Il tasso di riferimento per i mutui negli Stati Uniti (quello a 30 anni a tasso fisso) è arrivato al 6,02%. Questo è il valore più alto dal 2008 e dalla crisi dei subprime, e rappresenta un aumento vertiginoso rispetto al 2,86% della stessa settimana del 2021.
Tutto ciò dovrebbe comportare un grave freno alla crescita dei prezzi immobiliari negli Stati Uniti e al settore delle costruzioni, ma dovrebbe pesare anche sulle famiglie, sul loro morale e sulla loro capacità di consumare. Le ragioni sono molte. La prima è che gli americani sono in un certo senso i “campioni” del rifinanziamento, poiché sono in grado di rifinanziare il loro mutuo molto più facilmente degli europei. Ne approfittano, infatti, per prendere in prestito a un costo inferiore (quando i tassi di interesse scendono) o per prendere in prestito importi più elevati (quando il valore della loro proprietà aumenta). Soldi che danno una spinta alla loro capacità di spendere. L'effetto ricchezza degli immobili non è quindi semplicemente psicologico. È molto reale e l'aumento dei prezzi immobiliari si traduce in un aumento della loro capacità di consumare di più. Con il tasso di riferimento al 6% e la possibilità che la crescita dei prezzi delle case frenino, questo meccanismo di finanziamento e di conseguente capacità di spesa potrebbe bloccarsi.
Dopo il forte aumento dei prezzi degli immobili residenziali registrato negli ultimi tempi - l'indice Case-Shiller delle 20 principali città è aumentato del 18,6% su base annua a giugno - questo aumento dei tassi di interesse può anche essere vantaggioso, riducendo l'euforia in questo mercato, ma non bisogna illudersi: a tali livelli, i tassi di interesse peseranno davvero sulle famiglie e renderanno ancora più difficile l'accesso alla proprietà della casa. Questo è un altro fattore che peserà sull'economia statunitense nei prossimi trimestri e contribuirà al crescente rischio di un atterraggio di fortuna dell'economia statunitense.