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Argentina: 15 anni di fallimenti
un anno fa - martedì 5 ottobre 2021
Argentina
28 giugno 2004
ARGENTINA: CHE COSA È CAMBIATO?
La scorsa settimana ho letto sulla rubrica Reddito fisso che è stata presentata alla Sec una nuova versione del piano di ristrutturazione del debito argentino. Potreste fare un breve punto della situazione e spiegare in modo chiaro di cosa si tratta, nonché quali effettivi vantaggi derivano da questo nuovo piano a dei risparmiatori che, come me, hanno investito delle belle somme nei Tango-bond?
· Effettivamente il ministro dell’economia argentina Roberto Lavagna ha presentato alla Sec (la Consob americana) un nuovo piano di ristrutturazione del debito argentino. Sebbene i tratti precisi e definitivi di questo piano non siano stati ancora definiti, le linee guida fondamentali sono chiare. I vecchi bond saranno scambiati con tre diversi nuovi tipi di obbligazioni, con scadenza a 35 anni il primo, 30 anni il secondo e 42 anni il terzo. Tutte le obbligazioni verranno inoltre rimborsate con cadenza semestrale negli ultimi dieci anni di vita del titolo. Vale a dire che il rimborso inizierà, rispettivamente per i tre diversi tipi di titoli, fra 25 anni, fra 20 anni e fra 32 anni. Ma vediamo in dettaglio le caratteristiche di queste obbligazioni.
· Chi scambierà i bond con titoli che scadono fra 35 anni ne riceverà di nuovi dal valore nominale equivalente a quelli precedenti posseduti. Le cedole vanno da un minimo lordo dell’1,35% per i primi cinque anni di vita del titolo a un massimo lordo del 5,25% per gli ultimi dieci anni e saranno corrisposte interamente in contanti. Chi preferirà i titoli con scadenza trentennale avrà invece in cambio bond con valore nominale pari a circa il 65% delle vecchie obbligazioni e le cedole vanno da un minimo lordo del 3,97% per i primi cinque anni di vita del titolo a un massimo lordo dell’8,51% per gli ultimi dieci anni, corrisposte parte in contanti e parte con capitalizzazione. Chi preferirà bond con scadenza a 42 anni (questi titoli sono previsti solo in pesos) otterrà infine bond dal valore nominale pari a circa il 30% dei vecchi titoli, con cedole del 5,57% indicizzate all’inflazione. Per tutti i bond sono anche previsti dei coupon, riconosciuti per tutta la durata del prestito, negoziabili separatamente, equivalenti al 5% della differenza fra l’effettiva crescita annua del Pil e la soglia del 3%. Per esempio: se in un anno il Pil argentino dovesse crescere del 7%, verrà riconosciuta una cedola aggiuntiva pari allo 0,2% del valore nominale del titolo, così calcolata: 7 – 3 = 4 (cioè la crescita del Pil oltre la soglia del 3%); quindi, 5% x 4% = 0,2%.
· Le obbligazioni presentano diverse caratteristiche, ma sono strutturate in modo tale che, tenendo conto di cedole corrisposte, valore nominale e periodo di rimborso, equivalgono in moneta attuale al 25% del capitale inizialmente investito (il taglio del 75% del debito rimane quindi il punto fermo di Lavagna).
· Ma qual è la grande novità di questo programma? Gli interessi. Contrariamente a quanto precedentemente annunciato, non ci saranno infatti tagli, ma verranno interamente corrisposti gli interessi maturati da dicembre 2001 (data di inizio del crack argentino) a giugno 2004. In soldoni questo significa che la quota capitale rimborsata sarà maggiore del 25%. Facciamo un po’ di calcoli. Ipotizziamo un bond argentino con cedola annua lorda pari a circa il 10% del loro valore nominale. Considerato che da dicembre 2001 a giugno 2004 ci sono due anni e mezzo di interessi da corrispondere, la cedola lorda sarà 100 x 10% x 2,5 = 25% del valore nominale. Al netto della ritenuta fiscale del 12,5% (25 x 12,5% = 3,125) gli interessi diventano circa il 22% del capitale. Sommati al 25% di capitale nominale rimborsato si ottiene un rimborso complessivo superiore al 45% del proprio investimento nominale. È sicuramente un passo avanti nella buona direzione!
E le Telecom Argentina?
· Nuovo rilancio anche da Telecom Argentina. Dopo le precedenti proposte rifiutate dal mercato (conversione dei bond in azioni), propone ora di scambiare le sue otto obbligazioni insolute con due nuovi tipi di titoli. Eccone le caratteristiche. La prima possibilità consiste nello scambiare i bond in default con nuove obbligazioni (in euro e dollari) di pari valore nominale, scadenza 2014 e cedole che vanno da un minimo annuo lordo del 4,83% a un massimo del 6,89%. La seconda possibilità prevede invece di scambiare le attuali obbligazioni con bond (solo in dollari) di valore nominale pari a circa il 95% delle vecchie obbligazioni, scadenza 2011 e cedole che vanno da un minimo annuo lordo del 9% a un massimo dell’11%.
· Chi opterà per questo secondo tipo di obbligazioni potrà avere parte del proprio credito (da determinarsi successivamente) rimborsato in contanti. Per entrambe le tipologie di titoli il rimborso avverrà semestralmente a partire dal prossimo ottobre. L’offerta di scambio si è aperta lo scorso 22 giugno e andrà avanti fino al 21 luglio e sembra sia l’ultima spiaggia prima del fallimento. Il suo successo dipende dalla partecipazione all’accordo della maggioranza dei creditori, che detengono almeno i due terzi del totale dei crediti. Secondo noi, una proposta da accettare.
7 giugno 2004
L’ARGENTINA RILANCIA
Nei giorni scorsi l’Argentina ha lanciato ai propri creditori un’ultima proposta per la ristrutturazione del debito. Vediamola assieme.
· A dire il vero la proposta fatta non introduce grosse novità rispetto all’ormai famosa offerta avanzata lo scorso settembre a Dubai. Come allora l’Argentina si offre di rimborsare il 25% del valore nominale delle sue obbligazioni. A differenza che a Dubai però è disposta a pagare gli interessi maturati dalla data del default – dicembre 2001 – al 31 dicembre 2003; se la percentuale di creditori che accetterà l’offerta dovesse raggiungere il 70% gli interessi riconosciuti arriveranno fino al 30 giugno 2004.
· Ogni obbligazionista potrà scambiare i propri vecchi titoli con altre obbligazioni scegliendo tra tre opzioni distinte:
– titoli rimborsati alla pari ma con scadenza molto lunga (si parla di 30–35 anni) e cedole molto basse;
– titoli con un capitale ridotto, ma con scadenza più breve e cedole più elevate dell’opzione precedente;
– titoli, destinati soprattutto agli investitori argentini, in pesos di durata molto lunga (42 anni) e indicizzati all’inflazione.
· Tutte e tre le tipologie di obbligazioni riconosceranno una cedola premio nel caso in cui l’economia argentina cresca più del 3%.
UNO SGUARDO AL PASSATO
Queste le prime anticipazioni della proposta che verrà illustrata nei dettagli e ufficializzata nei prossimi mesi. Solo allora se ne potrà esprimere un giudizio. Confrontandola con i casi di Paesi che prima dell’Argentina hanno ristrutturato il loro debito (Ecuador e Russia nell’agosto del 2000, Pakistan nel novembre del 1999 e Ucraina nel febbraio del 2000), possiamo però fin da ora esprimere perplessità. Nessuno prima ha mai tagliato così tanto il capitale – Pakistan e Ucraina non hanno tagli; l’Ecuador ha ridotto il capitale del 40% e la Russia del 37% circa. E l’enorme mole del debito argentino (che in termini assoluti è il più elevato tra quelli mai ristrutturati) non lo giustifica: mettendolo in relazione con il Pil il debito totale argentino si è mantenuto negli ultimi 10 anni su livelli limitati – sempre ben al di sotto del 50% per poi esplodere solo nel 2001 (vedi grafico a pagina 1 ). È invece stato attorno al 90% quello dell’Ecuador, valore verso il quale si è spinto, ma solo momentaneamente, anche quello russo nel momento del default. Per la cronaca il rapporto deficit/Pil dell’Italia si aggira oggi attorno al 105%, ma in passato ha anche toccato il 120% del nostro Prodotto interno lordo!
25 ottobre 2004
ARGENTINA: NUOVO ROUND
Dopo il default del dicembre 2001, il governo argentino ha più volte disatteso gli accordi presi per giungere a una ristrutturazione del debito nel rispetto degli interessi dei propri creditori. Prima che parta l'offerta di concambio dei titoli in default con quelli di nuova emissione, facciamo il punto della situazione su questa vicenda.
A ore – o al massimo a giorni – si attende che il governo argentino presenti la propria offerta di ristrutturazione del debito. Si tratta di uno scambio: nuovi titoli in cambio dei vecchi. I nuovi titoli hanno caratteristiche tali da essere assimilabili a un taglio del 75% del capitale. Se il piano dovesse avere successo l'Argentina ne uscirebbe con la "fedina finanziaria" pulita, nonostante i numerosi "accordi violati".
Accordi violati
· Per superare la crisi, il governo argentino si era infatti dichiarato da subito pronto alla contrattazione con i creditori. Molti comitati furono creati, ma non sono mai stati avviati negoziati bilaterali e tutte le proposte di ristrutturazione presentate al governo argentino sono state respinte. Con l'accordo sottoscritto nel marzo di quest'anno col Fmi – Fondo monetario internazionale – l'Argentina si impegnava nuovamente ad avviare una seria negoziazione con i rappresentanti dei creditori. L’obiettivo era di giungere a un comune accordo, che permettesse sia al Paese sudamericano di sollevarsi dalla crisi, sia ai sottoscrittori dei Tango bond di ottenere il maggior rimborso possibile. Coerentemente col precedente comportamento, però, l'Argentina ha continuato a rifiutare qualsiasi confronto per una soluzione. Ha invece avanzato proposte prese unilateralmente, che risultano gravemente dannose per i creditori.
· L'ostinazione alla contrattazione del governo argentino è emersa anche lo scorso settembre, durante il vertice Washington-Buenos Aires: il presidente argentino Kirchner non solo si è rifiutato di portare avanti qualsiasi trattativa sui Tango bond, ma ha anche criticato l'operato del Fmi, che richiedeva una maggiore attenzione e impegno del Paese sudamericano alla restituzione del proprio debito. A fronte di una indisponibilità a trattare, il governo argentino ha però chiesto una proroga nel rimborso di uno dei 2,5 miliardi di dollari che, entro fine anno, dovrà restituire al Fmi. Si tratta della prima rata di rimborso del prestito di 13 miliardi di dollari ottenuto lo scorso anno. Il Fmi, dopo attenta valutazione, ha concesso una dilazione di un anno.
L'ultima proposta di Buenos Aires
Ma a quando risale e in cosa consiste l'ultima proposta di Buenos Aires per sanare il proprio debito? A giugno di quest'anno, quando il governo argentino ha presentato alla Sec – la Consob americana – un piano di ristrutturazione, che prevede di rimborsare ai possessori dei Tango bond il 25% del capitale e gli interessi maturati dalla data di inizio del default a giugno 2004.
Perché diciamo "no" alla proposta
· Ma cosa non va in questa proposta? Rimborsare il proprio debito con un taglio del 75% non è coerente con la ripresa economico/finanziaria che il Paese sudamericano sta fortunatamente attraversando e, pertanto, con la sua reale capacità di rimborso. Le elaborazioni sullo stato e sulla crescita economica e finanziaria dell'Argentina elaborate dal Gcab – vedi riquadro – evidenziano che le capacità di rimborso presentate dal governo di Buenos Aires sono notevolmente sottostimate rispetto alle sue effettive potenzialità. Infatti, i base ai calcoli del Gcab, l'Argentina potrebbe addirittura raddoppiare l'offerta di ristrutturazione. Che il governo argentino stia dunque provando a fare il furbo? Forse sì, visto l'accordo raggiunto coi fondi pensione locali – che hanno accettato la proposta unilaterale del governo argentino – che viola l'impegno assunto di non offrire a determinati gruppi di creditori un trattamento più favorevole. E vista anche l'intenzione di offrire "incentivi" ai primi obbligazionisti che accetteranno il cambio dei titoli in default con quelli "falcidiati" di nuova emissione.
COS'È IL GCAB?
È il comitato internazionale dei creditori argentini, costituito a gennaio di quest'anno dai maggiori gruppi e comitati internazionali rappresentativi degli obbligazionisti. Il Gcab rappresenta oggi possessori di obbligazioni per circa 37 miliardi di dollari Usa e il 75% di tutto il debito estero della Repubblica sudamericana. Rappresenta dunque tutti gli investitori italiani che hanno conferito il mandato a noi, alla propria banca o all'Abi.
