Commissioni di uscita
Che cosa sono le commissioni di uscita?
Quando si parla di fondi comuni di investimento uno degli aspetti più rilevanti riguarda i costi. Fra i costi che possono incidere sulla redditività finale ci sono le cosiddette commissioni di uscita, note anche come exit fee.
Si tratta di una somma che l’investitore deve corrispondere nel momento in cui decide di disinvestire la sua partecipazione, cioè quando richiede la liquidazione delle quote del fondo sottoscritte. A differenza delle commissioni di ingresso, quelle di uscita entrano in gioco nella fase finale del rapporto con il prodotto.
La loro funzione non è soltanto economica: hanno anche un significato regolamentare e gestionale. In pratica, non servono solo a generare un guadagno, ma svolgono anche un ruolo di equilibrio per l’intero meccanismo di investimento.
I fondi raccolgono il denaro di migliaia di persone e lo investono in azioni, obbligazioni o altri strumenti. Per gestire bene queste risorse, i gestori hanno bisogno di stabilità e di poter programmare le scelte di acquisto e vendita nel tempo. Se troppi investitori decidessero di uscire tutti insieme, magari dopo poche settimane o mesi, il fondo potrebbe essere costretto a vendere in fretta alcuni titoli presenti in portafoglio per rimborsare le quote.
Per evitare queste situazioni, le commissioni di uscita funzionano come un piccolo ‘freno’. Non impediscono agli investitori di riscattare le proprie quote - cosa che può essere fatta in qualsiasi momento - ma rendono meno conveniente muoversi troppo in fretta o con una visione di breve periodo.
Queste commissioni hanno quindi lo scopo di incentivare un orizzonte temporale coerente con la natura dello strumento. Molti fondi, in particolare quelli azionari o bilanciati, sono concepiti per generare valore in un arco temporale medio-lungo. Se l’investitore ritira il capitale troppo presto, rischia di compromettere la possibilità di ottenere rendimenti soddisfacenti. Applicando una commissione di uscita, la società segnala quindi che l’impegno temporale deve essere rispettato per massimizzare le potenzialità dello strumento.
Infine, c’è anche un aspetto commerciale. Le commissioni di uscita non hanno sempre la stessa destinazione: in alcuni casi restano al fondo stesso, così da compensare i costi legati ai riscatti anticipati e tutelare tutti i partecipanti; in altri casi, invece, vengono riconosciute all’intermediario che ha collocato il prodotto, come la banca o il consulente finanziario, a titolo di remunerazione per l’attività di distribuzione. Questa distinzione è chiaramente indicata nei documenti ufficiali e dipende dalla politica commerciale della società di gestione del risparmio. Non è raro che, per rendere più leggera la fase di sottoscrizione, si scelga di applicare una commissione di uscita al posto di una commissione di ingresso, spostando così il costo dal momento dell’adesione a quello del disinvestimento.
Come incidono sull’investimento?
L’impatto delle commissioni di uscita sulla performance complessiva può essere significativo. Per comprenderlo, è utile considerare un semplice esempio.
Immaginiamo che un investitore abbia versato 10.000 euro in un fondo. Dopo alcuni anni, grazie all’andamento positivo degli investimenti, il valore delle sue quote del fondo è salito fino a 12.000 euro. A questo punto decide di riscattare. Se sul fondo è prevista una commissione di uscita pari al 2% del capitale rimborsato, il costo sarà di 240 euro (il 2% di 12.000). L’investitore riceverà quindi 11.760 euro invece di 12.000.
In pratica, pur avendo guadagnato complessivamente 1.760 euro rispetto all’investimento iniziale, deve comunque considerare che una parte del rendimento è stata ridotta dal costo di uscita.
In questo caso, il costo è evidente e immediato. Ma anche quando le percentuali sono più contenute, l’effetto non va sottovalutato, soprattutto in presenza di più riscatti parziali. Ogni volta che si procede a una vendita, la somma liquidata viene ridotta in misura proporzionale, erodendo il montante disponibile.
Un altro elemento da considerare è la trasparenza. Le società di gestione del risparmio sono tenute a comunicare chiaramente l’esistenza e l’ammontare delle commissioni, sia nel prospetto informativo sia nei documenti chiave per l’investitore come il KID (Key Information Document). È importante che chi sottoscrive sappia che queste spese possono essere applicate e in che misura, così da evitare sorprese al momento del disinvestimento.
Le commissioni di uscita incidono anche sulla flessibilità. L’investitore potrebbe sentirsi vincolato a mantenere il capitale nel fondo più a lungo di quanto desideri, pur di non incorrere nel costo. Questo aspetto non è necessariamente negativo: in alcuni casi contribuisce a mantenere la disciplina d’investimento, impedendo decisioni impulsive. Tuttavia, limita la possibilità di muoversi liberamente sui mercati o di destinare le risorse ad altre esigenze.
Quanto possono essere alte?
L’entità delle commissioni di uscita varia in base al prodotto, alla politica della società di gestione e, talvolta, anche al periodo di permanenza nel fondo. Non esiste una regola unica, ma si possono individuare alcune prassi comuni:
- Percentuali decrescenti nel tempo: spesso la commissione è più elevata nei primi anni e tende ad azzerarsi dopo un certo numero di anni di permanenza. Ad esempio, 3% se si esce entro il primo anno, 2% entro il secondo, 1% entro il terzo e zero successivamente. Questo è volto a incentivare investimenti di medio/lungo periodo.
- Costi fissi o massimali: in altri casi, la commissione si traduce in una percentuale costante (ad esempio 1,5%) applicata in qualunque momento si decida di uscire.
- Assenza di commissioni: alcuni fondi scelgono di non applicare questa voce di costo, privilegiando altre forme di remunerazione come le commissioni di gestione.
La normativa europea sulla trasparenza degli strumenti di investimento richiede che tali costi siano chiaramente indicati. Di conseguenza, l’investitore ha sempre la possibilità di confrontare diversi prodotti e valutare quale soluzione sia più adatta alle proprie esigenze.