Dopo il picco registrato nel 2024, con una crescita dei salari negoziati che ha toccato il 5,2%, ora le previsioni della BCE indicano un netto rallentamento: si stima che la crescita resterà sotto il 2% almeno fino al 2026. Questo dato è significativo, perché riflette un cambiamento importante nel contesto economico europeo, dove la pressione salariale – uno dei principali motori dell’inflazione – sembra finalmente attenuarsi.
La BCE, pur mantenendo i tassi d’interesse invariati per la seconda volta consecutiva, continua a monitorare con attenzione l’evoluzione dell’inflazione di fondo, che rimane sopra l’obiettivo del 2%. In particolare, il settore dei servizi mostra ancora segnali di tensione, alimentati da salari più elevati. Tuttavia, secondo Christine Lagarde, presidente della BCE, il mercato del lavoro resta solido, con livelli di disoccupazione ai minimi storici. Questo contribuisce a sostenere il reddito disponibile reale delle famiglie, elemento chiave per la tenuta della domanda interna. Il rallentamento della crescita dei salari è quindi una buona notizia, che suggerisce la bontà di aver proceduto a tagliare il costo del denaro. Non è però in grado di spostare gli equilibri e far propendere per ulteriori tagli.
Non mancano, infatti, le incognite. Le tensioni geopolitiche, come i conflitti in Ucraina e Medio Oriente, e le politiche commerciali degli Stati Uniti, continuano a rappresentare fattori di rischio. Alcuni membri del consiglio direttivo della BCE chiedono quindi maggiore vigilanza, temendo che nuove pressioni possano compromettere la stabilità raggiunta.