· Ma perché l'Argentina si rifiuta di trattare con alcuni creditori e si mostra disponibile con altri? Forse perché mira a raggiungere accordi separati, per trarre vantaggio dalla mancata unione delle varie categorie di creditori. O forse perché, con l'accettazione del piano di ristrutturazione da parte dei fondi pensione locali, tenta di trovare un supporto alla propria proposta unilaterale. Se così fosse, però, di un'azione poco scaltra si tratterebbe, visto che è ampiamente noto che i fondi pensione argentini non avrebbero potuto rifiutare l'offerta a causa dell'influenza che su di essi esercita il governo di Buenos Aires.
E ora che succederà?
· Il Gcab ha fermamente dichiarato di non essere disposto ad accettare l'offerta unilaterale avanzata dall'Argentina e presentata alla Sec. Ancora una volta si è però dichiarato disponibile al confronto diretto, per giungere a un accordo che si riveli il migliore per tutte le parti interessate. Del resto, è nell'interesse dello stesso governo argentino ristrutturare il debito in default con l'approvazione dei propri creditori, in quanto una ristrutturazione riconosciuta come equa da organi internazionali e un'alta adesione alla proposta sono condizioni indispensabili perché il Paese possa, in futuro, accedere nuovamente al mercato dei capitali con prospettive di successo.
· Un accordo comune farebbe bene a tutti, ma l'Argentina non cede e il braccio di ferro continua: vi terremo informati su chi, per primo, cadrà al tappeto.
29 novembre 2004
L'ARGENTINA PRESENTA IL PIANO
Siamo venuti in possesso del documento predisposto dall'Argentina per ristrutturare il proprio debito in default. Sebbene l'offerta partirà il 17 gennaio 2005, per cui c'è ancora tempo per apportare modifiche, lo abbiamo analizzato. Ecco contenuti e riflessioni.
Tre obbligazioni e un contentino
· Ci siamo: alla fine, l'Argentina ha presentato alla Sec e alla Consob – le autorità di vigilanza sui mercati finanziari Usa e italiano – il piano di ristrutturazione del suo debito. Il piano, contestato dai rappresentanti dei creditori e deciso in modo unilaterale dal governo argentino, prevede di scambiare i titoli attualmente in default con tre nuove tipologie di obbligazioni:
– obbligazioni in dollari, euro o peso, con scadenza 31 dicembre 2038 e importo pari al 100% del valore nominale dei vecchi titoli (le cosiddette obbligazioni par ). Queste obbligazioni, emesse per un ammontare massimo di 10-15 miliardi di dollari (dipende dal livello di partecipazione allo scambio), verranno rimborsate in 20 rate semestrali, a partire dal 30/9/2029. Gli interessi, indicati in tabella, saranno pagati in contanti alla data di scambio, al 31 marzo e 30 settembre di ogni anno, oltre che al 31/12/2038.
interessi delle obbligazioni par |
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Dal |
Al |
Valuta |
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Dollari |
Euro |
Peso |
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31/12/03 |
31/03/09 |
1,33% |
1,2% |
0,63% |
31/03/09 |
31/03/19 |
2,5% |
2,26% |
1,18% |
31/03/19 |
31/03/29 |
3,75% |
3,38% |
1,77% |
31/03/29 |
31/12/38 |
5,25% |
4,74% |
2,48% |
– obbligazioni in dollari, euro o peso, con scadenza 31 dicembre 2033 e importo pari al 33,7% del valore nominale dei vecchi titoli (obbligazioni discount). Questi titoli verranno rimborsati in 20 rate semestrali, a partire dal 30/6/2024. Gli interessi (semestrali, con decorrenza dal 31 dicembre 2003) saranno pagati parte in contanti e parte con capitalizzazione.
interessi delle obbligazioni discount |
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Dal |
Al |
Valuta |
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Dollari |
Euro |
Peso |
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31/12/03 |
31/12/33 |
8,28% |
7,82% |
5,83% |
– obbligazioni in peso, con scadenza 31 dicembre 2045 e importo pari al 69,9% del valore nominale dei vecchi titoli (obbligazioni quasi par). Questi titoli, emessi per un ammontare massimo di 24,3 miliardi di peso, verranno rimborsati in 20 rate semestrali, a partire dal 30/6/2036. Gli interessi (semestrali, al tasso fisso del 3,31%) saranno interamente capitalizzati fino al 31/12/2013, in contanti dal 30 giugno 2014.
· Gli obbligazionisti possono scegliere il tipo di titoli che preferiscono (se si omette la preferenza, vengono attribuite obbligazioni discount), ma per avere i titoli quasi par occorre avere obbligazioni in default per almeno 280.000 euro (o importi quasi equivalenti in altre valute). Per quanto concerne la valuta: chi ha titoli in dollari o in euro potrà ricevere obbligazioni par o discount in eguale valuta dei titoli in default o, in alternativa, in peso; chi possiede obbligazioni in sterline, franchi svizzeri o yen potrà ricevere nuovi titoli in euro o in peso; i possessori di obbligazioni in peso riceveranno nuovi titoli in peso. Qualora, dove consentito, si scelga una valuta diversa da quella dei titoli in default, per la conversione verrà applicato il cambio del 31/12/2003. È un cambio penalizzante per l'investitore, considerato che il peso, da dicembre 2003 a oggi, si è svalutato e non di poco (3,7 e 3,9 i cambi peso/euro a fine 2003 e ad oggi).
· Oltre alle obbligazioni appena viste, i creditori riceveranno dei Titoli Pil, che conferiscono il diritto a percepire, fino al 2034, un interesse aggiuntivo, pari al 5% della differenza fra il Pil effettivo argentino e quello stimato per ogni anno, fino a un ammontare massimo complessivo pari al 48% del valore nominale del titolo. Con questi titoli l'Argentina dichiara di voler legare i propri pagamenti alla sua effettiva capacità di rimborso.
Un'amara novità
Novità del piano è che nessun pagamento verrà corrisposto per gli interessi maturati sulle vecchie obbligazioni e non pagati dal 31 dicembre 2001. Le nuove obbligazioni avranno quindi godimento 31/12/2003 e, al momento dello scambio, verranno riconosciuti, in contanti o con capitalizzazione, solo gli interessi maturati da quella data.
Chi tardi arriva, male alloggia
Il governo argentino sa benissimo che il piano di ristrutturazione è una magra consolazione per i creditori, quindi, per incentivare l'adesione, ha stabilito delle "agevolazioni" per i primi che accetteranno la conversione. Di cosa si tratta? Le obbligazioni par sono emesse per un ammontare massimo limitato. Qualora le richieste di conversione risulteranno superiore ai limiti previsti, i "creditori tempestivi" (chi avrà presentato domanda di adesione nelle prime tre settimane) saranno favoriti. Fra questi, l’Argentina procederà a un riparto proporzionale dei titoli disponibili, fino a un massimo individuale di 50.000 dollari. Se, dopo aver convertito i titoli degli aderenti tempestivi, residueranno obbligazioni par, queste verranno ripartite proporzionalmente fra gli altri aderenti. I titoli non ammessi alla conversione con le obbligazioni par saranno scambiati con i titoli discount. Stessa "tecnica" di persuasione è stata prevista per le obbligazioni quasi par, anch'esse emesse in ammontare limitato e convertite fra gli aderenti in base alla data di adesione.
I tempi dell'azione
Il piano prevedeva un periodo di adesione compreso fra il 29 novembre 2004 e il 17 gennaio 2005. A causa del ritiro dall'operazione di Bank of New York, che avrebbe dovuto seguire l'intero processo di conversione, il lancio del piano è stato però rinviato al prossimo 17 gennaio e si concluderà il 25 febbraio.
Quanto vale l’offerta dell’Argentina?
· Molto poco. Accettando la proposta, il capitale che avevate investito sarà decurtato di circa il 75% – vedi tabella per le percentuali esatte.
· Per fare i nostri calcoli abbiamo considerato (distintamente per le diverse tipologie di obbligazioni e per le diverse valute) i flussi di cassa dei nuovi bond senza distinguere tra gli interessi pagati in contanti o quelli capitalizzati. Abbiamo inoltre considerato che, con riferimento ai titoli Pil, l'Argentina paghi una cedola annua pari allo 0,5% del valore nominale dei titoli Pil. Come tasso di attualizzazione abbiamo applicato il 10% annuo. Abbiamo ottenuto il capitale massimo rimborsabile indicato in tabella, che corrisponde a un taglio sul valore nominale dell’investimento di circa il 75%.
· Il nostro consiglio è di non aderire all'offerta. Se il piano sarà disertato dalla maggior parte dei creditori, l'Argentina, volente o nolente, dovrà finalmente pensare a una proposta più decente.
Quanto restituisce l’Argentina |
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Tipo di titoli |
Valuta |
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Dollari |
Euro |
Peso |
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Obbligazioni par |
26,90% |
25,11% |
17,04% |
Obbligazioni discount |
24,21% |
22,81% |
16,53% |
Obbligazioni quasi par |
- |
- |
14,07% |
7 gennaio 2005
BOND ARGENTINA, ALTROCONSUMO: 6 BUONE RAGIONI PER DIRE NO ALLA PROPOSTA DI RIMBORSO
Altroconsumo indica le sei buone ragioni per dire di no alla proposta di rimborso del governo argentino. L’associazione indipendente dei consumatori manifesta oggi a Roma in piazza Montecitorio e partecipa all’incontro con le commissioni parlamentari Attività produttive e Finanza, per chiedere finalmente maggiore tutela per i risparmiatori.
1) La proposta del governo argentino ripaga agli investitori solamente un quarto del loro investimento. Si tratta dell’offerta più bassa fatta da uno Stato sovrano negli ultimi 15 anni. La maggior parte delle offerte degli ultimi 15 anni si aggira tra il 50% della Bulgaria nel 1995 e il 70% del Venezuela nel 1990, con alcuni casi di pagamento al 100% – Gabon (1994), Pakistan (1999), Ucraina (2000) e Uruguay (2003).
2) La proposta del governo argentino non implica un pagamento immediato del debito, ma un pagamento dilazionato da qui al 2025 (e oltre). Questo implica il rischio che se nei prossimi anni l’Argentina non si comporterà in maniera virtuosa, potrebbe anche rinegoziare un’altra volta il proprio debito. L’ipotesi non è così peregrina se si nota che l’Argentina è già andata in default altre volte negli ultimi 50 anni.
3) La proposta del governo argentino prevede che siano offerti agli obbligazionisti titoli a tasso fisso. In caso di rialzo dei tassi (cosa assai probabile) questi titoli perderanno parte del loro valore di mercato, per cui diventerà assai svantaggioso venderli (e quindi disfarsene) prima della scadenza.
4) La proposta del governo argentino non è legata alle attuali capacità di pagamento del Paese, ma tenta di far ricadere sui risparmiatori internazionali il costo del suo futuro sviluppo economico. In realtà con una crescita economica che oggi si assesta intorno all’8%, secondo la maggior parte degli analisti l’Argentina può permettersi di ripagare una quota del proprio debito ben superiore a quella promessa.
5) La proposta del governo argentino, al di là della buona volontà (o meno) di Buenos Ayres, potrebbe paradossalmente essere non sostenibile proprio a causa dei tagli che comporta. Si ipotizza un tasso di crescita oggi intorno all’8%. Tuttavia questo sviluppo per irrobustirsi avrà bisogno disperato di capitali stranieri. Se l’Argentina paga solo il 25% del suo debito potrebbe anche darsi che i mercati finanziari (che in genere hanno buona memoria), gliela facciano pagare lesinandole finanziamenti. Chi si fida, infatti, di un debitore che decide da sé se e quanto pagare? Una “vendetta” dei mercati finanziari potrebbe quindi arrestare questo sviluppo.
6) La proposta del governo argentino viene presentata come fosse l’ultima offerta irrevocabile che lo Stato argentino può fare agli obbligazionisti, tuttavia trattandosi di una proposta assai ingenerosa e unilaterale (ricordiamo che ad oggi l’Argentina non ha mai aperto una seria trattativa con i creditori), è molto probabile che una buona parte degli investitori non aderisca, facendo pressione perché il Paese sudamericano proponga una ulteriore nuova offerta.
La forza di questo gruppo di pressione dipende dalla quantità di investitori che non accetteranno l’offerta. Secondo il Fondo Monetario Internazionale perché l’Offerta sia valida deve aderire almeno l’80% degli obbligazionisti. Il governo argentino si vorrebbe accontentare del 50%, comunque per ora ha dalla sua solo i fondi pensione argentini che hanno il 18,5% del debito di Buenos Ayres. Se anche aderissero le banche argentine che pure hanno sottoscritto parte di questo debito si arriverebbe comunque solo al 30%, siamo ancora lontani dal 50%. Non aderire rafforza, quindi, le posizioni di chi vuole spingere l’Argentina a trattare ancora.
7 febbraio 2005
IL MISTERO DEI BOND ARGENTINI
I bond argentini in default sono oggi scambiati sul mercato a poco meno di 30, contro un loro effettivo valore intorno a 25. Una maggior valutazione, che potrebbe trovare la sua risposta nella speranza che il Paese sudamericano si decida a fare un'offerta migliore.
