Sono molti i dati che arrivano dalla Cina, ma tutti sono accomunati da un unico filo conduttore: la crescita rallenta e questo ha essenzialmente come responsabile il settore immobiliare, che sta zavorrando l’intera economia.
Il Pil del secondo trimestre è cresciuto del 4,7% rispetto al trimestre precedente ed è dunque risultato nettamente più lento delle attese a +5,1% e rallentando rispetto al 5,3% del primo trimestre del 2024. La produzione industriale, con il suo +5,3%, ha mostrato un rallentamento, ma il dato è stato comunque superiore alle attese, che prevedevano +4,9%. Si tratta dunque di una frenata anche per l’industria, seppur inferiore alle previsioni. I consumi mostrano invece una frenata ben peggiore, visto che le vendite al dettaglio, con il loro +2% annuo, non solo rallentano rispetto a maggio (+3,7%) e fanno peggio rispetto alle attese (+3,3%), ma segnano anche la crescita più lenta da fine 2022. Si salvano solo gli investimenti fissi, che nei primi sei mesi fanno segnare +3,9%, la stessa crescita fatta segnare nei primi cinque mesi. Il grande malato rimane comunque il settore immobiliare, che non sembra essere in grado di riprendersi, nonostante il piano approntato dal Governo. Gli investimenti immobiliari si sono contratti del 10,1% nei primi sei mesi dell’anno, allo stesso ritmo dei primi cinque mesi. I cali dei prezzi delle case sono addirittura aumentati.
La nota positiva arriva dal surplus commerciale, che si è avvicinato a 100 miliardi di dollari (99,1 miliardi di euro). L'avanzo record del mese è in parte spiegato dalla domanda debole nel mercato cinese, che sta pesando sulle importazioni, che sono diminuite del 2,3% su base annua. D'altra parte, nonostante i dazi doganali imposti qua e là sul Made in China, l'export continua a crescere a ritmi costanti, evolvendosi dell'8,6% in un anno. Il dato sulle importazioni è comunque un altro indizio della debolezza della domanda interna, come lo è anche il dato sull’inflazione.
In Cina il rischio deflazione continua ad essere reale e non è solo lo spauracchio degli osservatori più pessimisti. I dati sui prezzi di giugno, infatti, mostrano un carovita annuale allo 0,2%, in rallentamento dallo 0 4% di maggio e sotto l'attesa dello 0,3%. Addirittura, a livello mensile i prezzi sono scesi dello 0,2%, mettendo così a segno il secondo mese consecutivo con un'inflazione negativa (a maggio i prezzi avevano fatto -0,1%). Se si guarda ai prezzi alla produzione cinesi, continua la deflazione: -0,8% annuale. È da ottobre 2022 che i prezzi alla produzione cinesi sono negativi.
Cosa fare? La competitività dei prodotti cinesi è innegabile e rimane uno dei principali driver di crescita. Inoltre, la Cina ha tutti i mezzi per far fronte a questi problemi di breve termine e il potenziale a lungo termine rimane intatto. Continuiamo a investire in Cina in tutti i nostri portafogli.