Nel mese di novembre 2025, l’economia cinese ha mostrato segnali di rallentamento significativi. I consumi interni restano deboli: le vendite al dettaglio sono cresciute appena dell’1,3% su base annua, il ritmo più lento mai registrato al di fuori del periodo pandemico e ben al di sotto delle stime. Anche gli investimenti fissi hanno subito una contrazione del 2,6% nei primi undici mesi dell’anno, segnando la prima flessione annuale dal 1998. Particolarmente critica la situazione del settore immobiliare, che ha registrato un crollo del 16%, accompagnato da un’ulteriore discesa dei prezzi delle abitazioni.
Sul fronte produttivo, la crescita industriale si è attestata al 4,8%, sostenuta principalmente dalle esportazioni. Tuttavia, questa forte dipendenza dall’export espone il Paese a rischi esterni, soprattutto in un contesto globale incerto. La domanda interna debole e l’elevata offerta mantengono inoltre pressioni deflazionistiche, complicando ulteriormente il quadro macroeconomico.
I mercati finanziari riflettono queste difficoltà: gli indici azionari cinesi sono in calo e l’Hang Seng ha toccato i minimi degli ultimi tre mesi, mentre lo yuan è rimasto sostanzialmente stabile. Guardando al futuro, le esportazioni sono attese in rallentamento nel 2026, e il governo cinese punta a stimolare la domanda interna per sostenere la crescita, fissando un obiettivo intorno al 5%. Le misure fiscali dovrebbero rimanere simili a quelle del 2025, con possibili tagli moderati ai tassi di interesse.
Le principali sfide per l’economia cinese restano dunque i consumi stagnanti, la crisi immobiliare, la riduzione degli investimenti infrastrutturali e le tensioni commerciali globali, fattori che richiederanno interventi mirati per evitare un ulteriore indebolimento.