Un titolo sopravvalutato
Sul mercato alcuni bond argentini in default vengono scambiati a un prezzo intorno a 30. Si tratta di un importo strano, se si considera che il valore dei nuovi titoli – quelli o scambiati con le obbligazioni in default – calcolato col metodo dell'attualizzazione dei flussi di cassa, è di circa 25. Il mercato dovrebbe scontare nei prezzi di queste obbligazioni il loro effettivo valore. Qualcosa sembra dunque alterare il naturale corso di questi titoli. Cosa?
Le speranze gonfiano i titoli?
Una prima risposta potrebbe trovarsi in una nuova rinegoziazione. In altre parole, il mercato si attende un completo insuccesso dell'attuale piano di ristrutturazione, per cui, al termine del periodo di conversione (dopo il 25 febbraio), il governo di Buenos Aires sarà costretto a fare una nuova proposta più accettabile di quella "fallita". Il mercato tende ad anticipare gli eventi futuri e i prezzi dei bond in default ne risentono e risultano gonfiati rispetto al valore derivante dall'attuale piano.
L'effetto "distressed fund”
Una seconda spiegazione può trovarsi negli ingenti acquisti dei "distressed fund" – fondi specializzati nell’acquisto di titoli di società e Paesi in default. Stanno oggi acquistando a 30, ma mirano a rinegoziare in privato migliori condizioni col governo di Buenos Aires.
Precipitarsi all'acquisto
· Questo è il suggerimento che qualcuno sta indirizzando agli investitori. Secondo questi "esperti", acquistare bond in default a un prezzo di 30 e successivamente convertirli con i nuovi titoli discount, permette di portare a casa un rendimento annuo netto del 9%. Abbiamo fatto un po' di calcoli e... in effetti, investendo oggi 30 (quanto valgono oggi sul mercato i vecchi titoli) e portando a casa 100 di valore nominale dei nuovi titoli (ossia, il 33,7% del valore nominale di quelli vecchi) fra circa 30 anni, se si considerano anche le cedole pagate, si ha un rendimento annuo netto oltre il 9%. Dov’è l'inghippo?
· Primo nell'affidabilità dell'emittente. L'Argentina ha un rating CA, che noi traduciamo in "molto rischioso". Non è una grande scoperta che un titolo con così alte probabilità di default (oltre il 60%), offra un rendimento tanto elevato. Vi sono obbligazioni di altri emittenti altrettanto rischiose che offrono un eguale o addirittura maggiore rendimento. È il caso di "fiondarci" su questi titoli ? Crediamo proprio di no.
· Poi c’è il rischio di non avere mai il rendimento promesso, oltre al capitale investito. Questo si otterrà infatti solo a scadenza, (la maggior parte del guadagno è sotto forma di "capital gain") e verrà monetizzato solo nel 2035. L'Argentina avrà tutto il tempo per dichiarare un nuovo default e mettere ancora nei pasticci i propri creditori. Un esempio: comprando oggi a 30 e ricevendo a scadenza ancora 30, se si percepisse una cedola annua netta del 9% si otterrebbe il pareggio dell'investimento dopo poco più di 11 anni. Se l'Argentina dovesse invece dichiarare default fra 11 anni, chi avesse acquistato oggi a 30 e poi convertito nei nuovi discount bond otterrebbe una perdita superiore al 2% annuo.
4 aprile 2005
NUOVI PROBLEMI PER BUENOS AYRES
· Nelle ultime settimane un giudice Usa ha accolto la richiesta di sequestro preventivo di bond argentini in default (cioè quelli vecchi che saranno ritirati) depositati presso la Bank of New York per circa 7 miliardi di dollari. Due fondi d'investimento Usa hanno chiesto il sequestro dei 7 miliardi per complicare le cose all'Argentina. Buenos Ayres ha vinto in tribunale contro questi fondi, ma il dissequestro ci sarà solo dopo la sentenza di appello.
· Questo fatto ha comportato un rinvio dello scambio tra vecchi e nuovi titoli argentini, a cui ha partecipato il 76% circa degli investitori. L'impatto della vicenda non è tale da cambiare le carte in tavola per chi non ha accettato di aderire all'offerta, che deve contare sulle pressioni del G7 e del Fondo Monetario. È un segnale molto importante di qualcosa che vi abbiamo detto da tempo: l'Argentina non è ancora salva. Il megasconto del 75% sul suo debito non piaciuto ai mercati finanziari che hanno buona memoria e gliela stanno facendo pagare.
· A riprova di questo fatto c'è la recente notizia che le grandi banche internazionali stanno chiedendo all'Fmi perché faccia pressioni sull'Argentina per la riapertura dell'offerta ai non aderenti.
· Sono preoccupate che la situazione argentina possa far credere agli Stati che è possibile scaricare il debito pubblico dello Stato alle banche, liberandosi dai propri obblighi. Se Buenos Ayres non dialoga con il 24% di obbligazionisti rimasti fuori, è probabile che debba restare sotto pressione a lungo. I giochi non sono conclusi.
18 aprile 2005
ARGENTINA: PORTIAMOCI AVANTI
Chi ha in tasca i Tango bond non vedrà i suoi problemi risolti in breve tempo. Nell'attesa è bene non chiudersi nessuna porta alle spalle, neppure quella della richiesta di risarcimento danni alla banca. Ecco come fare.
· Alcune cause negli Usa hanno momentaneamente bloccato i piani dell'Argentina per il riassetto del suo debito pubblico, mentre alcuni governi (tra cui il nostro) potrebbero premere sul Fondo Monetario Internazionale perché spinga Buenos Ayres a riaprire le negoziazioni con chi non aveva accettato lo scambio tra vecchie e nuove obbligazioni. La situazione è intricata e ci vorrà ancora molto tempo perché si arrivi a una soluzione che possa soddisfare chi non ha aderito al piano argentino. Vi invitiamo, quindi, a tener aperta anche la possibilità di farvi risarcire dalla banca che vi ha venduto i Tango bond.
· Alcuni risparmiatori incappati nel crack argentino che finora hanno già fatto causa alle banche hanno chiesto il riconoscimento della nullità del contratto di acquisto. L'azione di nullità è imprescrittibile per cui potrà essere portata avanti in qualsiasi istante. Altri risparmiatori hanno chiesto il riconoscimento della responsabilità della banca per inadempimento contrattuale (azione che si prescrive in 10 anni).
· Vista la Babele di cause portate davanti al giudice pensiamo che dovreste considerare pure la possibilità di agire contro le banche chiedendo il risarcimento danni per responsabilità extracontrattuale. In tal caso, però, l'azione si prescrive entro 5 anni dal danno. Visto che il danno è databile alla dichiarazione di default dell'Argentina (dicembre 2001) per cause di questo tipo c'è tempo fino a dicembre 2006. A meno che non si interrompa la prescrizione inviando alla banca una raccomandata con avviso di ricevimento con il testo che trovate qui sotto. Fatelo per sicurezza. In questo modo avrete comunque tempo fino alla primavera del 2010 per far causa alla banca e potrete dormire sonni tranquilli anche se una soluzione del caso argentino dovesse prendere molto tempo.
13 maggio 2005
TANGO BOND… ANCORA IN BALLO
Ancora domande sui contenuti e sulle modalità di presentazione della lettera (vedi Soldi Sette n° 640) da inoltrare alla banca per il risarcimento dei tango bond. Chiariamo ancora qualche vostro dubbio, ma, allo stesso tempo, vi consigliamo di non “complicarvi la vita”: la lettera serve solo per rimettere a zero il cronometro che oggi corre contro di voi.
· Ho obbligazioni argentine non ancora scadute. Posso ugualmente fare richiesta di risarcimento alla banca?
Anche i titolari di bond argentini non ancora scaduti possono utilizzare il fac-simile di lettera che abbiamo pubblicato. La dichiarazione di default è già di per sé una certificazione dell’incapacità di Buenos Aires di ripagare tutte le obbligazioni emesse.
· Ho acquistato tango bond nell’estate del 2001, ma non ricordo quale fosse il rating dei titoli a quella data. Posso inviare la richiesta di risarcimento?
Sì. Non è necessario indicare il rating dei titoli al momento del suo investimento, inoltre essi variano nel tempo con la solvibilità dell’emittente. L’Argentina ne è un buon esempio. Nel 2000, Moody, uno degli enti di rating più importanti, aveva classificato i tango bond come B1. Da marzo a giugno 2001 li aveva passati a B2, declassandoli ancora a luglio a B3, per portarli dopo pochi giorni a Caa1.
· Come posso calcolare l’ammontare di interessi sul mio capitale investito?
Il calcolo è diverso a seconda che si sia incassata qualche cedola o meno. Se però teniamo conto che nelle sentenze che abbiamo avuto modo di esaminare, i giudici hanno sempre rivisto le modalità di tale calcolo e che la raccomandata serve solo per l’interruzione della prescrizione… non c’è ragione di rompersi la testa! Al più, aggiungete al capitale gli interessi legali decorrenti dal giorno in cui l’Argentina dichiarò il default. In breve moltiplicate quanto avevate investito per 1,094.
28 luglio 2005
ARGENTINA: FACCIAMO IL PUNTO
L'Argentina ha ristrutturato il proprio debito, lasciando l'amaro in bocca a tutti i suoi creditori. Facciamo il punto della situazione.
Vi presentiamo le posizioni dell'Fmi, del G7 e della Tfa, che ha annunciato la prossima partenza dell'arbitrato internazionale contro il Paese sudamericano. Le nostre richieste di incontro al ministro degli Affari esteri, Gianfranco Fini, per il suo prossimo viaggio a Buenos Aires.
Uno scambio... riuscito
· Alla fine l'Argentina ce l'ha fatta e il piano di ristrutturazione – benché fortemente penalizzante per i malcapitati investitori – ha avuto l'approvazione da parte del 76,15% dei creditori. È vero: l'alta percentuale è giustificata dal fatto che la metà dei possessori dei Tango bond erano per l'appunto argentini. Tuttavia, anche i "dissenzienti" ne hanno fatto le loro spese e oggi attendono che il Paese sudamericano si decida a riaprire l'offerta per soddisfare le loro richieste.
· La partenza del piano non è comunque stata indolore per Buenos Aires, poiché, anche dopo la sbalorditiva adesione, l'Argentina ha avuto vita difficile. La conversione dei vecchi bond coi titoli di nuova emissione prevista per il primo aprile è stata infatti sospesa, dopo che alcuni creditori avevano chiesto alla Corte Federale di New York il sequestro delle obbligazioni depositate dai creditori "aderenti". La motivazione? I bond erano di proprietà dell'Argentina e, poiché questa era loro debitrice, volevano rivalersi sulle sue obbligazioni. La Corte Federale di New York prima e la Corte di appello dopo hanno però rigettato la richiesta e la conversione dei bond è iniziata, sebbene con due mesi di ritardo, il 2 giugno. A scambio avvenuto, le nuove obbligazioni sono ora quotate alla Borsa di Buenos Aires e “over the counter ” – con contropartita la banca - mentre ancora nulla si sa sui tempi di una loro eventuale quotazione nelle principali Borse ufficiali.
La posizione dell'Fmi...
· Quale la posizione dell'Fmi – il Fondo monetario internazionale – in questa spiacevole vicenda? Le pressioni avanzate nei confronti di Buenos Aires sono state – e sono ancora – molte. Alcune sfociate anche in sottili "minacce", come quando l'Fmi ha definito "necessaria" la riapertura del negoziato coi creditori insoddisfatti, perché il programma di prestiti a favore di Buenos Aires possa continuare. Si è però trattato di "minacce" prive di effetto, dato che il presidente Kirchner ha risposto di non temere il blocco dei finanziamenti dell'Fmi, ribadendo che non vi saranno proposte per i non aderenti, almeno fino ad ottobre: data di scadenza del suo mandato presidenziale.
· E la risposta dell'Fmi? Nonostante il "no" argentino, ha egualmente concesso a Buenos Aires un anno di proroga per restituire parte del prestito in scadenza il prossimo aprile. Inoltre, proprio a fine giugno ha approvato il bilancio annuo presentato da Buenos Aires, che evidenzia una ripresa economica del Paese sudamericano. Si tratta di un nuovo "schiaffo morale" ai creditori, poiché la discreta situazione economica dell'Argentina evidenzia che, con un pizzico di buona volontà in più, si sarebbe potuto presentare un'offerta più soddisfacente per l'intera massa dei creditori.
· Dulcis in fundo, sempre a fine giugno l'Argentina ha ufficialmente chiesto all'Fmi di avviare i negoziati per la definizione di un nuovo programma di finanziamenti a favore del Paese. Fra le controrichieste dell'Fmi, la riapertura del negoziato coi creditori non aderenti alla precedente proposta. Sembra però che Buenos Aires voglia prima verificare il numero dei potenziali aderenti e, solo se soddisfacente, fare una proposta di conversione "peggiore" della precedente.
