Ad aprile, l’inflazione annuale in Turchia è scesa al 37,9%, in lieve rallentamento rispetto al 38,1% registrato a marzo. Sebbene questa frenata vada nella direzione auspicata, è stato più contenuto del previsto: i mercati, infatti, si attendevano un calo al 38%, segno che le pressioni sui prezzi restano forti e la strada verso la stabilità è ancora lunga.
Il contesto in cui si inserisce questo dato è estremamente complesso. La Turchia sta attraversando una fase delicata sia sul piano economico che politico. Uno degli eventi più recenti e significativi è stato l’arresto del sindaco di Istanbul e figura centrale dell’opposizione. Questo episodio ha generato un’ondata di sfiducia nei mercati, innescando una delle più gravi svalutazioni della lira turca degli ultimi mesi: in poche ore, la valuta ha perso oltre il 10% del suo valore rispetto al dollaro. La perdita di valore della lira ha effetti diretti sull’inflazione, poiché aumenta i costi delle importazioni, soprattutto quelle energetiche e alimentari, aggravando la pressione sui prezzi interni.
Di fronte a questa situazione, la Banca centrale turca è intervenuta in modo deciso, abbandonando la precedente politica di tagli ai tassi di interesse. Al contrario, ha optato per un aumento dei tassi di riferimento e ha rafforzato i requisiti di riserva per i depositi in valuta estera di 200 punti base (2%). L’obiettivo è duplice: frenare la domanda di valuta estera, che alimenta la fuga dalla lira, e ristabilire una parvenza di fiducia nel sistema economico nazionale.
Guardando al futuro, le autorità monetarie sembrano orientate a mantenere tassi elevati nel breve termine, nel tentativo di stabilizzare la lira e attirare capitali stranieri. Se questa strategia riuscirà a consolidare le riserve valutarie del Paese e a contenere l’inflazione, non si esclude un possibile allentamento della politica monetaria nei prossimi mesi. Un fattore di supporto potrebbe arrivare dal turismo, settore che tradizionalmente offre un contributo significativo in termini di entrate in valuta pregiata, soprattutto durante la stagione estiva.
Le previsioni più recenti suggeriscono che l’inflazione turca potrebbe chiudere l’anno intorno al 31%, a patto che non si verifichino ulteriori shock, come nuove svalutazioni della lira, aumenti salariali imprevisti, modifiche nei prezzi fissati dal governo o picchi nei prezzi delle materie prime. Tuttavia, ciascuno di questi elementi resta fortemente instabile.
Le cause strutturali dell’inflazione turca sono molteplici e interconnesse. La svalutazione cronica della lira, l’instabilità politica, le politiche monetarie incoerenti degli anni passati, l’aumento dei prezzi globali delle materie prime e una domanda interna vivace, ma talvolta squilibrata, hanno creato un mix esplosivo che rende difficile l’opera di contenimento dei prezzi. In questo scenario, ogni decisione economica si intreccia inevitabilmente con il clima politico, rendendo ancora più complicata la previsione di uno scenario stabile nel medio termine.
Per quanto riguarda gli investimenti, le obbligazioni in lira turca non sono da acquistare, mentre per le azioni controlla i nostri portafogli.