Giovedì 24 la BCE si riunirà per decidere cosa fare con i tassi di interesse. Dopo ben otto tagli al costo del denaro, l'istituto di Francoforte si prenderà una pausa, rimandando ogni decisione a dopo l'estate. A far propendere per questa previsione sono diversi fattori. In primo luogo, ci sono i dati, punto di riferimento imprescindibile per la BCE nel prendere decisioni, secondo l'approccio “guidato dai dati” che viene ribadito da tempo. I numeri indicano che l'obiettivo sull’inflazione è stato di fatto raggiunto, come confermato dalla stessa Banca Centrale Europea per voce della presidente Lagarde. In questa situazione, dunque, non vi è urgenza nel proseguire con il taglio dei tassi di interesse.
Se i dati attuali fotografano la situazione in cui ci troviamo — pur trattandosi in parte di dati passati — fondamentali sono anche le attese per il futuro. I salari sono previsti in rallentamento nei prossimi mesi, riducendo così le pressioni inflazionistiche. Inoltre, la forza dell’euro sul mercato valutario potrà avere un effetto disinflazionistico nei prossimi mesi. Dunque, non solo i dati attuali, ma anche le previsioni delineano un contesto in cui l’inflazione sembra sotto controllo.
C'è poi l'incertezza legata alla questione dei dazi. Ad oggi non è possibile sapere come si concluderà la negoziazione con gli Stati Uniti. Le tensioni commerciali stanno sicuramente creando difficoltà alla BCE, in quanto l'aliquota del 30% minacciata dall’amministrazione Trump è superiore a quella ipotizzata dalla stessa BCE nelle sue stime. Potrebbe quindi presentarsi una situazione ben peggiore di quella prevista da Francoforte. Tuttavia, è anche vero che i capovolgimenti di fronte con l'attuale amministrazione statunitense sono all’ordine del giorno, e non si può escludere che gli accordi commerciali portino a un'aliquota inferiore. Con le informazioni attualmente disponibili, non è neppure possibile escludere scenari ancora peggiori, con eventuali ritorsioni da parte dell’Unione Europea qualora le rinegoziazioni dovessero fallire. A settembre, dunque, per quanto riguarda le politiche commerciali, ci si potrebbe trovare in una situazione migliore o peggiore di quella oggi prevista. Di fronte a questa incertezza, e dato che non vi è alcuna urgenza legata ai dati e alle attese in termini di inflazione, la scelta più prudente è quella di rimanere fermi.
Inoltre, a settembre — come ogni trimestre — la BCE aggiornerà le sue previsioni. In quel momento si avranno quindi nuove prospettive sulla crescita economica e sull’andamento del caro vita, oltre alla possibilità di disporre, auspicabilmente, di maggiori informazioni sul fronte dei dazi. È dunque evidente che a settembre si potrà prendere una decisione basata su un numero di elementi più ampio rispetto a luglio.
Se dunque in questa riunione la BCE lascerà i tassi invariati, cosa farà successivamente? Secondo le stime dei mercati, è previsto un altro taglio ai tassi di interesse. I tassi sui depositi BCE saranno quindi portati, dopo l’estate ed entro fine anno, all’1,75%. In questo modo si raggiungerebbe l’intervallo compreso tra l’1,75% e il 2,25%, all’interno del quale il costo del denaro può considerarsi neutrale.