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Tassare l’illegalità per evitare il Mes

Tassare l'illegalità

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Data di pubblicazione 29 maggio 2020
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Tassare l'illegalità

Tassare l'illegalità

Perché, in questo momento di difficoltà, lo Stato non pensa di tassare, per esempio, il mercato delle escort o delle droghe leggere? Sarebbero tanti soldi…

L’Istat afferma che in Italia ci sono 211 miliardi di euro di economia che sfugge ai conti nazionali, tra attività illegali e sommerse (queste pari a 192 miliardi di euro), per cui chiedersi se non valga la pena riportarne almeno una parte alla luce del sole non è insensato. Tuttavia, resta un problema di fondo: per tassare una attività devi prima renderla legale, e spesso la scelta se renderla legale o meno non dipende da valutazioni economiche, ma di tutt’altro tipo. Cerchiamo comunque di farci sopra qualche riflessione.

I dettagli della ricerca dell’Istat li trovi qui: www.istat.it/it/archivio/234323. Il dato, pubblicato a ottobre 2019 è relativo al 2017.

Fino a 8 miliardi dalle “canne”

Iniziamo dalle droghe leggere. Uno studio condotto dall’Università di Messina sulla legalizzazione delle droghe leggere aveva sostenuto che, nell’ipotesi di tassare la cannabis quanto le sigarette, lo Stato (mantenendo il costo di una singola dose intorno ai 10 euro) non solo avrebbe guadagnato tra i 5 e gli 8 miliardi di gettito l’anno, ma avrebbe risparmiato un sacco di soldi in spese di giustizia. Parliamo di 540 milioni di minori spese carcerarie e quasi altri 230 milioni di minori spese per ordine pubblico e sicurezza. Un bel gruzzolo. Questo senza considerare le nuove opportunità di lavoro che sarebbero un ulteriore vantaggio. Qual è il problema? Probabilmente il fatto che l’opinione pubblica è arrivata abbastanza tardi ad accettare questa possibilità e la politica reagisce con un certo ritardo rispetto all’opinione pubblica (si pensi alla legge sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso che ha atteso una decina di anni dalla prima proposta). Sul fronte delle droghe leggere, per esempio, un sondaggio del 2014 dava il 46% degli italiani favorevoli, un altro del 2016 dava la quota dei favorevoli al 73%, ma ancora pochi mesi fa, a fine 2019, in Parlamento c’era una forte opposizione rispetto alla prospettiva di una legalizzazione. In Italia la cannabis è però accettata come cura per finalità terapeutiche da alcuni anni e la legislazione non punisce il consumo, solo lo spaccio. Da noi accade in maniera non dissimile rispetto alla maggior parte dei Paesi europei in cui la principale eccezione resta quella dei Paesi Bassi dove la cannabis è legale anche per usi ricreativi. Stando così le cose possiamo darti una prima risposta: la scelta di non tassare le droghe leggere è la realtà politica di oggi, ma nulla esclude che vi sia una evoluzione nei prossimi anni. Chissà che la crisi economica non possa portare a un cambiamento su questo fronte.

L’autore della ricerca è il professor Ferdinando Ofria, i dati della ricerca li trovi in “L’impatto economico della legalizzazione delle droghe in Italia. Audizione Parlamentare in Commissioni Riunite Giustizia e Affari Sociali” del 26 maggio 2016.

Per la storia dell’uso medico della cannabis in Italia trovi informazioni qui: http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=4587&area=sostanzeStupefacenti&menu=organismo.

Prostituzione: un tema delicato

Sulla prostituzione i numeri non tornano. Capita di trovare stime di 25 miliardi di fatturato annuo del settore. Altri parlano di un giro d’affari intorno ai 4 miliardi l’anno. È evidente che il tema è molto più difficile da trattare rispetto alla cannabis. Ciò detto cerchiamo di appuntarci qualche elemento chiave. Innanzitutto, la legge Merlin non vieta la prostituzione, ma il suo sfruttamento. In Europa oltre al nostro ci sono due modelli diversi. Abbiamo Paesi (come la Germania o la Svizzera) in cui la prostituzione è regolamentata anche col fisco e Paesi (quelli nordici) in cui è repressa punendo i clienti. In Italia sono state fatte proposte parlamentari sia in un senso sia nell’altro. Alla fine, si è scelto di ignorare il problema. In tal senso la Cassazione con sentenza 22413/2016 ha stabilito che anche le prostitute dovrebbero pagare le tasse, in contrasto con la giurisprudenza precedente per cui il pagamento della prestazione non era tassabile in quanto aveva una funzione risarcitoria del danno per la lesione dell’integrità della dignità umana. Resta comunque il fatto che, in assenza di una definizione della loro attività da parte dello Stato, è comunque difficile che una o un escort abbiano modo di pagare le tasse. In materia gli Italiani sono da anni favorevoli alla legalizzazione (per esempio già nel 2014 un sondaggio dava una maggioranza in tal senso) e poco propensi a un modello di tipo nordico. Quindi è probabile che anche in questo settore presto o tardi le cose si muoveranno, ma vista la delicatezza in termini di diritti dei lavoratori (e financo di privacy dei clienti) la strada sembra ancora lunga.

La legge Merlin (legge 20 febbraio 1958, n. 75) scatenò molto scalpore all’epoca, ma fu una battaglia di civiltà, viste le pessime condizioni in cui versavano le prostitute nelle case chiuse italiane. Una testimonianza toccante della situazione di allora si trova nel libro che la senatrice Lina Merlin stessa pubblicò insieme a Carla Barberis “Lettere dalle case chiuse, Milano, Edizioni del Gallo 1955”

Una soluzione a metà

Ampliare la tassazione ad attività che oggi sfuggono al fisco ha una sua valenza di equità, però non bisogna mai dimenticare che lo Stato non può risolvere i suoi problemi di debito solo alzando le tasse, ma deve farlo rilanciando la crescita economica che è l’unico modo per rendere il debito sostenibile. Il fatto è che il rilancio della crescita, a differenza di quanto si ritiene, non è figlio di investimenti pubblici (si pensi ad Alitalia), ma della vitalità della crescita della produttività dell’economia privata. Senza questa si può tassare qualunque attività, ma non si finirà mai per ripagare un debito importante come il nostro.