La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina si intensifica, con ripercussioni sull'economia cinese. Gli Stati Uniti, con un aumento dei dazi sulle merci cinesi, hanno acuito le tensioni commerciali. In risposta, la Cina ha adottato una strategia di graduale indebolimento dello yuan. Questa mossa è vista come un modo per sostenere le esportazioni cinesi, in particolare verso i partner commerciali non statunitensi, compensando così l'impatto negativo dei dazi. Il valore dello yuan è sceso ai livelli più bassi da quindici mesi rispetto a un paniere di valute e ha toccato i minimi dalla crisi finanziaria globale nei confronti del dollaro. La Banca Popolare Cinese sta gestendo questo deprezzamento in modo misurato per evitare scosse ai mercati e ulteriori attriti con gli Stati Uniti, che già accusano la Cina di manipolare la sua valuta.
Parallelamente, la Cina sta affrontando una persistente deflazione dei prezzi al consumo (-0,1% annuale a marzo), con un calo registrato anche a marzo. Questa situazione, unita all'inasprimento della guerra commerciale, rischia di esercitare ulteriore pressione al ribasso sui prezzi. Sebbene l'inflazione core (che esclude alimentari ed energia) abbia mostrato un leggero rimbalzo, la deflazione a livello di prezzi alla produzione continua da trenta mesi. Questa situazione potrebbe spingere la Banca Centrale cinese a considerare ulteriori misure di stimolo economico e potenziali tagli dei tassi di interesse. La Cina ha annunciato piani per aumentare la spesa pubblica e incentivare i consumi interni come strategia per contrastare le sfide poste dai dazi. In sintesi, la combinazione di dazi elevati, yuan in indebolimento controllato e pressioni deflazionistiche delinea un quadro economico complesso per la Cina, in cui le politiche monetarie e fiscali giocano un ruolo cruciale per mitigarne gli effetti.
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