La settimana delle obbligazioni: tra rating, conflitti e inflazione…

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
Giovedì 26 ottobre la Bce si riunisce per decidere cosa fare con i tassi d’interesse, in un momento in cui l’incertezza è padrona incontrastata nel mondo. Il conflitto tra Israele e Hamas può essere foriero di nuovi problemi, a seconda della portata, temporale e geo-politica, che assumerà. A fronte di queste incertezze per il futuro c’è la situazione attuale, e in particolare i dati oggettivi dell’altra grande variabile che sta tenendo in scacco i mercati, le Banche centrali e le economie: l’inflazione. Quella della zona euro è stata confermata a settembre al 4,3%, in linea con la stima preliminare, mentre quella di fondo è confermata al 4,5% annuo. Considerando l’attuale livello dell’inflazione, i dati che segnano un rallentamento a livello economico e il rialzo dei rendimenti di mercato – che determinano condizioni più stringenti a livello monetario – nella riunione di questa settimana la Bce dovrebbe prendersi una pausa. Ma si tratterà, appunto, di una pausa, senza decretare la fine dei rialzi dei tassi. A livello di comunicazione è molto probabile che la Bce lasci aperta la possibilità a nuovi rialzi, ripetendo il messaggio secondo cui le decisioni saranno prese in base ai dati e che la Banca centrale è pronta a intervenire per assicurare la convergenza dell’inflazione al 2% obiettivo. A livello operativo, ti confermiamo la strategia sulle obbligazioni in euro, sia per quanto riguarda la percentuale con cui devono essere presenti in portafoglio, sia per la scelta dei prodotti.
IL RATING DELL’ITALIA
Il primo esame del rating è stato superato dall’Italia. S&P ha, infatti, confermato il giudizio a BBB, con outlook stabile -cioè per il futuro non sono previsti né miglioramenti né peggioramenti. S&P ha, però, rivisto al ribasso le stime di crescita per il nostro Paese e prevede che il Pil cresca a un tasso superiore all’1% solo dal 2025. Insieme a ciò, anche il risanamento dei conti sarà più lento, a causa del rallentamento dell'economia e dell'aumento degli interessi in percentuale del Pil, che raggiungeranno il 4,2% l'anno prossimo rispetto al 3,6% del 2021. Insomma, giudizio confermato, ma le condizioni dell’Italia sono comunque peggiori.
Quello di S&P, così come sarà quello di Fitch, era però il giudizio meno problematico. Quello più pericoloso è quello di Moody’s, che arriverà il 20 novembre. Per Moody’s, infatti, il rating è Baa3, cioè l’ultimo gradino prima dei bond spazzatura, e l’outlook è negativo. Una bocciatura, dunque, farebbe entrare il nostro debito pubblico nel novero dei junk bond. Puoi, però, arrivare preparato a questa evenienza senza doverti preoccupare troppo, se dovesse accadere, dei tuoi investimenti. Devi però investire nel modo corretto già da ora: se ci pensi dopo, rischi di rimetterci di più. Come fare? Leggi qui.
USA: FED E CURVA DEI TASSI
Il rialzo dei rendimenti interessa anche il mercato obbligazionario Usa, anch’esso alle prese con il tentativo di trovare un equilibrio tra le scelte della Fed, l’inflazione, un’economia che non sembra volerne sapere di cedere alla recessione e, inevitabilmente, gli impatti della situazione in Israele. Anche per gli Usa, però, partiamo dai dati oggettivi. Secondo il Beige book della Fed, il bollettino sullo stato di salute dell’economia a stelle e strisce, l’attività economica Usa è stabile o al massimo con una crescita solo leggermente più debole, mentre l’inflazione continua a procedere a un passo modesto. Insomma, nessun segnale di allarme sulle sorti della crescita economica. Ci sono poi le parole del governatore della Fed, secondo il quale un rialzo dei tassi a novembre è improbabile, ma non ha escluso ulteriori aumenti per il futuro. Il comitato decisionale della Fed, infatti, sta procedendo con cautela, ma l'evidenza non è che la politica sia troppo restrittiva in questo momento.
Una parte del lavoro la stanno infatti facendo i rendimenti obbligazionari, che stanno inasprendo le condizioni finanziarie. Per questo, la pausa di novembre della Fed non deve essere letta fine dei rialzi dei tassi. Dopotutto, lo stesso Powell ha detto che l’inflazione è ancora troppo alta. Inoltre, fine dell’aumento del costo ufficiale del denaro non significa fine del rialzo dei rendimenti sui mercati. Anche in uno scenario di pausa della Fed con i tassi, i rendimenti dei bond Usa stanno, infatti, aumentando. Tutte le scadenze da due anni in avanti hanno visto crescere i rendimenti, tanto che la differenza tra il rendimento a 10 anni e quello a 2 anni è ancora negativo, ma va avvicinandosi allo zero. È un segnale da monitorare. Una curva dei tassi con i rendimenti sulle scadenze brevi più alti di quelli sulle scadenze lunghe è un fenomeno noto, ma “non naturale”, che col tempo deve rientrare. Al momento confermiamo la strategia sui bond in dollari.
GIAPPONE: CAMBI IN VISTA?
La Banca del Giappone ha annunciato acquisti di obbligazioni non programmati dopo che il rendimento del titolo a 10 anni ha toccato un nuovo massimo decennale, sulle voci di un possibile cambio di rotta della Banca centrale giapponese. È probabile, infatti, che la Bank of Japan discuta l’ipotesi di aumentare le proprie stime di inflazione nella riunione di fine mese. I membri della Banca centrale considerano l'indebolimento dello yen e l'aumento dei prezzi del petrolio come fattori che si aggiungono alle pressioni inflazionistiche esistenti. Se ciò avvenisse, sarebbe un ulteriore segnale che la politica monetaria ultra-espansiva del Giappone potrebbe essere vicina alla fine. Al momento, non ci sono correttivi da apportare alla strategia obbligazionaria giapponese.
CINA: TRA NUBI E SCHIARITE
Il Pil del terzo trimestre cinese è cresciuto del 4,9% su base annua e dell’1,3% rispetto al trimestre precedente, facendo così meglio delle attese che si attendevano, rispettivamente, +4,4% e +1%. Si può azzardare una distinzione per descrivere la situazione cinese. Per il breve termine, una cosa sembra chiara: la crescita della Cina sembra aver toccato il fondo. Allargando lo sguardo, il rischio di un rallentamento della crescita per il prossimo anno permane, anche perché un dato singolo non è sufficiente a tracciare una tendenza, e in più la Cina deve ancora affrontare le difficoltà del suo settore immobiliare. Tuttavia, questi dati permettono di eliminare alcune nubi che stazionavano sull’economia cinese.
COME VANNO I PRODOTTI?
Ubs Japan Treasury 1-3y (-1%)
Nordea 1 norwegian bond BP (-0,8%); Wisdomtree Long Nok Short Eur (-1,5%)
iShares $ treasury 1-3y acc B (-0,9%); iShares $ High Yield Corp Bond (-2,1%)
HSBC GIF Brazil Bond AC USD (-0,2%)
Nordea 1 swedish short term bond (-0,8%); Wisdomtree Long Sek Short Eur (-0,4%)
Xtrackers II iBoxx Eurzone Gov. Bond YP 1-3 (invariato); Xtrackers II High Yield Corporate Bond 1D (-0,6%)
iShares China CNY Bond (-0,8%)
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