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È impossibile vivere senza petrolio?

Petrolio

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Data di pubblicazione 10 febbraio 2022
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Petrolio

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Sebbene il mondo sia impegnato nella transizione verso forme di energia più sostenibili, tra cui è spuntata anche l’energia nucleare, che tiene banco sui mezzi di informazione e non solo, il mercato sembra andare ancora pazzo per il petrolio, i cui prezzi sono su valori che non si vedevano dal 2014. Come mai? Continuerà a salire? E vale la pena puntare sulle azioni delle società petrolifere?

Dalla polvere alle stelle in pochi mesi

Gli ultimi due anni hanno visto oscillazioni notevoli per il prezzo del greggio. Dopo lo scoppio della pandemia, il prezzo del petrolio di qualità brent era sceso ad aprile 2020 sotto i 20 dollari al barile (vedi grafico L’altalena del greggio), valori che non si vedevano da circa 20 anni: era un momento in cui tra le chiusure di attività e la prospettiva che si sarebbe dovuto attendere molto per uscire dalla pandemia nessuno sembrava aver bisogno di energia. Poi, però, il vento è cambiato, al punto tale che per la prima volta dopo 8 anni, il prezzo del greggio di qualità brent è tornato in questi giorni sopra i 90 dollari al barile. A che cosa è dovuta questa corsa?

Esistono diverse qualità di greggio e ognuna ha il suo prezzo. Quelle più rilevanti per il mercato sono il brent (generalmente indicato come il petrolio del Mare del Nord) e il wti (petrolio americano).

L’altalena del greggio

L'altalena del greggio

I prezzi del petrolio di qualità brent (linea in grassetto) sono ai massimi degli ultimi otto anni, ma lontani dai picchi registrati nel 2007 – un altro mondo, gli Stati Uniti ancora non erano grandi produttori di gas grazie a quello da scisti bituminosi. I prezzi del petrolio di qualità wti (linea sottile) si sono sempre mossi sostanzialmente in linea con quelli del brent, ma durante la fase più pesante della crisi sono anche andati sottozero. I dati nel grafico sono quelli giornalieri forniti da Refinitiv e in dollari Usa – la valuta in cui in genere si scambia il petrolio.

Le ragioni della corsa del petrolio

Le motivazioni sono diverse. In prima battuta c’è il fatto che grazie alla campagna vaccinale condotta a tempo di record, l’economia mondiale è ripartita più forte e più rapidamente del previsto. I dati sulla crescita economica del 2021 sono stati impressionanti e la ripresa ha determinato un aumento della domanda di energia – per far funzionare le attività, per i trasporti dei beni di consumo… – superiore al previsto. Le compagnie petrolifere, però, vista la situazione di crisi della domanda nei primi mesi del 2020, avevano iniziato a sospendere l’attività delle trivelle: nel 2021 le attività di estrazione delle grandi compagnie petrolifere si sono ridotte di circa il 36% rispetto ai livelli del 2019. Insomma si è creato uno squilibrio tra domanda e offerta che come accade per ogni bene ha determinato la spinta al rialzo dei prezzi del greggio. E in questi ultimi giorni il fenomeno è stato ulteriormente acutizzato dal fatto che i principali Paesi esportatori di greggio hanno deciso di aumentare solo lentamente l’attività delle trivelle delle proprie compagnie nazionali e dai timori di un conflitto in Ucraina, che potrebbe ulteriormente ridurre gli afflussi di energia all’Europa.

I prezzi del petrolio, come in generale quelli di tutte le materie prime, tendono a fare diversi alti e bassi nel corso degli anni, seguendo anche i cicli economici. È un fenomeno normale che è legato ai progressivi squilibri tra domanda e offerta: quando la domanda di un bene supera l’offerta i prezzi salgono, quando è l’offerta a superare la domanda, i prezzi di quel bene scendono.

Dove andrà a finire il greggio?

La corsa continuerà? C’è chi si attende che nel breve periodo si possano superare anche i 100 dollari al barile, ma abbiamo dubbi sul fatto che i prezzi si possano stabilizzare su valori sopra i 100 dollari. In prima battuta, già per il 2022 le attese di crescita economica non sono ai livelli del 2021 e sono state progressivamente ridotte complice la corsa dell’inflazione che rischia di frenare i consumi. Questo dovrebbe poter raffreddare un po’ la spinta della domanda di petrolio. Inoltre, da un lato la distensione delle relazioni con alcuni Paesi – pensiamo soprattutto all’Iran – e dall’altro la ripresa di alcuni progetti di trivellazione che sono profittevoli solo con prezzi del greggio particolarmente elevati potrebbero far arrivare sul mercato quantità di greggio finora impreviste. Insomma lo squilibrio tra domanda e offerta potrebbe rientrare, determinando un raffreddamento dei prezzi del greggio. Non per nulla le scommesse su un rialzo del petrolio da parte del mondo finanziario, per quanto ancora nettamente superiori a quelle di una discesa, si sono un po’ ridimensionate rispetto a quelle di un anno fa. Insomma, il prezzo del petrolio, a meno di un precipitare della tensione in Ucraina (al momento sembra esclusa), potrebbe aver terminato il grosso della sua corsa, sebbene non ci aspettiamo una brusca caduta a breve: per il 2022 stimiamo valori medi intorno agli 80-85 dollari al barile, mentre per il 2023 ci aspettiamo un ripiegamento verso i 70 dollari medi.

Secondo l’Agenzia americana per l’energia, la produzione statunitense di petrolio aumenterà di circa il 7% nel corso di quest’anno e raggiungerà un nuovo record nel 2023, superando anche il livello del 2019. Sempre secondo le autorità americane già nel 2022 l’offerta di energia a livello mondiale dovrebbe tornare a superare la domanda di greggio, permettendo una ricostituzione delle scorte petrolifere che dovrebbe contribuire a contenere il prezzo del greggio. 

Che fare in questa situazione?  I nostri consigli: Etc sul greggio, azioni petrolifere…