...del G7 e della TFA
· Anche il G7 – la riunione dei 7 Paesi più industrializzati d'occidente – ha diverse volte avanzato all'Argentina la richiesta di riconsiderare la posizione dei possessori dei Tango bond insoddisfatti, attraverso la riapertura delle negoziazioni. La principale preoccupazione del G7 è che altri Paesi in difficoltà potrebbero, in futuro, seguire il cattivo esempio di Buenos Aires.
· La Task Force argentina – l'organizzazione che fa capo alle banche italiane – ha invece annunciato che presto partirà l'azione legale nei confronti di Buenos Aires, avendo quasi ultimato lo studio di fattibilità di un ricorso all'Icsid – l'Organismo internazionale per la risoluzione delle dispute sugli investimenti – a favore dei non aderenti. La raccolta delle adesioni dovrebbe partire a metà settembre e durare fino a metà ottobre. L'obiettivo che la Tfa si pone è l'integrale recupero del capitale investito, nonché di tutti gli interessi maturati ma non corrisposti.
· Per partecipare all'arbitrato internazionale non sono previsti costi per i risparmiatori, essendo tutte le spese a carico delle banche socie della Tfa. Il presidente, Nicola Stock, ha però precisato che, per partecipare all'arbitrato internazionale, molto probabilmente verrà costituita una società ad hoc, che raccoglierà deleghe e obbligazioni dei creditori argentini. In tal caso, non potranno partecipare all'arbitrato internazionale i possessori dei Tango bond che hanno in corso o intendono iniziare una causa contro la banca per ottenere l'annullamento del contratto di compravendita (in tal caso le obbligazioni potrebbero infatti tornare di proprietà della banca). Nicola Stock ha anche affermato che sebbene i creditori argentini aderenti all'arbitrato internazionale hanno piena libertà di recedere in qualsiasi momento per intraprendere altre vie di risarcimento, in caso di revoca del mandato alla Tfa, non potranno più tornare indietro, con una nuova successiva adesione.
· Il nostro consiglio è di inviare lo stesso alla vostra banca la lettera che vi abbiamo inviato con la precedente newsletter, non fosse altro che per interrompere i termini entro cui si prescrive la possibilità di ricorrere contro la banca. Non si sa mai: meglio lasciarsi aperte tutte le porte e tentare ogni via per ottenere quanto ingiustamente tolto. Quanto all’adesione, o meno, alla proposta della Tfa ci riserviamo di valutarla assieme con la documentazione relativa alla delega. Su questo punto, dunque, ci risentiremo a settembre.
Altroconsumo scrive al Governo
Preoccupato dello strano rapporto tra Fmi e argentini, delle notizie relative a una seconda offerta, peggiore della precedente, provenienti dall’Argentina, Altroconsumo ha chiesto un incontro al ministro degli Affari esteri, Gianfranco Fini, che ha in agenda un viaggio a Buenos Aires per il prossimo gennaio. Il succo delle nostre richieste a Fini, e al governo tutto, è che si vada in Argentina a chiedere i soldi e non a “normalizzare i rapporti” – così viene dipinta dalla stampa argentina la prossima visita di Fini. Stiamo aspettando una risposta, ve ne daremo conto.
Il volo dei nuovi bond...
· Poiché molti soci ci hanno chiesto come mai i nuovi bond argentini, dopo la conversione, hanno recentemente registrato un forte incremento del loro prezzo sul mercato – circa 34, contro 21 da noi indicato a inizio aprile, prima che il piano partisse – diamo in questa sede la nostra spiegazione. Partiamo proprio dal valore che noi stessi avevamo attribuito ad aprile ai titoli "Par" e "Discount". Come l'avevamo calcolato? Attualizzando tutti i flussi di cassa futuri generati dalle nuove obbligazioni, usando come tasso di attualizzazione il 10%. L'Argentina aveva infatti un rating CA – oggi Moody l'ha promossa a B3 – e 10% circa era il rendimento offerto dai bond presenti sul mercato con affidabilità e durata equivalenti a quelle dei bond di Buenos Aires. Poiché l’obiettivo della valutazione era calcolare la "perdita" che i creditori argentini subivano aderendo al piano di ristrutturazione, avevamo correttamente preso in considerazione anche gli interessi non corrisposti, ma dovuti, dalla data di inizio del default. Un aspetto importante, ma purtroppo “trascurato” sia dagli argentini, sia da alcuni commentatori – non sappiamo quanto disinteressati - della vicenda dei tango bond.
· Oggi i bond argentini vengono valorizzati dal mercato a circa 34. Come mai? Innanzitutto il mercato calcola il valore delle nuove obbligazioni e non il loro valore in rapporto ai vecchi titoli in default: non prende dunque in considerazione gli interessi dovuti ma non corrisposti. In secondo luogo calcola il valore dei bond argentini applicando un tasso di sconto inferiore al 10%. Il motivo? Il miglior rating dell'Argentina e il fatto che da aprile ad oggi i tassi di interesse sul mercato sono scesi. Per esempio, su un orizzonte temporale di 30 anni si è registrata una riduzione intorno all'8%.
Se i tassi scendono, il prezzo sale |
|||
Tasso di sconto |
Valore "Par" |
Valore "Discount" |
|
10,0% |
27,87 |
28,64 |
|
9,50% |
29,92 |
30,28 |
|
9,00% |
32,20 |
32,06 |
|
8,50% |
34,74 |
34,00 |
|
8,00% |
37,57 |
36,11 |
|
· Come si vede dalla tabella, applicando un più basso tasso di attualizzazione, il valore dei titoli "Par" e "Discount" sale sensibilmente. Per esempio, applicando un tasso di sconto dell'8,5%, il prezzo delle "Par" sale a circa 34, esattamente come quello delle "Discount". La crescita di valore dei nuovi bond argentini è pertanto una normale conseguenza delle mutate condizioni di mercato.
Uno sguardo al fisco
· Con la risoluzione del 25/7/2005 n. 99 l'Agenzia delle entrate ha chiarito le conseguenze fiscali dell'Ops argentina. Poiché l'offerta pubblica di scambio costituisce una permuta dei vecchi bond con quelli di nuova emissione, può emergere una plusvalenza, o una minusvalenza, data dalla differenza fra il valore dei nuovi titoli e il costo di acquisto dei precedenti. In caso di plusvalenza, su tale differenza si paga l'imposta del 12,5%.
· I titoli Pil, in caso di vendita vengono tassati con un'aliquota del 12,5% del loro intero valore di realizzo.
· Nessuna imposta è dovuta sugli interessi maturati sulle vecchie obbligazioni fino al 31 dicembre 2003 e non corrisposti.
· Gli interessi maturati dal 31 dicembre 2003 e il primo giugno 2005 saranno tassati al 12,5% solo quando effettivamente percepiti.
· Gli interessi capitalizzati saranno tassati solo alla data di rimborso delle obbligazioni.
· L’incertezza sulle modalità di tassazione sembra aver avuto un ruolo nei ritardi di adattamento dei sistemi informatici di alcune banche che, pertanto, non sono state in grado di dar seguito agli ordini di vendita dei loro clienti relativamente ai titoli argentini. Chi avesse patito dei danni da questi ritardi può ritenere la propria banca giuridicamente responsabile. È un’altra voce che si aggiunge al conto delle responsabilità.
7 novembre 2005
BUENOS AIRES: ECCO IL PIANO
Dopo lo Stato argentino, anche la provincia di Buenos Aires ha presentato il piano per la ristrutturazione del proprio debito. Sebbene la Consob non si sia ancora espressa, vi presentiamo il piano e il nostro punto di vista.
Tre nuovi bond
· Anche la provincia di Buenos Aires ha dunque presentato alla Consob – la Commissione italiana di vigilanza per le società e la Borsa – il piano per la ristrutturazione del debito in default. Agli "sfortunati" investitori, vengono proposte tre nuove obbligazioni in cambio delle precedenti:
- obbligazioni in euro e dollari, con scadenza 15/5/2035 e importo pari al 100% del valore nominale dei vecchi titoli (le Par a lungo termine). Il rimborso avverrà in rate semestrali a partire dal 15/11/2020, mentre gli interessi saranno pagati il 15 maggio e il 15 novembre di ogni anno;
- obbligazioni in euro e dollari, con scadenza 1/5/2020 e importo pari al 100% del valore nominale dei vecchi titoli (le Par a medio termine), emesse per un ammontare massimo di 750 milioni di dollari. Il rimborso avverrà in rate semestrali a partire dall'1/11/2017. Gli interessi saranno pagati l'1 maggio e l'1 novembre di ogni anno;
- obbligazioni in euro e dollari, con scadenza 16/4/2017 e importo pari a circa il 40% del valore nominale dei vecchi titoli (le Discount), emesse per un ammontare massimo di 500 milioni di dollari. Il rimborso avverrà in rate semestrali a partire dal 15/10/2012. Gli interessi saranno pagati il 15 aprile e il 15 ottobre di ogni anno.
· La provincia di Buenos Aires riconoscerà inoltre gli interessi maturati e non pagati sulle vecchie obbligazioni nelle seguenti misure:
- ai tassi previsti dalle obbligazioni in default fino al 31/12/2001;
- al 2% annuo lordo dall'1/1/2002 al 30/11/2005.
Premiati i tempestivi
· Gli obbligazionisti potranno scegliere la tipologia di nuove obbligazioni che preferiscono (se non esprimeranno preferenza, verranno loro attribuite obbligazioni Par a lungo termine). Chi aderirà nel periodo tempestivo (le prime quattro settimane dall'apertura delle adesioni), verrà privilegiato nell'assegnazione delle Par a medio termine e delle discount, qualora la domanda fosse superiore all'offerta.
· Nonostante l'adesione nel periodo tempestivo, chi possiede obbligazioni della stessa serie superiori a 50.000 dollari, 40.000 euro, 60.000 franchi svizzeri o 5.000.000 di yen potrà vedersi attribuire obbligazioni diverse da quelle prescelte per le quote eccedenti i suddetti importi.
Partenza ancora incerta
La data di inizio delle adesioni non è stata ancora definita. La provincia di Buenos Aires prevede comunque un periodo di adesione di sei settimane (quattro per il periodo tempestivo e due per il periodo tardivo). La data di partenza verrà decisa in accordo con la Consob, mentre lo scambio delle obbligazioni in default con i nuovi titoli avverrà dopo tre settimane dalla chiusura del periodo per l’adesione.
Cosa ne pensiamo
· Abbiamo calcolato il valore di mercato delle nuove obbligazioni di Buenos Aires all'1/12/2005 (data in cui dovrebbero essere emesse), considerando tutti i flussi di cassa che verrebbero corrisposti con i nuovi bond (tabella 2, colonna 2). Considerato che la provincia di Buenos Aires ha un rating CA, come tasso di attualizzazione abbiamo utilizzato l'8,5%: il rendimento annuo riconosciuto oggi dal mercato alle obbligazioni di pari affidabilità e a lunga scadenza.
· Per conoscere quanto, con lo scambio, perderanno mediamente i possessori delle vecchie obbligazioni (tabella 2, colonna 3), abbiamo:
– preso in considerazione anche gli interessi semplici che verranno liquidati alla data dello scambio;
– considerato il rendimento che, dalla data del default ad oggi, avrebbe reso un investimento con basso livello di rischio.
tab. 1: interessi delle obbligazioni |
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PAR A LUNGO TERMINE |
PAR A MEDIO TERMINE |
||||
dal |
al |
tasso |
dal |
al |
tasso |
01/12/2005 |
15/11/2007 |
2% |
01/12/2005 |
01/11/2009 |
1% |
16/11/2007 |
15/11/2009 |
3% |
02/11/2009 |
01/11/2013 |
2% |
16/11/2009 |
scadenza |
4% |
02/11/2013 |
01/11/2017 |
3% |
02/11/2017 |
scadenza |
4% |
|||
DISCOUNT IN EURO |
DISCOUNT IN DOLLARI |
||||
01/12/2005 |
scadenza |
8,5% |
01/12/2005 |
scadenza |
9,25% |
tab. 2: quanto vale l'offerta? |
||
Tipo di titoli |
Valore sul mercato |
Quanto ci si perde? |
Par a lungo termine |
51,96 |
67,23 |
Par a medio termine |
49,34 |
69,85 |
Discount in euro |
40,42 |
78,77 |
Discount in dollari |
42,23 |
76,96 |
9 gennaio 2006
L'Argentina ha saldato interamente il proprio debito col Fondo monetario internazionale. Per farlo, ha temporaneamente attinto alle riserve valutarie della Banca centrale, che verrà rimborsata dopo l'emissione di nuove obbligazioni decennali di analogo importo. Voci di mercato avevano anche parlato di una "nuova proposta" che la Repubblica Argentina starebbe preparando per i risparmiatori "dissenzienti" alla proposta di ristrutturazione della scorsa primavera. Il ministro dell'economia Felisa Miceli ha però prontamente smentito, dichiarando che nessuna nuova proposta è oggi all'esame del governo.
