I numeri del mercato del lavoro statunitense sono stati decisamente positivi. Nel solo mese di marzo sono stati creati 431.000 nuovi posti di lavoro, mentre il tasso di disoccupazione è sceso al 3,6%, oramai allineato al minimo storico del 3,5% raggiunto all'inizio del 2020. Va inoltre notato che il numero di posti di lavoro creati nei due mesi precedenti è stato rivisto al rialzo, portando la media mensile per il primo trimestre a 562.000 creazioni di posti di lavoro al mese. Per il tasso di disoccupazione il dato odierno è migliore delle attese (fissate al 3,7%), mentre il dato sulle buste paghe è leggermente sotto le attese (a 490.000 unità). Una piccola ombra in un quadro, però, positivo.
Sempre più americani hanno uno stipendio e quindi i mezzi per consumare. Ciò fa ben sperare per un'economia che dipende per circa il 70% dalla domanda privata ed è – quindi – ben isolata da shock esterni come la guerra in Ucraina. L'unica ombra in questo quadro è un aumento delle retribuzioni orarie, certamente significativo (+5,6% in un anno), ma insufficiente a compensare pienamente l'inflazione che era già al 7,9% ed è destinata ad aumentare ulteriormente.
Non è quindi il momento dell'euforia e l'inflazione rimane un rischio significativo per la più grande economia del mondo. Tuttavia, con questi dati, pur pensando ad un rallentamento della crescita a stelle e strisce, l’opzione di una recessione non è, al momento, all’orizzonte.