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Cosa ci guadagni quando la tua fintech diventa una banca?

Da fintech a banca

Da fintech a banca

Data di pubblicazione 02 ottobre 2025
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Da fintech a banca

Da fintech a banca

Sicurezza dei depositi, semplificazione fiscale e nuovi servizi: i benefici non sono solo per le aziende, ma soprattutto per i risparmiatori.

Negli ultimi dieci anni il settore della tecnologia finanziaria ha impresso un’accelerazione notevole alla trasformazione dei servizi bancari. Le start-up digitali hanno portato sul mercato soluzioni snelle, intuitive e poco costose, conquistando soprattutto le generazioni più giovani. Per chi ha meno di quarant’anni, aprire un conto in pochi minuti, investire in ETF dal proprio telefono o richiedere una carta senza mai entrare in filiale è diventato qualcosa di naturale.

Questa rivoluzione, tuttavia, ha sempre avuto un limite preciso: l’assenza di una licenza bancaria completa. Gli operatori fintech, infatti, possono ottenere autorizzazioni come istituti di pagamento o emittenti di moneta elettronica, ma non hanno la facoltà di raccogliere depositi garantiti, concedere credito attingendo ai fondi della clientela o agire come sostituti d’imposta. L’esperienza digitale risultava quindi moderna ed efficiente, ma non poteva sostituire del tutto quella offerta da una banca tradizionale.

La scelta di diventare banche

Alcune realtà hanno deciso di affrontare questa barriera, assumendo lo status di banca a tutti gli effetti. È il caso di N26 in Germania e di bunq nei Paesi Bassi, due società nate come start-up digitali e oggi dotate di licenza bancaria piena. In Italia, la stessa strada è stata percorsa da AideXa, con l’obiettivo di offrire servizi più completi al mondo delle piccole e medie imprese. La ragione di queste scelte è evidente: con una licenza bancaria diventa possibile crescere in maniera più solida, ampliare l’offerta e sfruttare il passaporto europeo che consente di operare in tutta l’Unione senza ulteriori autorizzazioni.

Vantaggi e nuove possibilità

Per una ex-fintech, diventare banca significa poter raccogliere risparmio e concedere prestiti, passando da un modello basato quasi esclusivamente sulle commissioni a uno più diversificato e stabile. Significa anche acquisire maggiore credibilità, grazie alla vigilanza della Banca Centrale Europea e delle autorità nazionali, che impongono standard rigorosi di capitale, trasparenza e governance. L’espansione internazionale, inoltre, diventa più agevole: una licenza ottenuta in un Paese membro abilita automaticamente ad operare in tutta l’Unione europea. A ciò si aggiunge la possibilità di entrare nei circuiti di pagamento paneuropei e, se necessario, di accedere alla liquidità della Bce, con evidenti vantaggi in termini di stabilità finanziaria.

Dal punto di vista dei clienti, la trasformazione porta con sé un miglioramento tangibile dell’esperienza. Un conto digitale può infatti diventare il punto di accesso a un insieme integrato di servizi, che vanno dai pagamenti al risparmio, dal credito agli investimenti. I depositi sono tutelati fino a 100.000 euro grazie ai sistemi di garanzia nazionali, e la banca può agire come sostituto d’imposta, semplificando notevolmente la vita fiscale dei clienti. Inoltre, il fatto di interagire con un intermediario pienamente autorizzato aumenta il livello di fiducia, un aspetto cruciale soprattutto quando si gestiscono somme consistenti.

Un esempio eloquente è quello di Scalable Capital, di cui ti abbiamo parlato di recente: oggi i clienti italiani devono ancora occuparsi personalmente delle dichiarazioni fiscali relative a interessi e plusvalenze, ma con la licenza bancaria la piattaforma potrà occuparsi direttamente delle ritenute, offrendo un servizio paragonabile a quello delle banche tradizionali.

Le sfide della trasformazione

Naturalmente, il percorso comporta anche sfide impegnative. Ottenere lo status di banca significa rispettare requisiti patrimoniali più elevati, sottoporsi a controlli continui da parte della Bce e adottare strutture di governance e compliance più complesse. Questi oneri, però, non vengono percepiti come un ostacolo, bensì come un passaggio naturale verso la maturità. Revolut ne è un esempio: pur essendo già uno degli operatori più popolari al mondo, ha scelto di puntare a una licenza bancaria sia nel Regno Unito sia nell’Unione Europea per consolidare ulteriormente la propria posizione.

Una nuova fase di maturità

Il passaggio da società tecnologica a banca segna l’ingresso in una fase più matura del settore. L’innovazione digitale, per consolidarsi davvero, deve trovare un equilibrio con regole severe e garanzie solide. Per le fintech questo comporta vincoli più stringenti, ma apre anche la strada a opportunità più ampie e durature. Per i clienti, significa poter contare sulla rapidità e la semplicità del digitale unite alla stabilità e alla sicurezza del sistema bancario.

Alcuni casi in Europa

Diversi esempi recenti mostrano come questo percorso si stia diffondendo. In Germania N26 è ormai una banca digitale affermata, mentre nei Paesi Bassi bunq opera come istituto paneuropeo grazie al passaporto comunitario. In Italia AideXa si è trasformata in banca per sostenere meglio le PMI. La svedese Klarna, nota per il modello “compra ora e paga dopo”, ha ottenuto la licenza bancaria già nel 2017, e Qred Bank ha seguito la stessa strada più di recente. Nel Regno Unito spiccano le esperienze di Monzo e Starling Bank, nate come sfidanti digitali e poi divenute banche a tutti gli effetti. Infine, Revolut e la francese Qonto rappresentano due casi emblematici di operatori che puntano alla licenza bancaria per rafforzare la propria crescita futura.