3 aprile 2006
GRATIS, MA CON QUALCHE TRAPPOLONE
La Tfa sta raccogliendo adesioni per il ricorso presso l'Icsid contro la Repubblica Argentina. Per aderire all'iniziativa avete tempo fino al 27 aprile. Vi diamo qualche dritta sulle difficoltà in cui la Tfa (forse) spera che inciampiate.
· In questi giorni la vostra banca vi avrà fatto senz'altro avere i moduli da compilare per partecipare all'arbitrato presso l'Icisd volto a soddisfare almeno in parte i creditori della Repubblica Argentina che non hanno partecipato alla ristrutturazione dei tango bond.
· Non staremo a dilungarci su cosa sia l'Icsid (una sorta di tribunale all'interno della Banca mondiale) e su come funziona. Sia perché già abbiamo affrontato il tema in passato, sia perché la lettera che la Tfa – il reparto speciale in seno all’Associazione bancaria italiana - ha allegato alla documentazione da compilare è, infatti, esauriente. Ci limitiamo a dirvi due cose di una certa importanza.
· La prima è che vi conviene aderire. Non siamo del tutto convinti che la Tfa riuscirà a farvi riavere indietro dei soldi tramite il ricorso all'Icsid. La procedura è relativamente nuova e, per di più, irta di difficoltà. Senz'altro la Tfa conta su questa procedura per allontanare i riflettori dai guasti causati dal comportamento delle banche. Tuttavia se c'è una minima speranza di riavere indietro i vostri soldi, perché non ricorrervi, tanto più che è quasi gratis. Diciamo quasi perché se è vero che non pagate il ricorso avete comunque la scocciatura e l'eventuale onere finanziario, di procurarvi i documenti richiesti – certificato di residenza, cittadinanza...
· La seconda cosa che vi vogliamo dire riguarda, invece, voi e la vostra libertà (o meno) di fare causa alla banca che vi ha rifilato i titoli argentini a seguito della partecipazione all'arbitrato Icsid tramite la Tfa.
Un cuscino paracolpi?
· Se l'Icsid è da un lato l'ultima speranza per voi di riavere indietro i vostri soldi, da un altro è la speranza prima per le banche di farvi dimenticare le loro colpe e far andare in prescrizione il vostro diritto di far loro causa.
· Nel materiale che la vostra banca vi ha inviato da firmare è infatti ribadita in più punti l'incompatibilità della causa di fronte all'Icsid con cause alle banche (o l'una o l'altra). In particolare la Tfa dice che se intendete far causa alla banca e avete dato la delega alla Tfa per l'arbitrato Icsid allora dovete ritirare la delega e rinunciare all'arbitrato.
· Che fare? L'uno o l'altro? La risposta è un po' diversa: è vero che sotto certi aspetti la causa alla banca e l'arbitrato Icsid possono avere delle incompatibilità se portati avanti contemporaneamente, tuttavia nulla vi impedisce di dire sì oggi all'arbitrato Icsid e poi, un domani, di far causa alla banca se l'arbitrato non va per il verso giusto.
· Il problema per questo comportamento qual è? Il rischio che in alcuni casi si prescriva da qui a dicembre (5 anni dal default argentino) il vostro diritto di far causa alla banca. Sicuramente l'arbitrato non vi darà una risposta prima. La Tfa ha preso un sacco di scuse per rimandare fino ad ora il lancio dell'iniziativa (e tra l'altro ha scelto un mese in cui tra ponti vacanzieri ed elezioni la gente ha poco tempo per studiarsi bene i documenti) perché spera di finire dopo il termine della prescrizione. Tutto perduto, dunque?
· Fortunatamente no: per interrompere la prescrizione basta inviare una lettera alla banca. E questa lettera, a nostro avviso, non è un atto ostile di quelli incompatibili con l'arbitrato Icsid. Una volta inviata la lettera il termine per la prescrizione si rinvia di altri cinque anni.
· Molti di voi probabilmente questa lettera l'han già inviata alcuni mesi addietro su nostro consiglio (vi avevamo fornito un fac simile). C'è da aspettarsi che le banche vi chiedano di ritirarla. Fatelo pure. I nostri legali stanno mettendo a punto le contromosse che userete non appena le banche non avranno più la possibilità di reagire.
20 novembre 2006
È ORA DI INTERROMPERE LA PRESCRIZIONE!
Qualcuno dice che il 23 dicembre, a 5 anni dal default argentino, scatta la prescrizione per le cause alle banche. Secondo noi non è così, tuttavia meglio mettersi al riparo: ecco come fare per non perdere il diritto a portare in tribunale la vostra banca.
· Sono passati quasi 5 anni dal crack argentino e siamo convinti che dobbiate tenere aperte tutte le strade possibili per ottenere un risarcimento (vedi riquadro). Tuttavia il tempo vi rema contro perché dopo un po' di anni il diritto a ottenere un risarcimento si può prescrivere. Per questo vi consigliamo di scrivere alla banca con cui avete acquistato titoli argentini la lettera di cui trovate il fac simile in queste pagine per far ripartire da capo i tempi per la prescrizione.
· Ad aprile vi avevamo detto di aderire al ricorso che le banche, attraverso la Task Force Argentina (Tfa), avrebbero fatto per conto dei risparmiatori italiani presso il tribunale arbitrale dell'Icsid nei confronti della Repubblica Argentina. Purtroppo non vi sono certezze riguardo alla durata e all’esito di questa procedura, ma i tempi saranno lunghi.
· Il problema che sorge è che finché si sta dentro il ricorso Icsid non si può intentare causa alla banca e per fare causa alla banca, nel caso in cui il ricorso Icsid andasse male, è fondamentale che non si sia prescritto il vostro diritto ad agire in giudizio. Occorre, dunque, trovare una soluzione.
Cavilli e procedure
I moduli che avete firmato per aderire al ricorso all’Icsid vietano la partecipazione al ricorso a chi ha avviato o avvii un’azione legale alla banca che gli ha venduto i titoli. Per questo noi non diciamo a chi ha aderito al ricorso di far causa alla banca, ma di non compromettersi la possibilità di farlo se l’esito dell’arbitrato Icsid sarà negativo o qualora cambi idea. Riteniamo che l’invio di una lettera interruttiva della prescrizione alla banca non possa essere considerato un’azione legale incompatibile con l’adesione all’Icsid.
Le soluzioni per ottenere un risarcimento
Dal punto di vista giuridico sono diverse le soluzioni prospettabili (ed emerse nell’ambito delle cause che sono state fatte finora nei tribunali italiani) per ottenere un risarcimento da parte delle banche che hanno venduto tali titoli ai risparmiatori.
– risarcimento danni per responsabilità contrattuale: l’azione si prescrive in 10 anni dalla conclusione del contratto;
– risarcimento danni per responsabilità extra-contrattuale: l’azione si prescrive in 5 anni dal fatto che ha causato il danno (dal crack, dal 23 dicembre 2001);
– azione di annullamento del contratto: l’azione si prescrive in 5 anni dal momento in cui è stato scoperto il dolo (quindi dal crack, dal 23 dicembre 2001);
– azione di nullità del contratto (come è stato in molti casi finora oggetto di giudizio): l’azione di nullità è imprescrittibile.
Tre situazioni, tre strategie
· Chi non ha aderito all'Icsid e ha mandato la lettera che abbiamo indicato in Soldi Sette n° 640: non deve far nulla; quella lettera ha interrotto il decorso della prescrizione.
· Chi non ha aderito al ricorso e non ha ancora mandato la lettera: deve affrettarsi a inviarla mediante raccomandata a/r entro il 23 dicembre usando la lettera che alleghiamo, omettendo le ultime righe (da Pur ritenendo... a ...per meglio tutelare i miei diritti).
· Chi ha aderito al ricorso Icsid deve inviare alla banca (per intero e mediante raccomandata a/r) la lettera che alleghiamo entro il 23 dicembre.
· Compilare la lettera è facile, basta che abbiate con voi i dati sui titoli argentini che avete acquistato comprensivi di importo, di data di acquisto e di nome della filiale presso cui li avete acquistati. Nel caso abbiate acquistato questi titoli a più riprese, vi converrà specificare ogni singola data in cui avete fatto gli acquisti, ma vi basterà indicare nella lettera la somma complessiva degli importi investiti (ossia del prezzo che avete pagato, non del valore nominale dei titoli). A fornire dati più precisi (nome del titolo, codice Isin e via dicendo) ci penseranno i documenti che allegherete, in particolar modo la copia della contabile di acquisto.
19 febbraio 2007
L'Icsid – l'Organismo internazionale per la risoluzione di dispute su investimenti – ha accolto il ricorso contro l'Argentina presentato dalla Tfa argentina per conto dei risparmiatori che non hanno accettato il piano di ristrutturazione proposto dal Paese sudamericano sul proprio debito in default. Obiettivo del ricorso è tentare di ottenere l'integrale rimborso del capitale investito, compreso gli interessi e il risarcimento danni. Registrato il ricorso, entro i prossimi 90 giorni verranno nominati i giudici del tribunale, dopo di che inizierà il processo, che potrebbe durare anche anni.
12 marzo 2007
L'ARGENTINA HA FAME DI SOLDI...
...ma nessuno glieli da. Dopo aver dato, 3 anni fa, un calcio al banco a cui stavano seduti i suoi creditori, Buenos Aires negli ultimi tempi ha imboccato la via della crescita economica e la sua ricchezza dopo un balzo dell'8,5% nel 2006 si appresta a un nuovo salto (7,5%-8%) nel 2007. Tuttavia, quando si è sulla via della crescita, servono un sacco di soldi e all'Argentina quelli che si produce da sé, in casa, non bastano. Per questo è tentata di chiederli fuori confine. Però i mercati non dimenticano che Buenos Aires ha qualche debito insoluto sul groppone e l'Argentina fatica, quindi, a trovare chi le faccia credito. Facendo di necessità virtù il presidente Kirchner sembra intenzionato (se vince le elezioni in autunno) a riaprire le trattative con i vecchi creditori delusi e per farlo pensa di emettere bond per 6 miliardi di dollari di euro, parte dei quali andrebbero a ripagare i vecchi creditori. Facendo due conti, se questi 6 miliardi di dollari fossero dedicati interamente a soddisfare i vecchi crediti non pagati (19,5 miliardi di dollari) sarebbe un recupero di circa il 30% del capitale investito. Più di quanto portato a casa (il 20-25%) da chi avesse accettato la prima offerta dell'Argentina. Ma potrebbe non finire qui: le banche Usa stanno facendo incetta di titoli in default (le cui quotazioni son salite di oltre il 6% da inizio anno) e non è certo gente che si muove se non c'è nulla che bolle in pentola.
2 aprile 2007
PRESCRIZIONE: IL RIFIUTO DELLE BANCHE
Ho delle obbligazioni argentine e ho aderito all’Icsid. Seguendo le vostre indicazioni, ho inviato il testo pubblicato su Soldi Sette n° 715 alla mia banca, per interrompere la prescrizione e preservarmi il diritto a far causa alla banca qualora i risultati dell’arbitrato non fossero soddisfacenti. Quest’ultima mi ha però contestato il contenuto della lettera, respingendo la richiesta di risarcimento. Cosa devo rispondere?
No, no e ancora no
· Il passaggio della lettera cui fa riferimento la nostra lettrice, che ha ricevuto da parte della banca, come alcuni altri soci, una risposta negativa alla richiesta di risarcimento per i titoli argentini in default in suo possesso, è il seguente: “ ... non possiamo che confermarLe la correttezza del ns. operato e respingere la Sua richiesta di rimborso degli asseriti danni. Resta inteso che ove non ricevessimo entro 60 giorni dalla ricezione della presente ulteriore replica da parte Sua, considereremo il reclamo composto.”
· Tutti coloro che hanno ricevuto una risposta simile da parte della propria banca non devono preoccuparsi. Lo scopo dell’invio della nostra raccomandata era quello di interrompere la prescrizione riguardante la possibilità futura di far causa alle banche che vi hanno rifilato i tango bond e ottenere un risarcimento. La risposta che la banca le ha mandato non pregiudica, a nostro avviso, future azioni legali nei confronti dell’istituto di credito.
· Deve obbligatoriamente rispondere al rifiuto della banca? Secondo noi no. Il diritto di fare causa al suo istituto di credito rimane in ogni caso intatto, anche senza una replica scritta da parte sua. Per maggior tranquillità, però, lei può spedire una breve raccomandata alla banca, in cui dichiara:
- di non essere soddisfatta della risposta ricevuta in seguito alla sua richiesta di risarcimento;
- di non considerare composto il reclamo;
- di riservarsi la possibilità di agire in giudizio nei confronti della banca per far valere i suoi diritti.
22 ottobre 2007
LA CASA ROSADA SI TINGE DI... ROSA?
L'Argentina andrà alle urne domenica prossima per eleggere il nuovo presidente che siederà alla Casa rosada. La grande favorita è Cristina Fernàndez de Kirchner moglie dell'attuale presidente. Cambierà qualcosa per i sottoscrittori di bond argentini?
