalando che la pressione sui prezzi non è destinata a scomparire a breve.
Il quadro del mercato del lavoro, invece, viene descritto con toni meno ottimistici: la crescita occupazionale è rallentata e, sebbene la disoccupazione rimanga relativamente bassa, i rischi di un peggioramento sono in aumento. Sul fronte dell’inflazione, la valutazione della Fed è chiara: i prezzi sono tornati a salire e restano su livelli considerati elevati, costringendo la banca centrale a mantenere una certa cautela.
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