Nella sua ultima riunione di politica monetaria, la Banca centrale turca ha abbassato i tassi di interesse al 13% (dal 14%). Questa decisione, presa controcorrente rispetto a ciò che sta facendo la generalità delle Banche centrali dell'Occidente, potrebbe far precipitare di nuovo sotto attacco la lira turca.
E tutto questo per una buona ragione: negli Stati Uniti, come nella maggior parte dei Paesi europei, gli investitori devono fare i conti con tassi di inflazione che si aggirano intorno al 9% mentre i tassi d’interesse sono, per la maggior parte, tra lo 0% e il 2,5% a seconda del mercato. I tassi reali sono quindi in gran parte negativi. Tuttavia, in Turchia il fenomeno assume una proporzione completamente diversa. A luglio l'inflazione era del 79,6%. Il tasso di interesse di riferimento è quindi negativo per il… 66,6%!
Questa decisione è una sorta di “vittoria” politica – non certo economica - per il presidente Erdogan, che sostiene la teoria economica secondo cui alti tassi di interesse portano inflazione. Tuttavia, l'ortodossia finanziaria sostiene il contrario (si aumentano i tassi per ridurre la domanda e quindi le pressioni inflazionistiche). L'obiettivo di inflazione del 5% della Banca centrale turca è quindi oramai dimenticato. Di conseguenza, la Turchia dovrebbe entrare in un nuovo periodo di turbolenza durante il quale troverà estremamente difficile attrarre il capitale straniero necessario per finanziarsi. Peggio ancora, con i tassi reali così negativi, bisogna assolutamente stare alla larga da tutti gli investimenti – azionari e obbligazionari – in Turchia.