· Due settimane fa l'attuale presidente argentino Nestor Kirchner ha dichiarato che l'Argentina intende accordarsi con i Paesi del Club di Parigi (vedi riquadro) per ripagare circa 6 miliardi di debiti non pagati.
· Sua moglie Cristina Fernàndez, candidata alla sua successione e data per favorita, avrebbe confermato l'intenzione di accordarsi col Club di Parigi, anche se non sembra intenzionata ad accettare interventi da parte del Fondo Monetario Internazionale.
· La linea poco flessibile adottata dall'Argentina nei confronti dei suoi creditori non è una novità: lo stesso ex ministro dell'economia Lavagna (anch'egli candidato alle elezioni) aveva recentemente fatto delle dichiarazioni poco incoraggianti sul ripagamento dei debiti argentini.
· Tuttavia molta di questa durezza si lega al periodo di elezioni: dopo domenica, senza più necessità di guadagnare i voti, il presidente eletto potrebbe essere chiamato a maggior realismo.
· D'altro canto i rapporti tra l'Argentina e i suoi creditori restano tutt'altro che sereni e Buenos Aires sta incassando una sconfitta dopo l'altra di fronte all'Icsid (il tribunale presso la banca mondiale a cui si sono rivolti i tangocreditori). In particolare l'Icsid ha recentemente rigettato la domanda di annullamento della condanna all'Argentina a pagare 133,2 milioni di dollari a Gas Transmission Company, ma non solo. Il 2 ottobre ha pure condannato Buenos Aires a risarcire 172 milioni di dollari a Sempra Energy in seguito al congelamento delle tariffe e alla trasformazione in pesos (la svalutata moneta argentina) dei proventi del contratto di concessione. Con queste sentenze le condanne comminate dall'Icsid all'Argentina arrivano a un miliardo di dollari.
· Il Club di Parigi è un gruppo di governi di Paesi creditori tra cui Usa, Francia, Gran Bretagna Germania, Giappone e Italia, che si riunisce informalmente per trovare soluzioni a situazioni di difficoltà e di insolvenza da parte di Paesi in via di sviluppo fortemente indebitati. Ad esempio tratta tempi e modalità di ripagamento dei debiti con l'estero di questi Paesi, in modo da ottenere pari trattamento tra i creditori.
· La prima riunione con un Paese debitore fu nel 1956 proprio con l'Argentina che allora incontrò i suoi creditori proprio nella Ville lumière. Da allora il Club di Parigi ha portato a termine circa 400 accordi. La sola Argentina dopo quella prima volta nel 1956 ha trattato col Club di Parigi altre 7 volte, l'ultima 15 anni fa.
· A far sperare in un ammorbidimento di Buenos Aires oltre alle numerose batoste giudiziarie concorre pure il fatto che la situazione economica è oggi assai migliorata rispetto a quando dichiarò bancarotta nel dicembre 2001. Al di là della crescita economica elevata (+8,6% a luglio 2007 rispetto a luglio 2006) i conti dello Stato nei primi 8 mesi del 2007 hanno registrato un avanzo di circa 6 miliardi di dollari americani, e le riserve valutarie nelle casse della banca centrale ammontavano a 43 miliardi di dollari Usa.
In poche parole, al Paese sudamericano non mancano le risorse per essere meno avaro coi creditori. Finora è mancata la volontà politica. Dopo le elezioni... si vedrà.
5 novembre 2007
In Argentina la favorita Cristina Fernandez de Kirchner ha vinto le elezioni, risolvendo le questioni lasciate aperte dalla presidenza precedente, mai tenera coi possessori di tango bond, e che è pure accusata di aver truccato al ribasso i dati sull'inflazione per risparmiare gli interessi sui titoli di Stato argentini legati all'inflazione.
11 aprile 2008
AL NUOVO GOVERNO: È ORA DI AGIRE
Pensiamo alle strategie che il nuovo governo dovrà adottare per risolvere finalmente i problemi di chi non ha accettato il pessimo accordo proposto da Buenos Aires ai possessori di tango bond. L'Argentina fin qui ha fatto quadrato forte di una classe politica compatta nel volersi tenere in tasca i soldi presi agli investitori di mezzo mondo e mai più restituiti. In questi giorni si sono aperte le prime udienze di fronte al tribunale arbitrale dell'Icsid che vedono contrapposti risparmiatori e Stato argentino. Il "processo" è ancora in una fase preliminare e ci vorrà tempo, ma intanto si segnala un certo attivismo della nuova presidente argentina che sta cercando di frantumare il fronte dei creditori offrendo commesse e giocando di diplomazia. Il rischio per tutti quanti è evidente: se viene a meno l'unità dei creditori sarà più faticoso far digerire all'Argentina una riapertura dei negoziati con chi non ha accettato il pessimo accordo di tre anni fa. Tanto più che Buenos Aires sta agendo di furbizia e che secondo qualcuno starebbe anche tenendo artificiosamente bassi i dati sull'inflazione per pagare meno su alcuni bond indicizzati. Fatto sta che è ora che il nuovo governo si impegni sul piano internazionale per ottenere giustizia per i tangodelusi, senza pensare che basti il contentino dei soldi tratti dai conti dormienti, soldi pur sempre di risparmiatori italiani.
14 aprile 2008
A MUSO DURO DI FRONTE ALL'ICSID
Giovedì scorso è entrata nel vivo la procedura arbitrale per ottenere un pagamento da parte dell'Argentina. Come si mettono le cose?
Il 1° febbraio la banca mondiale ha designato lo svizzero Robert Briner come presidente del tribunale arbitrale in seno all'Icsid (vedi riquadro) che si occuperà della causa intentata dai risparmiatori italiani nei confronti dell’Argentina. Accanto a Briner ci sono l'egiziano Geroges Abi Saab arbitro per conto della Repubblica argentina e l'olandese Albert Jan van den Berg arbitro per conto degli investitori italiani. La prima udienza è stata il 10 aprile. Siamo in una fase preliminare e i tempi non saranno brevi.
· L'Icsid è una istituzione internazionale attiva dal 1966 il cui scopo è regolare le liti in materia di investimenti di cui fan parte oltre 140 Stati. Lo scopo di questa istituzione è di offrire servizi per conciliazioni e arbitrati.
· Il Club di Parigi, nato nel 1956, si occupa di coordinare i creditori dei Paesi che cadono in default in modo da garantire a tutti quanti parità di trattamento da parte dei debitori. È nato con un default dell’Argentina.
Argentina: il Pierino la peste del debito
· A questo punto facciamo conoscenza dei protagonisti dell'arbitrato: l'Argentina e i tre arbitri.
· Spulciando i dati sulle cause presso l'Icsid è curioso notare come l'Argentina sia uno dei principali clienti di questo tribunale. Su 127 cause oggi pendenti di fronte all'Icsid, la Repubblica argentina è coinvolta in ben 35, cioè oltre un quarto. Su 136 cause risolte in passato l'Argentina è stata coinvolta in 10. In ben 3 di questi 10 casi alla fine la controparte ha rinunciato ad andare avanti. Con l’Argentina siamo, quindi di fronte a un habitué delle cause.
· E ora passiamo agli arbitri. Georges Abi Saab, l'uomo scelto dagli argentini nel "tribunale", sta già partecipando ad altre 2 cause di fronte all'Icsid in cui è coinvolta l'Argentina. Inoltre ha già partecipato a una causa (Rga reinsurance company contro la Repubblica argentina) chiusa nel settembre 2006 con un accordo tra le parti e durata 14 mesi.
· Per la cronaca neppure l'uomo degli italiani Van den Berg è alle prime armi: sta seguendo 8 cause di cui ben 5 contro l'Argentina (oltre che per conto dei risparmiatori italiani ci sono clienti quali Enron, Bp...). In passato è stato coinvolto in 7 procedimenti contro Paesi emergenti, ivi inclusa l'Argentina (a chiamarla in causa era Houston Industry Energy e la soluzione è stata un arbitrato chiuso in 3 anni).
· Di Robert Briner possiamo dire che in passato è stato a capo di 3 procedimenti contro Paesi emergenti, e che attualmente ne sta seguendo 4.
Un osso duro, ma pieno di soldi
Come ogni buon "pregiudicato" del debito l'Argentina preannuncia battaglia, né è ben chiaro, in caso di condanna, come si comporterà, se chinerà il capo o se continuerà a negare il pagamento di quanto dovuto.
Tuttavia la situazione odierna dell'Argentina è ben diversa da quella del Paese al collasso di qualche anno fa. Certamente ci sono ancora molte tensioni (gli scioperi di questi giorni ne sono la riprova), tuttavia gli anni e il non rispetto dei propri doveri non sono passati in vano e oggi la Repubblica argentina gode di discreta salute, economicamente parlando. Innanzitutto la crescita economica nel 2007 è stata del 9,7%, ben al di là delle attese che prevedevano un +8%, e anche nel 2008 dovrebbe procedere a un buon ritmo (intorno al 7,2% nonostante la crisi internazionale). Le esportazioni continuano a galoppare, le riserve della banca centrale erano a 50,4 miliardi di dollari lo scorso marzo con un guadagno 4,2 miliardi di dollari da inizio anno e le finanze pubbliche sono in avanzo (3,2% nel 2007) con un debito pubblico che se a fine 2006 era circa il 64% della ricchezza prodotta, nel terzo trimestre del 2007 era già a circa il 52%.
Pagherà o non pagherà?
· Con questi dati brillanti per l'Argentina è oggi meno faticoso che in passato decidere di onorare i propri debiti. Tuttavia la scorsa settimana la presidente del Paese si era recata a Parigi per discutere di commesse pubbliche (una società francese dovrebbe occuparsi dell'altà velocità argentina), ma anche nella speranza di riuscire a spezzare l'unità tra i creditori raccolti nel cosiddetto Club di Parigi (vedi riquadro). L'Argentina continua, infatti, a dire che non intende pagare parte dei suoi debiti, né rinegoziare alcunché con i cosiddetti holdout, cioè chi tre anni fa non ha accettato i nuovi bond argentini in cambio di quelli vecchi.
· Al momento il viaggio sembra non aver portato risultati concreti. La maggior pressione verso un pagamento dei debiti verrà probabilmente dai mercati: l'Argentina sta pagando la sua insolvenza in termini di difficoltà a trovare chi le fa credito e sborsa interessi molto più elevati degli altri Paesi emergenti. Per ora la liquidità messa via in questo periodo di boom economico tiene a bada il suo bisogno di denaro fresco, ma presto o tardi potrebbe ritrovarsi ad averne bisogno e a quel punto potrebbe essere costretta a tentare un gioco meno duro.
22 maggio 2008
L'ARGENTINA FA LA CRESTA?
Ho letto su Soldi Sette che si vocifera che l'Argentina starebbe falsificando i dati sull'inflazione per pagare meno interessi ai creditori. Gli istituti di statistica sono una cosa seria, sicuri che non sia una bufala?
· L'idea che l'Argentina "tarocchi" i dati sull'inflazione per pagare meno interessi non è nuova, circola già dal 2007, dopo presunte pressioni politiche sull'istituto di statistica argentino lamentate dal sindacato dei lavoratori dello stesso istituto. A dare corpo a questa tesi contribuiscono i dubbi in merito che sono stati sollevati alcuni mesi fa anche dal Fondo Monetario Internazionale durante la stesura del suo World Economic Outlook, il documento con cui viene fatto il punto sull'economia mondiale (vedi Soldi Sette n° 784). È vero che nella sua stesura finale sono accolti dati in linea con quelli previsti dal governo argentino, ma è anche vero che lo stesso Fondo Monetario non ha dimenticato di annotare che molti analisti privati ritengono che l'inflazione sia molto più alta di quella mostrata nei dati ufficiali.
· In pratica secondo molti osservatori, se pure l'Argentina annuncia un livello di inflazione intorno all'8-9% il dato reale del Paese veleggerebbe verso il 20% e anche oltre.
Perché inflazione bassa uguale interessi bassi?
· Quando qualche anno fa la Repubblica argentina ha ristrutturato il suo debito (vedi Soldi Sette n° 620) ha emesso diversi tipi di titoli: alcuni in euro, altri in dollari Usa e altri infine in peso (la valuta argentina).
· Interessi e capitale corrisposti per queste ultime obbligazioni sono adeguati in base all'andamento dell'inflazione, per cui più il dato dell'inflazione è basso, meno viene pagato dalla Repubblica argentina. In poche parole sottostimando l'inflazione è come se l'Argentina "facesse la cresta" su questi titoli. E infatti nel corso del 2007 i loro prezzi sono stati piuttosto penalizzati (vedi grafico).
Argentina sull'orlo di una nuova crisi?
· Nelle ultime settimane la situazione di questi bond è ulteriormente peggiorata. L'Argentina sta affrontando, infatti una nuova pesante crisi sul fronte interno. Nel tentativo di fronteggiare l'inflazione il governo ha alzato le tasse su alcuni beni esportati dal Paese come granoturco e soia. Lo scopo è quello di far sì che sul mercato interno si registri una maggiore abbondanza di questi prodotti, ma questa iniziativa ha scatenato le proteste dei produttori che hanno dato vita a due ondate di scioperi (l'ultima un paio di settimane fa) che hanno reso conflittuale la politica locale, e sono già costate il posto al ministro dell'economia.
