Commissione europea: le nuove stime tagliano la crescita italiana
Commissione: stime autunno 2025
Commissione: stime autunno 2025
Le nuove stime della Commissione europea prevedono una crescita moderata del Pil per la zona euro, grazie al miglioramento delle condizioni finanziarie e a mercati del lavoro robusti, nonostante l'incertezza esterna e le sfide tariffarie globali. Per quanto riguarda il carovita, i prezzi continueranno a convergere verso il 2% obiettivo. Se però si confrontano queste ultime stime con quelle precedenti, si scopre che la Commissione ha rivisto significativamente al rialzo le stime di crescita del Pil reale per il 2025, ma han operato un leggero ridimensionamento per il 2026. Per quanto riguarda l'inflazione, le stime del 2025 sono rimaste stabili, mentre quelle del 2026 sono state leggermente riviste al rialzo.
REVISIONE AL RIALZO PER IL 2025
L'aumento della previsione di crescita per il 2025 (passando dallo 0,9% previsto in primavera all'1,3% previsto in autunno) è stato motivato da un andamento migliore del previsto nei primi nove mesi dell'anno. Questa crescita superiore alle aspettative è stata inizialmente trainata da un'impennata delle esportazioni (chiamata "front-loading") in previsione dei dazi. Anche gli investimenti in attrezzature e asset immateriali si sono dimostrati più forti del previsto. Infine, la Commissione ha specificamente indicato che la crescita del PIL superiore alle aspettative (0,4% in più rispetto alla previsione di primavera) è stata influenzata in larga misura dalla performance dell'Irlanda, che da sola rappresenta 0,2% della revisione al rialzo per l'Area Euro nel 2025.
REVISIONE AL RIBASSO PER IL 2026
La crescita del Pil nell'Area Euro nel 2026 è stata rivista al ribasso dello 0,2%, scendendo all'1,2% (dall'1,4%). Questo ridimensionamento riflette principalmente le aspettative di una crescita delle esportazioni meno sostenuta nel 2026 (inferiore a quanto previsto in primavera), in quanto si prevede che gli esportatori continueranno a perdere quote di mercato a causa della ridotta competitività del settore manifatturiero.
INFLAZIONE: STABILITÀ NEL 2025 E REVISIONE AL RIALZO NEL 2026
Le stime di inflazione per il 2025 sono rimaste invariate al 2,1%. Tuttavia, l'inflazione headline, cioè l’indice generale – non quella di fondo o core - nell'Area Euro per il 2026 è stata rivista leggermente al rialzo all'1,9% (rispetto all'1,7% previsto in primavera). Come mai? La revisione al rialzo è attribuita principalmente a un aumento dell'inflazione dei servizi e dell'inflazione alimentare, che hanno superato l'impatto dei prezzi delle materie prime energetiche più bassi del previsto. Un altro elemento è l’inflazione dei servizi, rivista al rialzo a causa della prevista maggiore crescita salariale sia nel 2025 che nel 2026. E l’energia? Le revisioni al rialzo per alimentari e servizi sono state solo parzialmente compensate da una previsione di inflazione energetica inferiore, in particolare nel 2026, a causa dei prezzi delle materie prime energetiche più convenienti. Ad esempio, i prezzi dei futures del greggio Brent per il 2026 erano inferiori del 3% rispetto a quanto ipotizzato nelle Previsioni di Primavera 2025.
ITALIA: STIME TAGLIATE
La Commissione Europea ha rivisto significativamente al ribasso le stime economiche per l'Italia nelle sue previsioni d'autunno rispetto a quelle di primavera, specialmente per quanto riguarda la crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL).
La Commissione Europea ha infatti dimezzato la previsione di crescita del PIL per il 2025, portandola dallo 0,7% previsto a maggio al solo 0,4% nelle previsioni di questo autunno. Anche per il 2026, la stima è stata corretta al ribasso dello 0,1% passando dallo 0,9% allo 0,8%. Questo taglio riflette una prospettiva di economia debole e fortemente dipendente dagli investimenti finanziati dal PNRR.
Per quanto riguarda l’inflazione, nelle previsioni di primavera per il 2025 era attesa all'1,8%, mentre nelle stime d'autunno è scesa all'1,7%. Per il 2026, l'inflazione è stata rivista al ribasso dall'1,5% (primavera) all'1,3% (autunno). Queste revisioni al ribasso dipendono soprattutto dalla dinamica dei prezzi energetici.