Le gestioni separate: il salvadanaio sicuro delle polizze vita

Le gestioni separate rappresentano da decenni il cuore delle polizze vita tradizionali, quelle del cosiddetto “ramo I”.
Le gestioni separate rappresentano da decenni il cuore delle polizze vita tradizionali, quelle del cosiddetto “ramo I”.
Le gestioni separate rappresentano da decenni il cuore delle polizze vita tradizionali, quelle del cosiddetto “ramo I”. Si tratta di strumenti che offrono al risparmiatore due garanzie fondamentali: la protezione del capitale e la possibilità di beneficiare di un rendimento stabile, meno volatile rispetto a quello dei mercati finanziari.
Ma cosa sono, concretamente, le gestioni separate? Sono patrimoni autonomi e giuridicamente distinti rispetto a quello della compagnia assicurativa. In altre parole, i soldi versati dagli assicurati vengono messi da parte e investiti in un “fondo separato” che non si confonde con il bilancio della compagnia. Questo significa che gli attivi della gestione sono destinati esclusivamente a garantire i diritti degli assicurati e non possono essere toccati per altre finalità.
Come funzionano?
Il funzionamento è relativamente semplice. Quando un cliente sottoscrive una polizza collegata a una gestione separata, i premi versati vengono investiti principalmente in obbligazioni, titoli di Stato e altri strumenti finanziari a basso rischio. Ogni anno la gestione genera un rendimento, che viene poi retrocesso agli assicurati al netto delle commissioni trattenute dalla compagnia. La rivalutazione della polizza è quindi collegata ai risultati effettivi della gestione, ma avviene con un meccanismo peculiare: gli attivi sono contabilizzati al valore storico di acquisto e non a quello di mercato. Questo attenua le oscillazioni dovute alla volatilità dei mercati e permette di distribuire rendimenti più stabili e meno soggetti a sbalzi improvvisi.
Il rendimento di una gestione separata nasce dagli interessi dei titoli obbligazionari, dalle cedole, dai dividendi delle azioni eventualmente presenti in portafoglio e dalle plusvalenze realizzate. Si calcola come rapporto tra i proventi maturati e il patrimonio medio della gestione in un determinato periodo. A questo rendimento lordo la compagnia applica una trattenuta di gestione, solitamente di alcuni decimi di punto percentuale (è in sostanza il corrispettivo del costo di gestione dei fondi comuni obbligazionari), riconoscendo all’assicurato il cosiddetto rendimento netto retrocesso. È questo che, anno dopo anno, rivaluta la polizza facendo crescere il capitale investito.
Alcuni casi celebri
Per capire meglio la natura di questi strumenti è utile osservare come sono composte alcune delle principali gestioni separate italiane, analizzandone i bilanci più recenti. Abbiamo preso in esame i dati di fine 2024 e, laddove disponibili, i prospetti aggiornati a metà 2025. La condizione che ci siamo dati è di considerare alcune tra le gestioni più importanti sul mercato che superano i 5 miliardi di patrimonio.
Tra le più importanti spicca GESAV di Generali Italia, che a fine 2024 gestiva circa 48 miliardi di euro. La sua struttura riflette bene la filosofia prudente di queste gestioni: oltre 34 miliardi sono investiti in obbligazioni e titoli a reddito fisso, con una quota rilevante in BTP e altre emissioni dello Stato italiano. A questo si aggiunge un portafoglio di oltre 10 miliardi in fondi comuni e circa 2,3 miliardi in azioni, prevalentemente non quotate. A metà 2025 il patrimonio era sceso a poco meno di 47 miliardi, con una lieve riduzione della parte obbligazionaria e un incremento marginale della componente azionaria.
