I bond ai tempi della crisi in Ucraina

Analisi
Analisi
LA SITUAZIONE EUROPEA
L’attacco russo all’Ucraina non poteva non avere riflessi anche sui mercati obbligazionari e valutari, così come potrebbe avere degli impatti, in prospettiva, sulle mosse delle Banche centrali.
I mercati più colpiti sono stati quelli europei, non solo per la vicinanza geografica con l’Ucraina, ma anche, e soprattutto, per le maggiori relazioni commerciali e finanziarie con la Russia. Infatti, le sanzioni comminate alla Russia avranno un impatto maggiore sui Paesi del Vecchio Continente, mentre per gli Stati Uniti, almeno nei contenuti attuali, non dovrebbero avere impatti rilevanti.
La scorsa settimana, dunque, l’euro ha perso terreno nei confronti non solo delle valute di cui consigliamo i bond, ma anche nei confronti delle valute dei suoi partner commerciali mondiali – vedi grafico. E così il dollaro Usa si è apprezzato dell’1,2% (ce ne vogliono 1,12 per fare un euro), lo yen giapponese ha guadagnato lo 0,7% (129,64 per un euro), mentre lo yuan ha messo su l’1,4% (ne servono 7,08 per un euro).
I PRODOTTI CONSIGLIATI
Nordea 1 swedish short term bond (-0,4%)
Nordea 1 norwegian bond BP (+1%)
Ubs Japan Treasury 1-3y (+1%)
iShares China CNY Bond ucits (+0,5%)
AXA WF US Dynamic HY bonds A (+1,5%)
iShares $ High Yield Corp Bond (+1,8%)
iShares $ treasury 1-3y acc B (+0,6%)
La settimana dell’euro
La valuta unica ha perso nei confronti di tutte le divise consigliate nei nostri portafogli – con l’eccezione della corona svedese. Allargando il campione, l’euro ha perso anche nei confronti delle valute dei suoi partner commerciali (è l’euro index che trovi citato nel grafico).
Bond euro: governativi e ad alto rendimento
La scorsa settimana a soffrire di più sono stati i bond ad alto rendimento, mentre quelli governativi hanno decisamente retto il colpo.
A gennaio l’inflazione della zona euro è salita del 5,1% su base annua, in accelerazione dal +5% di dicembre.
Per quanto riguarda la corona svedese, la settimana si è chiusa in un sostanziale pareggio con l’euro (+0,05%; 10,58 per un euro), essendo anch’essa una divisa di un Paese europeo – e quindi potenzialmente colpita dalle sanzioni. Fa eccezione la corona norvegese, cha ha invece chiuso la settimana con un guadagno dell’1,7% (ne servono 9,97 per un euro). Anche in questo caso il movimento della valuta norvegese ha un senso: con l’invasione dell’Ucraina sono saliti i prezzi dell’energia, di cui la Norvegia è un grande produttore ed esportatore.
Per quanto riguarda i bond, i titoli governativi hanno retto il colpo (in media hanno perso lo 0,1%), mentre le obbligazioni ad alto rendimento hanno ceduto, in media, l’1,1%. Anche in questo caso la spiegazione è immediata. I titoli ad alto rendimento sono emessi da società la cui situazione finanziaria non è delle migliori, per cui nel momento in cui il contesto di mercato peggiora, loro sono più a rischio e il loro prezzo reagisce scendendo.
L’altra grande incognita è poi legata a come tutto ciò influenzerà la Banca centrale europea, che aveva annunciato per marzo una revisione e possibili novità nella sua politica monetaria.
In generale, come comportarsi coi propri soldi con questi bond? I nostri portafogli sono confermati.
A febbraio l’indice PMI della zona euro ha fatto segnare 58,4, leggermente sotto le attese fissate a 58,7. Il dato è ancora ampiamente sopra i 50 punti, valore che segna lo spartiacque tra crescita e contrazione dell’attività. Per approfondire lo stato di salute dell’economia della zona euro: www.altroconsumo.it/investi/investire/mercati-e-valute/ultime-notizie/2022/02/zona-euro-ripresa-a-ucraina.
I prodotti che ti consigliamo per i bond della zona euro la scorsa settimana hanno fatto meglio della media di mercato: Xtrackers II iBoxx Eurzn Gv Bd YP 1-3 è rimasto invariato, mentre Amundi high yield liquid ha messo su lo 0,6%.
LA SITUAZIONE AMERICANA
Negli Usa, la situazione legata alla Russia sembra poter avere meno effetti negativi sull’economia, ma questo non ha evitato riflessioni su cosa farà la Banca centrale americana. La Fed, storicamente, in situazioni di crisi internazionali ha sempre temporeggiato, evitando rialzi nei tassi. Questa volta, però, la situazione potrebbe essere diversa. L’inflazione continua, infatti, a correre a livelli che non si vedevano da 40 anni e, come detto, le sanzioni alla Russia non dovrebbero avere serie ripercussioni sull’economia a stelle e strisce. Inoltre, i prezzi dell’energia non scenderanno, tutt’altro visto la guerra in Ucraina, e dunque le attese di inflazione per i prossimi anni sono ancora ben sopra il 2% obiettivo. In una situazione come questa, non ci sono i presupposti per rinunciare ad alzare i tassi. Quello, però, che i mercati hanno iniziato a pensare è che l’aumento nel costo del denaro nella riunione di marzo sia solo dello 0,25%. Il 10 febbraio scorso, infatti, il mercato prevedeva con un 94% di possibilità che i tassi possano essere alzati dello 0,5% nella prossima riunione di marzo. Ora, invece, c’è solo un 5% di probabilità che il rialzo possa essere dello 0,5%. Rimane, comunque, scontato il rialzo, che però ora si prevede solo dello 0,25%.
Il Pil del quarto trimestre del 2021 negli Usa è salito del 7% come da attese. È un altro elemento che spingerà la Fed ad alzare sicuramente i tassi a marzo.
Attendi, stiamo caricando il contenuto