All’inizio di maggio, l’inflazione in Messico ha registrato un’accelerazione inattesa, salendo al 4,22% su base annua, sopra le attese che si fermavano al 4,02%. Anche l’inflazione di base, che esclude i beni più volatili come energia e alimentari, è aumentata fino al 3,97%. Numeri che in altri contesti avrebbero spinto le banche centrali a restare caute, o addirittura a pensare a un rialzo dei tassi. Eppure, in Messico, il contesto macroeconomico racconta una storia più complessa.
Nel primo trimestre del 2025, infatti, l’economia ha rallentato, registrando una crescita del PIL limitata allo 0,2% rispetto al trimestre precedente. Una dinamica fiacca, che riflette una domanda interna debole e un contesto globale ancora incerto. In prospettiva, per tutto il 2025 si prevede un modesto +0,1%, con una ripresa più decisa solo nel 2026 (+1,5%).
Ed è proprio per questo che, nonostante l’inflazione superiore alle attese, la banca centrale messicana (Banxico) potrebbe optare per un taglio dei tassi di interesse di mezzo punto percentuale già nella prossima riunione di giugno. Una mossa che potrebbe sembrare controcorrente, ma che ha un obiettivo chiaro: stimolare un’economia che rischia di rimanere troppo a lungo in una fase di stagnazione.
La sfida per Banxico sarà quella di bilanciare due forze opposte: l’urgenza di rilanciare l’economia e la necessità di mantenere l’inflazione sotto controllo. Un equilibrio delicato, in cui ogni mossa di politica monetaria deve essere calibrata con grande precisione.
Per quanto riguarda gli investimenti, le obbligazioni in peso messicani non sono da acquistare, mentre per la Borsa controlla i nostri portafogli.