· Ma c'è di più, questi scioperi hanno anche portato in alcuni casi a problemi di scarsità di cibo che hanno spinto ancora più i prezzi. Ora, visto che la forte crescita registrata dall'Argentina negli ultimi anni è stata sostenuta molto dalle spese dei consumatori, il fatto che il carovita stia mettendo in crisi il loro potere d'acquisto, getta anche ombre sul futuro ritmo di crescita economica.
· Non stiamo ovviamente parlando di una recessione che, per ora, nessuno vede all'orizzonte: l'Argentina, come abbiamo già segnalato in passato ha un buon livello di esportazioni, una buona raccolta fiscale ed elevate riserve di valuta nei caveau della Banca centrale. Tuttavia resta il fatto che la fiducia nei confronti del Paese da parte degli investitori resta bassa e che le incertezze sulle statistiche ufficiali si vanno ad aggiungere alla lunga serie di default che costella la vita dell'Argentina. Il mese scorso si sono addirittura diffuse notizie per cui per alcuni analisti l'Argentina avrebbe una probabilità su cinque di dichiarare un nuovo default da qui a qualche anno.
· I guai, non finiscono qui. A inizio maggio un giudice Usa ha pure congelato circa 2 miliardi di dollari di titoli depositati in una banca di New York e ritenuti di proprietà dell'Argentina (fatto negato dal governo argentino) che potrebbero servire per un eventuale risarcimento nei confronti di chi non ha partecipato alla ristrutturazione del debito avvenuta oramai tre anni fa. A riprova del fatto che il clima di tolleranza nei confronti del Paese sudamericano sta svanendo stanno le parole del giudice Usa riportate dalle agenzie di stampa; egli, rivolgendosi al legale dell'Argentina avrebbe detto "Vi siete fatti un'idea sbagliata: il vostro cliente rifiuta di pagare i suoi debiti e questo è male".
4 luglio 2008
MANCANO I SOLDI... O LA VOLONTA'?
In attesa di notizie dai tribunali, la Task Force Argentina fa il punto sulla situazione economica del Paese, che non appare drammatica. Eppure, gli obbligazionisti ancora aspettano...
Tempi lunghi
Quando si parla di tribunali, i tempi sono sempre lunghi. Già dallo scorso febbraio l’Icsid (il “tribunale” internazionale per la risoluzione di dispute su investimenti) ha accolto il ricorso delle banche italiane riunite nella Task Force Argentina (Tfa), ma per conoscere l’esito di questo ricorso occorre avere ancora molta pazienza: il processo potrebbe durare anni. Lo scopo di questa causa è far ottenere il rimborso del proprio capitale a quei risparmiatori che non hanno accettato il piano di ristrutturazione proposto dall’Argentina dopo il crack del 2001.
Un’economia in ripresa...
· Le speranze di recupero per i risparmiatori sono legate anche alla situazione economica del Paese: approfittiamo quindi della nota pubblicata dalla Tfa per valutare lo stato di salute dell’economia argentina.
· Nel mese di aprile, l’economia argentina è cresciuta dell’8,3% rispetto ad aprile 2007. Considerando i primi quattro mesi dell’anno, la crescita rispetto allo stesso periodo del 2007 è anche superiore e si attesta all’8,7%. Per l’intero anno, la stima è di una crescita comunque superiore al 7%, qualcuno si spinge fino al 9,6%.
· Quanto ai conti pubblici, la differenza tra entrate e spese senza tener conto dei pagamenti legati al debito (il cosiddetto avanzo primario) a maggio è cresciuto del 13,3% rispetto a maggio 2007. Considerando i primi 5 mesi dell’anno, la crescita rispetto al 2007 è addirittura del 46,9%.
...ma con molte incognite
· In questo quadro di un’economia in ripresa, ci sono però da considerare anche alcune incognite: i problemi di politica interna e l’incertezza sull’entità dell’inflazione.
· Sul primo fronte, l’esempio più emblematico è lo scontro tuttora in corso tra il Governo e i coltivatori dopo che le tasse sulle esportazioni di prodotti agricoli sono state nuovamente rialzate (per la soia, ad esempio, si è passati dal 27,5% di gennaio 2007 al 35% a novembre e al 44,8% oggi).
· Sul fronte dell’inflazione, l’indice dei prezzi al consumo ha registrato a maggio un incremento “ufficiale” del 9,1% rispetto a un anno fa, ma secondo molti economisti l’effettiva inflazione è molto più alta, si parla addirittura del 25% annuo. Un elemento che non ha mancato di scatenare polemiche, visto che gli interessi di parte dei titoli emessi per “ristrutturare” il debito sono legati al tasso d’inflazione (ve ne abbiamo parlato in Soldi Sette n° 790).
Tutto come prima?
· E intanto il debito pubblico argentino riprende a crescere, attestandosi oggi al 63% del Pil (la ricchezza complessivamente prodotta nel Paese); un dato che comprende anche quanto dovuto ai risparmiatori che non hanno partecipato all’offerta di scambio. Ma che speranze hanno questi ultimi di recuperare i propri soldi, insomma questa parte del debito argentino è reale o solo “virtuale”?
· Tutti gli elementi di cui vi abbiamo parlato ci portano a pensare che, nonostante il cambio alla presidenza a fine 2007, l’atteggiamento dell’Argentina non sia cambiato granché. Malgrado un’economia in ripresa, non si intravedono “aperture” sul tema del rimborso.
· Anche il mercato, in un certo senso, sembra pensarla come noi: il “premio al rischio”, cioè il maggior rendimento richiesto dai risparmiatori per investire nel Paese, tra maggio e giugno è aumentato rispetto a quello dell’America Latina nel suo complesso (penalizzando tra l’altro i titoli consegnati a chi aveva accettato il cambio, i cui prezzi toccano oggi nuovi minimi, vedi grafico). Insomma, oggi l’Argentina è considerata più rischiosa rispetto a un paio di mesi fa e per questo indebitarsi le costa un po’ di più. D’altronde, è il minimo che ci si possa aspettare per un Paese che, negli ultimi 50 anni, ha reso necessario per ben otto volte l’intervento del Club di Parigi (che coordina i creditori dei Paesi in default, e che è nato proprio da un default dell’Argentina).
25 luglio 2008
ARGENTINA: LO STATO DELLE TRATTATIVE
Ecco quanto ci ha raccontato la TfArgentina durante un incontro che abbiamo avuto con il suo presidente: l'Argentina sta tirando in lungo, ma intanto l'arbitrato contro di lei avanza.
· Venerdì 18 luglio abbiamo incontrato Nicola Stock, presidente della TfArgentina (l'associazione di emanazione bancaria che segue le vicende dei risparmiatori italiani che sono incappati nei bond argentini) che ci ha aggiornati sulla situazione del Paese sudamericano e in particolare sull'Icsid, l'arbitrato internazionale in seno alla banca Mondiale attraverso il quale la TfArgentina sta tentando di ottenere indietro i soldi dei risparmiatori italiani coinvolti nel crack del Paese sudamericano.
· Stock ha brevemente riassunto i passi fin qui compiuti presso l'Icsid e che hanno portato lo scorso febbraio alla composizione di un tribunale arbitrale i cui membri sono: Robert Briner (Svizzero), presidente; Georges Abi-Saab (Egiziano, nominato dagli argentini) e Albert Jan van den Berg (Olandese, nominato dalla TfArgentina). In particolare ha ricordato che siamo ancora alla fase in cui si discuterà non tanto dei risarcimenti, quanto del diritto a richiedere questi risarcimenti e che le parti hanno tempo fino all'8 agosto per presentare una loro "memoria" in cui sostengono le proprie tesi.
Buenos Aires rema contro, ma...
· Fin qui il comportamento degli argentini è stato volto all'ostruzionismo: ad esempio hanno cercato di ricusare il presidente Briner e di allungare la durata dell'arbitrato articolandolo in tre diverse fasi anziché le due previste normalmente. Fin qui all'Argentina non è andata bene, l'unica cosa che è riuscita a ottenere è la traduzione in spagnolo della documentazione (richiesta volta, anche qui, a rallentare i tempi del procedimento).
· Una volta consegnate le memorie i tempi previsti per il completamento di questa fase dell'arbitrato sono ancora di alcuni mesi. Secondo la TfArgentina questa fase potrebbe concludersi nel 2009. Da quel momento, poi partirà una fase incentrata sulla quantificazione dei danni, conclusa la quale la palla dal tribunale internazionale tornerà nelle mani dei singoli Stati, visto che la sentenza dell'Icsid avrà forza in base agli accordi bilaterali tra l'Argentina e gli altri Stati che hanno aderito all'Icsid.
· Più volte nel suo discorso la TfArgentina ha fatto intendere chiaramente che la speranza maggiore è che l'Icisd funga da strumento di pressione nei confronti dell'Argentina affinché si decida a pagare quanto prima gli obbligazionisti. Il ragionamento alla base di questo è il seguente. Non è vero, a detta della TfArgentina che lo Stato sudamericano sia sull'orlo di un nuovo default, come spesso si è scritto sui giornali. L'economia argentina sta andando bene, nonostante alcune scelte discutibili in materia fiscale attuate dal governo che stanno esasperando la conflittualità con i produttori agricoli responsabili di buona parte delle esportazioni del Paese e, quindi, delle sue entrare.
Un "appestato" del credito
· Non bisogna tuttavia pensare che i problemi per Buenos Aires siano comunque risolti con così poco. Con il fatto che l'Argentina risulta inadempiente nessuno ci investe. L'unica fonte di denaro per gli investimenti viene dalle risorse interne del Paese e dal prestito fatto dal presidente venezuelano Chavez che ha sottoscritto bond argentini (ad un tasso del 13%, contro il 3% che pagava una volta l'Argentina). Per il resto i rubinetti sono a secco. In particolare l'Argentina non è riuscita a spezzare il fronte del cosiddetto Club di Parigi, un'associazione dei principali Paesi occidentali, che si rifiuta di garantire gli investimenti nel Paese sudamericano. Insomma: nessuno si fida di Buenos Aires e quindi Buenos Aires può solo navigare a vista, non certo ammodernare le proprie infrastrutture, né scommettere sul suo futuro. Quanto ancora potrà vivere in quarantena senza che ciò diventi un costo eccessivo? Qui si giocano le speranze della TfArgentina e degli investitori. Un ammorbidimento delle posizioni intransigenti di Buenos Aires comporterebbe, infatti, la fine di questa situazione di isolamento e la riammissione immediata dell'Argentina alla comunità dei Paesi solventi (e degni di credito). Dopotutto le risorse non mancano, anche se il governo argentino, come anticipato prima, sta vivendo un momento di conflittualità con gli esportatori locali, principale fonte di valuta per il Paese, nelle casse della Banca centrale ci sono risorse ingenti, e l'Argentina dovrebbe continuare ad approfittare anche in futuro del dollaro basso a cui la valuta locale è legata, per vendere all'estero prodotti sempre più competitivi, almeno in termini di prezzi.
· A margine di tutto ciò la TfArgentina ha anche ricordato che l'establishment del Paese sudamericano non è interamente contrario alla negoziazione. Importanti personaggi politici ora al governo hanno a loro tempo (da governatori di province locali) dato spazio alla rinegoziazione del debito locale di loro competenza mostrando una certa apertura. Il maggior ostacolo resta, quindi, la chiusura dei membri della famiglia Kirchner che ha espresso il presidente precedente e la presidente attuale. Tuttavia la popolarità della presidente Christina Kirchner che a inizio anno era al 56% ora è scesa al 25% e le prime difficoltà incontrate al senato dove il vicepresidente ha votato contro un suo provvedimento lasciano comunque aperta la speranza che si rafforzino le posizioni di politici più inclini all'accordo con gli obbligazionisti.
· Altro problema interno del Paese è quello dell'inflazione: la TfArgentina ha confermato che il carovita dovrebbe essere intorno al 25%, molto al di sopra di quell'8% dei dati ufficiali, calmierati artificiosamente per contenere l'esborso da parte del governo degli interessi sui titoli argentini indicizzati all'inflazione.
Tra passaggi tecnici e speranze per il futuro
· Visti comunque i tempi lunghi della vicenda (il default argentino è oramai di quasi sette anni fa) la TfArgentina, dato che non vi è certezza che la partecipazione all'Icsid comporti il blocco dei tempi di prescrizione, si è adoperata per il blocco della prescrizione in diverse giurisdizioni locali (italiana, americana, tedesca, argentina...). A proposito di tutto questo la TfArgentina ha anche ricordato che chi si volesse ritirare (revocando il mandato alla TfArgentina stessa) lo può sempre fare (è stata data fin qui la possibilità di farlo a tutti coloro che ne hanno fatto richiesta). Tuttavia ha anche sottolineato che ciò sia fa terminare la tutela dell'obbligazionista da parte della TfArgentina, sia fa venire meno le interruzioni della prescrizione operate dalla TfArgentina. E per di più non è possibile in seguito avere ripensamenti e tornare a far parte dell'iniziativa.