Ancora più imponente è Posta Valore Più di Poste Vita, che rappresenta una delle gestioni separate più grandi d’Europa con un patrimonio vicino ai 129 miliardi a fine 2024. Qui il baricentro è chiarissimo: quasi 93 miliardi sono investiti in obbligazioni, con oltre 48 miliardi in BTP, 24 miliardi in altri titoli di Stato italiani e una consistente fetta in corporate bond. Gli OICR (cioè i prodotti come i fondi comuni) valgono quasi 31 miliardi, mentre le azioni restano marginali, meno di 350 milioni. A metà 2025 il patrimonio era sceso a 127 miliardi, con un incremento della parte obbligazionaria a quasi 95 miliardi e un calo della sezione “altre attività”. Anche in questo caso, l’impostazione resta invariata: forte concentrazione sui titoli di Stato, discreta diversificazione tramite fondi, posizione azionaria residuale.
Un altro protagonista è Euro San Giorgio di Alleanza Assicurazioni, parte del gruppo Generali. A fine ottobre 2024 la gestione disponeva di circa 35 miliardi di euro. La metà del portafoglio era costituita da obbligazioni e titoli di Stato, con oltre 4 miliardi in BTP e 7 miliardi in altri titoli di Stato italiani. Le azioni ammontavano a circa 1,6 miliardi, di cui una parte rilevante in titoli non quotati, mentre le altre attività patrimoniali, soprattutto quote di fondi comuni, superavano i 14 miliardi. Ad aprile 2025 la fotografia era sostanzialmente stabile: 19,5 miliardi in obbligazioni, 1,7 miliardi in azioni e 13,8 miliardi in altre attività. Anche qui il mix conferma una struttura diversificata ma con l’ossatura tipica delle gestioni separate, ossia la centralità delle obbligazioni.
Infine, citiamo il caso Vitariv di Allianz, una gestione che ha mostrato una crescita sorprendente. A settembre 2024 gli attivi erano pari a 7,1 miliardi, composti per la gran parte da obbligazioni (6,2 miliardi) e con una quota ridotta in azioni (131 milioni) e altre attività (720 milioni). In appena sei mesi, al 31 marzo 2025, il patrimonio è balzato a oltre 11 miliardi. Anche in questo caso, la struttura del portafoglio è rimasta invariata, con una predominanza di titoli obbligazionari per 9,9 miliardi, mentre le azioni sono salite leggermente a 146 milioni e le altre attività a poco più di un miliardo. La vera notizia qui è l’aumento dimensionale.
Tante tante obbligazioni…
Guardando a queste realtà emerge un quadro omogeneo: le gestioni separate italiane restano fortemente ancorate al mondo obbligazionario, con i titoli di Stato in primo piano, una quota ridotta di azioni e una diversificazione affidata soprattutto ai fondi comuni. La protezione del capitale e la stabilità del rendimento continuano a essere i due pilastri su cui poggia il loro successo.
Per il risparmiatore che guarda con diffidenza la volatilità dei mercati, le gestioni separate continuano a rappresentare un approdo sicuro. Non promettono guadagni spettacolari, ma garantiscono stabilità e continuità, grazie alla maniera in cui sono contabilizzati i guadagni che le rende meno sensibili al saliscendi dei tassi d’interesse con guadagni quando i tassi calano e perdite quando i tassi scendono, rispetto a un normale fondo comune o all’acquisto diretto di titoli obbligazionari (a meno che non siano acquistati con lo scopo di mantenerli fino a scadenza, al che questo discorso pur restando valido in linea teorica, può essere tranquillamente dimenticato ai fini pratici di chi attende la scadenza di un titolo).
Il rovescio della medaglia restano i costi delle polizze ad essi collegate. Secondo statistiche pubblicate dall’Ivass (l’ente che regola le assicurazioni) nel 2024 (www.ivass.it/pubblicazioni-e-statistiche/statistiche/bollettino-statistico/2024/n-04-2024/IL_MERCATO_ASSICURATIVO_VITA_ITALIANO.pdf) si aggirano mediamente all’1,8% annuo (1,5% se acquistate tramite canale bancario e 2%). Insomma, sono molto più alte di quelle di un Etf che sono in molti casi anche solo dello 0,2%-0,3%.
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