Quella curva tanto pericolosa

Analisi
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In una settimana in cui non ci sono stati dati macroeconomici rilevanti dalle maggiori economie mondiali, i riflettori sono stati tutti per la Fed, la Banca centrale americana. Il suo governatore ha affermato che c’è un’evidente necessità di agire rapidamente per abbondonare una politica monetaria generosa e quindi passare a livelli più restrittivi se è ciò che è necessario fare per ripristinare la stabilità dei prezzi. In altri termini, c’è bisogno di alzare i tassi velocemente per combattere l’inflazione negli Usa. Questo ha portato subito ad un cambiamento nelle aspettative del mercato per quanto riguarda il livello dei tassi Usa. Prima ci si attendevano in tutto 7 rialzi da 0,25% in questo 2022, e dunque un livello a fine anno del costo del denaro a stelle e strisce tra l’1,75% e il 2%. Dopo le parole di Powell, però, le cose sono cambiate. Nelle prossime due riunioni, infatti, il mercato si attende sempre un rialzo dei tassi, ma in entrambi i casi dello 0,5%, seguiti poi da altri quattro rialzi in altrettante riunioni, quindi un livello decisamente più alto di quanto era nei preventivi fino a meno di due settimane fa. E non è tutto. Nella prossima riunione di maggio ci si attende che la Fed dia inizio anche alla riduzione del suo bilancio. Dunque, la politica monetaria Usa è destinata, proprio come detto dal governatore Powell, a non essere più espansiva e lo farà anche più velocemente di quanto atteso.
La riduzione del bilancio di una Banca centrale avviene quando quest’ultima non reinveste più in nuovi bond quelli che erano stati comprati durante i piani di acquisto e che man mano vanno in scadenza.
I mercati non hanno, però, come sola reazione quella di modificare le proprie attese, ma anche i rendimenti dei bond quotati, visto che devono rendere coerenti i rendimenti effettivi sul mercato a quelle che sono le prospettive per il futuro. Per questo motivo, il tasso del titolo di Stato decennale Usa è salito progressivamente per chiudere al 2,48%, ma il dato che più ha inquietato i mercati è un altro. La curva dei tassi è sempre meno inclinata.
La curva dei tassi di interesse rappresenta il rendimento di un’obbligazione (titolo di Stato, societaria) per ogni data scadenza. È spesso utilizzata come indicatore delle aspettative sull’andamento futuro dell’economia. Una curva dei tassi che “sale”, quando cioè i tassi a lunga scadenza sono più alti di quelli a breve scadenza, indica che ci si aspetta una crescita economica. Al contrario, se la curva “scende”, ci si attende una recessione.
I rendimenti a 10 anni sono più alti di quelli a due anni solo dello 0,18%, mentre per le scadenze a 3-7 i tassi sono già addirittura già più alti. Non è un segnale positivo, perché quando i tassi sulle scadenze a 2 anni sono più alti di quelli a 10 anni, significa che il mercato si attende per il futuro una recessione. Come detto, però, si tratta al momento di un segnale e di una situazione da monitorare, ma ancora non c’è nulla di veramente preoccupante. Prima di tutto perché i tassi a breve sono quelli che reagiscono più intensamente, e anche più velocemente, al cambio delle attese sul livello dei tassi ufficiali della Fed.
Tassi e recessioni
La linea in grassetto rappresenta la differenza tra i tassi a 10 anni e 3 mesi (scala destra). Le zone in grigio rappresentano le recessioni Usa, mentre la linea sottile (scala destra) rappresenta la probabilità di recessione negli Usa (calcolata dalla Fed di New York).
Prevedere tassi in rialzo dello 0,5% nelle prossime due riunioni significa aspettarsi un costo del denaro nettamente più alto nel giro di 2 mesi e mezzo: in quest’ottica un rialzo dei tassi sulla parte più breve della curva può essere sensato. Inoltre, se la differenza tra i tassi a 10 e 2 anni è un campanello d’allarme, un secondo livello di guardia, ancor più pericoloso, è la differenza tra i rendimenti a 10 anni e 3 mesi: se anche in quel caso i tassi sui 3 mesi sono più alti, allora la situazione è realmente preoccupante. Oggi, questa differenza è ancora ampia (attorno al 2%), per cui c’è sicuramente da vigilare sulla dinamica dei tassi, dopo tutto è una situazione in divenire, ma le probabilità di recessione negli Usa ad oggi sono ancora basse – vedi grafico. In una situazione del genere, il consiglio è di puntare sui titoli di Stato Usa con scadenze brevi, con l’Etf iShares $ treasury 1-3y acc B (invariato) o sui bond ad alto rendimento con un prodotto tra AXA WF US Dynamic HY bonds A (-0,1%) e iShares $ High Yield Corp Bond (-0,3%).
Il rialzo dei tassi sul mercato riguarda anche la zona euro. I rendimenti continuano a salire per i bond di eurolandia (+0,12% la scorsa settimana) e anche per i nostri BTp le cose non sono diverse: il decennale è arrivato a rendere il 2,1% lordo annuo. In un contesto di rialzo dei tassi, una scadenza così lunga non è la soluzione migliore per i tuoi investimenti obbligazionari. E spostandosi su scadenze più corte? I rendimenti dei nostri BTp sono sì più alti di quelli visti in questi anni, ma in termini assoluti sono ancora bassi. Per cui, per i tuoi investimenti in bond della zona euro, la scelta deve ricadere, a seconda del portafoglio in cui investi, ancora su Xtrackers II iBoxx Eurzn Gv Bd YP 1-3 (-0,2%) o su Amundi high yield liquid (-0,1%).
La Banca nazionale svizzera ha deciso di mantenere la sua politica monetaria espansiva, confermando i tassi a -0,75% e dichiarandosi disposta ad intervenire sul mercato dei cambi per contrastare le pressioni al rialzo sul franco svizzero che, secondo la Banca, rimane su quotazioni elevate. I bond in franchi svizzeri non sono da acquistare. Per approfondire: www.altroconsumo.it/investi/investire/mercati-e-valute/ultime-notizie/2022/03/banca-svizzera.
LA BANCA NORVEGESE MANTIENE LE PROMESSE
In Norvegia, la Norges bank, la Banca centrale, aveva già annunciato che nella riunione di marzo avrebbe alzato i tassi ufficiali e così è stato. Ora il costo del denaro è allo 0,75% e non è finita qui. Nonostante la guerra in Ucraina abbia creato una maggiore incertezza sulle prospettive economiche, ci sono comunque attese di una continua ripresa dell’economia norvegese. La crescita dei salari e l’inflazione dei beni importati dovrebbero spingere il carovita al rialzo e dunque la Norges Bank ha già anticipato che a giugno i tassi saranno alzati ancora, portandoli all’1%. La corona norvegese ha reagito con un +1,8% (ce ne vogliono 9,52 per un euro) e i bond in questa valuta sono confermati nel portafoglio difensivo e neutro con un peso del 5%. Il prodotto per investirci rimane Nordea 1 norwegian bond BP (+0,6%).
Ricorda di visitare sempre quotidianamente il nostro sito www.altroconsumo.it/investi: ogni giorno puoi trovare nuove analisi su dati macroeconomici, ma non solo, anche su azioni e sulle altre notizie che influenzano i mercati. Ad esempio, mercoledì 30 troverai il report sul Pil Usa, giovedì 31 quello sull’inflazione italiana di marzo e venerdì 1° aprile quello sulla disoccupazione Usa.
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