Commissioni di ingresso
Che cosa sono le commissioni di ingresso?
Le commissioni di ingresso, anche dette commissioni d'entrata, sono un costo che l’investitore paga nel momento in cui sottoscrive le quote di un fondo comune di investimento. In pratica, è una spesa iniziale che riduce la parte del capitale effettivamente destinata al patrimonio del fondo. L’importo può essere calcolato come percentuale sul capitale investito oppure stabilito come cifra fissa, a seconda delle regole del fondo e dell’intermediario che lo colloca.
Per esempio, se si investono 100 euro in un fondo che prevede una commissione di ingresso del 2%, significa che 2 euro saranno trattenuti come costo e soltanto 98 euro verranno effettivamente convertiti in quote.
Non sempre sono presenti, ma quando esistono devono essere chiaramente indicate nella documentazione ufficiale e sul sito web dell’intermediario.
A cosa servono?
Dal punto di vista delle società di gestione del risparmio, queste commissioni rappresentano una fonte di remunerazione per l’attività di distribuzione del fondo. In altre parole, servono a coprire i costi legati alla rete commerciale, all’assistenza fornita al cliente e al servizio di consulenza eventualmente associato alla sottoscrizione. In alcuni casi, possono anche contribuire a sostenere le spese di marketing o le attività informative collegate al lancio e alla promozione del prodotto finanziario.
È importante sottolineare che non hanno un impatto diretto sulla gestione del patrimonio del fondo, ma incidono soprattutto sulla fase iniziale di accesso da parte del risparmiatore. Proprio per questo motivo vengono considerate come un costo “di ingresso” e non come una spesa legata alla performance o alla strategia di investimento adottata dal gestore.
Come incidono sull’investimento?
Il funzionamento di un fondo comune è basato sul concetto di patrimonio del fondo. Questo patrimonio è la somma del denaro conferito da tutti gli investitori, che viene poi gestito in maniera collettiva dalla società di gestione del risparmio. L’investitore, versando una determinata cifra, riceve in cambio un numero corrispondente di quote di un fondo, il cui valore varia nel tempo in base all’andamento dei mercati e alle scelte di investimento effettuate.
Se all’atto della sottoscrizione viene applicata una commissione di ingresso, il numero di quote acquistate sarà inferiore rispetto al capitale lordo iniziale. Tornando all’esempio dei 100 euro, se la commissione è del 3%, il capitale netto investito sarà di 97 euro. L’investitore riceverà quindi un numero di quote proporzionalmente ridotto.
Questo meccanismo comporta che, prima di registrare un guadagno effettivo, il valore delle quote debba crescere abbastanza da compensare il costo iniziale sostenuto. Proprio per questo motivo è essenziale valutarle con attenzione. Anche una percentuale apparentemente bassa, se rapportata a somme ingenti o a un orizzonte temporale breve, può essere significativa.
Quanto possono essere alte?
Le commissioni di ingresso possono essere molto diverse a seconda del prodotto e della politica commerciale dell’intermediario. In alcuni casi non sono previste; in altri possono arrivare a percentuali del 2%, 3% o anche oltre.
La misura precisa deve essere comunicata al momento della sottoscrizione e riportata nei documenti informativi, come il KID (Key Information Document) e il prospetto del fondo.
Capire il funzionamento delle commissioni di ingresso è utile perché consente di confrontare in modo consapevole diversi strumenti di investimento. Non si tratta dell’unico costo da considerare: spesso sono previste anche commissioni di gestione annue e, in alcuni casi, commissioni di uscita. Tuttavia, il fatto che quelle di ingresso vengano applicate immediatamente le rende particolarmente evidenti.
Per l’investitore, il messaggio principale è che i costi incidono sul rendimento finale. Due fondi con caratteristiche simili, ma con diverse commissioni di ingresso, possono generare risultati differenti nel medio-lungo periodo.