· Una nota interessante è a proposito dei titoli argentini riguarda, infine, i prezzi di mercato. I titoli "nuovi" (cioè quelli nati dal piano di ristrutturazione del debito argentino rifiutato dalla grande maggioranza degli investitori italiani ed europei) oggi quotano tra 31 e 32 (i titoli in euro) e tra 33 e 34 (i titoli in dollari); i titoli "vecchi" (quelli in default che l'Argentina si rifiuta di pagare) quotano tra 25 e 27 (se denominati in euro) e tra 29 e 31 (se denominati in dollari), segno che il mercato scommette comunque su di un esito positivo delle vicende dei vecchi obbligazionisti. Tanto più che anche nei bilanci del governo argentino si sta facendo comunque spazio a riferimenti alle somme dovute a chi non aveva aderito al piano di ristruttrurazione del debito.
29 settembre 2008
Novità anche dall’Argentina: sembra in via di definizione una proposta per cambiare la legge che impedisce di riaprire l’offerta di concambio ai risparmiatori rimasti coinvolti nel crack: solo un piccolo, ma molto piccolo passo avanti.
27 ottobre 2008
In Argentina il Governo ha annunciato un piano di nazionalizzazione dei fondi pensione, fino a oggi privati. Mossa che appare il preludio di una nuova, pesante crisi: se ancora avete titoli argentini, vendeteli.
14 novembre 2008
L'ARGENTINA SEMBRA VICINA AD UN NUOVO TRACOLLO E LA BORSA DI BUENOS AIRES A OTTOBRE È STATA LA PEGGIORE
In cima alla lista dei Paesi in crisi sta l'Argentina, dove la Borsa ha perso ben il 31%. La cosa, però, non stupisce: il Paese non sembra aver tratto nessuna lezione dal passato e, anzi, il suo rifiuto di ripianare in maniera accettabile i debiti del 2001 lo ha reso così inviso alla comunità finanziaria che lo ha lasciato a corto di liquidità e destinato, forse, a un nuovo crack. In difficoltà anche la Borsa di Budapest (-28,5%) penalizzata dai timori di tenuta del fiorino (-5,5%), Mosca (-25,2%) e Istanbul (-24,4%) che, hanno scontato la loro "perifericità", in contrasto con altri mercati emergenti che hanno perso meno (-14,5% i Paesi asiatici Giappone escluso), salvo là dove, come in Thailandia (-22,6%), grossi problemi di politica interna sono stati all'ordine del giorno. A livello settoriale l'arrivo della recessione ha soprattutto penalizzato i titoli delle materie prime (-24%) a cui si aggiungono i titoli auriferi (-26,5%) che però a settembre avevano retto meglio di altri (-1,1%).
5 febbraio 2009
RICORSO ICSID: AVANTI PIANO, MA AVANTI!
A oltre 7 anni dal crack l'Argentina e' impantanata ancora nelle sale dei tribunali di mezzo mondo. La speranza che gli investitori mollino la presa e' stata vana. E le notizie, per Buenos Aires, non sono buone.
· Gennaio non è stato un mese buono per l'Argentina che ha dovuto incassare due bocciature nelle aule dei tribunali Usa dove è stata citata in giudizio per la vicenda dei Tango bond. Si tratta di due bocciature che hanno una valenza più che altro procedurale, ma che sono indicative del clima di minor condiscendenza che si sta venendo a creare nei confronti del debitore sudamericano che nel 2008 ha visto la sua economia crescere a un ritmo vicino al 6,5% contro una situazione di stagnazione da noi e negli Usa.
· Una prima sentenza del 9 gennaio riguarda 8 tango bond per un controvalore di 2,2 miliardi di dollari: il tribunale Southern District di New York ha accettato la modalità di calcolo del danno subito proposta dagli investitori. In una seconda sentenza del 13 gennaio la Corte d'appello di New York ha, invece, ammesso la possibilità di ricorrere al tribunale Usa anche per titoli argentini emessi sotto la giurisdizione tedesca, ribaltando una precedente sentenza del tribunale di New York che aveva limitato le cause per tali titoli ai tribunali di Francoforte e Buenos Aires.
Infine il 20 febbraio l'Argentina dovrà depositare la sua replica alla contromemoria presentata dalla TfArgentina per conto degli investitori italiani di fronte al tribunale arbitrale internazionale dell'Icsid. Si tratta di un passo che dovrebbe portare entro metà 2009 a concludere la prima parte (quella più voluminosa) dell'arbitrato internazionale, la cosiddetta fase giurisdizionale, in cui non si entra ancora nel merito delle richieste di risarcimento, ma in cui si deve ancora decidere se l'arbitrato sia possibile o meno.
· Qualora questa fase dovesse concludersi bene per gli investitori (e male per l'Argentina), poi i ritmi della causa arbitrale dovrebbero finalmente avere una accelerazione.
21 maggio 2009
L'ARBITRATO LUMACHINA VA AVANTI, MA L'ARGENTINA RISCHIA DI ANDARE INDIETRO
Le cause all'Argentina per riavere i soldi del crack di 8 anni fa (arbitrato Icsid) proseguono a rilento, ma stanno per entrare nel vivo. Intanto il Paese ha sempre piu' difficolta' in campo economico.
· Le ultime notizie dall'Argentina mostrano un Paese ancora in difficoltà. La crisi economica mondiale inizia a pesare sulla sua economia che, dopo alcuni anni di crescita a un ritmo elevato (siamo intorno al 7% annuo) rischia ora di entrare nuovamente in recessione. Il che non è molto diverso da quello che sta succedendo in Europa, solo che l'Argentina è un Paese con forti difficoltà sul fronte della tenuta interna che potrebbe esplodere in caso di una nuova crisi, in più il mese prossimo si terranno delle elezioni di medio termine che secondo i sondaggi potrebbero togliere al presidente Kirchner la maggioranza in parlamento e, quindi, di indebolirne il governo.
· Secondo alcuni il peso argentino è destinato a svalutarsi dagli attuali livelli di 3,73 peso per un dollaro anche verso un livello oltre i 4 peso per un dollaro. Il che aiuterebbe le esportazioni, ma contribuisce a rendere ancora meno appetibili i suoi titoli in valuta locale. Come se non bastasse, poi, i titoli di debito pubblico argentino sono snobbati dai mercati (è il prezzo del non rimborso della crisi del 2001 che ha reso questo Paese un paria della finanza), tanto che l'Argentina è in difficoltà nel portare avanti un progetto di allungamento della durata di titoli che scadranno nel 2012. Oggi l'agenzia di rating S&P le attribuisce un rating pari a B-, cioè un'alta probabilità di insolvenza (alcuni studi sul passato suggeriscono anche una probabilità di fallire del 30-40% nel giro di 5 anni, ossia una su tre).
· In questo contesto difficile va avanti l'arbitrato Icsid, cioè il processo di fronte alla banca mondiale che mette sotto accusa l'Argentina per la sua insolvenza. Il 6 maggio col deposito di una contromemoria da parte della TFArgentina (il pool incaricato di far causa all'Argentina per conto dei risparmiatori italiani) si è avviata verso la conclusione la prima fase del processo, quella cosiddetta giurisdizionale in cui si deve stabilire l'ammissibilità di una causa all'Argentina. Il risultato si avrà a giugno. Se tutto andrà bene (cioè la causa verrà giudicata ammissibile) si passerà finalmente al cuore della questione (il come e quanto). La seconda fase dovrebbe procedere finalmente più spedita. Sempre che nel frattempo il Paese sudamericano non finisca per fallire di nuovo.
14 settembre 2009
ARGENTINA: AVANTI ANCORA, MA SEMPRE PIANO
Nuova battuta d'arresto quest’estate per le cause intentate dai risparmiatori italiani all'Argentina: il presidente del collegio arbitrale che deve decidere del contenzioso, Robert Briner, si è dimesso a fine luglio per motivi di salute e il procedimento è rimasto sospeso fino al 2 settembre, quando Pierre Tercier (giurista svizzero, già presidente della Corte internazionale di arbitraggio presso la Camera di commercio internazionale) è stato nominato nuovo presidente del collegio arbitrale. · Ora tutto dovrebbe riprendere, e a breve dovrebbe essere fissata la data per l'udienza finale della fase giurisdizionale (in cui si decide dell'ammissibilità del ricorso contro l'Argentina) e, finalmente, se il ricorso contro l'Argentina sarà giudicato ammissibile, si passerà a determinare i risarcimenti nel corso di una fase che dovrebbe procedere più in fretta di quanto accaduto finora (la richiesta di arbitrato risale al 7 febbraio 2007).
16 ottobre 2009
ARGENTINA STANCA DI BALLARE DA SOLA?
Buenos Aires vorrebbe tornare nei salotti della finanza mondiale da cui e' stata cacciata ai tempi della bancarotta. Puo' raggiungere lo scopo solo facendo marcia indietro su molte scelte fatte contro i suoi creditori, ma visto che intende anche salvare le apparenze di "fallito di successo" in cui si e' cullata per anni, la strada che ha davanti e' molto stretta.
· Nel 2010 l'Argentina vorrebbe tornare a poter chiedere soldi in prestito ai mercati, ma dopo otto anni dal crack che ha coinvolto tanti risparmiatori è ancora un paria dei mercati finanziari e nessuno si fida di lei. Per questo motivo il presidente Kirchner e il ministro dell'economia Boudou stanno cercando in tutti i modi di uscire dall'isolamento.
· In questo contesto ci sono stati contatti con il fondo monetario internazionale con cui l'Argentina non dialogava da tempo. Sono ancora contatti timidi, perché l'Argentina vuole cercare di uscire dalla crisi fingendo di poterlo fare a testa alta. In particolare il governo sembrerebbe aver chiesto alle delegazioni del fondo monetario di mantenere un profilo basso durante le loro visite in Argentina e di non mettere in imbarazzo le autorità locali lasciando loro possibilità di replica a eventuali critiche circa gli aspetti più controversi della gestione del suo debito (noto è il caso delle statistiche sull'inflazione ridotta ad arte per risparmiare sugli interessi di parte del suo debito ad essa indicizzati).
· Questi contatti con il fondo monetario sono stati visti come positivi sia dalle associazioni dei piccoli creditori americani, sia dalle agenzie di rating per cui l'Argentina resta uno dei Paesi più rischiosi al mondo.
· Si tratta comunque solo di una serie di piccoli passi che richiedono ancora tempo. C'è da immaginare che il governo sudamericano, con un occhio all'elettorato interno, mentre tratta su un tavolo, da un altro lato continuerà a cercare di spezzare il fronte dei creditori come già tentato in passato.
· In più rispetto al passato c'è da dire che se l'embargo finanziario è fin qui costato caro in termini economici, per il futuro potrebbe avere un costo elevato anche in termini politici (tasto su cui l'Argentina sembra, stranamente, più sensibile): infatti questa è una situazione che mette il Paese in serio imbarazzo nel consesso del G20 (i 20 Paesi più importanti al mondo per sviluppo economico) di cui ambisce a essere un membro importante. Non dimentichiamo che il processo di fronte all'Icsid si sta per avviare alla fase conclusiva e dovrebbe contribuire a tenere sotto pressione mediatica il Paese sudamericano.
19 ottobre 2009
RIVOGLIO TUTTI I MIEI SOLDI CON GLI INTERESSI!
Questa è l'unica cosa da urlare in faccia all'Argentina che sta meditando se riaprire o no il processo di ristrutturazione del suo debito a chi nel 2005 si era rifiutato di accettare i magri rimborsi che l'allora governo di Buenos Aires offrì alle decine di migliaia di risparmiatori coinvolti nel Tangocrack.
L'occasione per ribadire la vostra volontà è offerta dalle recenti mosse del governo sudamericano che sta meditando come rientrare nei salotti della finanza (e accedere ai prestiti di cui ha bisogno) ora che il Paese è anche parte dei G20 (vedi qui). I risparmiatori che non hanno aderito alla micragnosa offerta con cui Buenos Aires ha tentato di chiudere anni fa ogni contenzioso, pesano, infatti, come un macigno sulle sue possibilità di accedere al credito internazionale. Perché, però, gli argentini accettino la dura realtà che i debiti sono da onorare (l'economia del Paese in questi anni, tra l'altro, è cresciuta abbastanza da renderglielo possibile, vedi grafico), occorre non mollare la presa. La prima mossa è far sapere che non avete dimenticato. Mandate una mail all'ambasciata argentina in Italia e ribadite "Rivoglio tutti i miei soldi con gli interessi!" Ecco l'indirizzo: ambasciata.argentina@ambargentina.mysam.it.
27 novembre 2009
BUENOS AIRES APRIRA' AI TANGODELUSI, MA E' UN PERCORSO PIENO DI INCOGNITE.
Assai probabilmente a gennaio l'Argentina proporra' un accordo a chi non ha accettato la ristrutturazione del suo debito di circa 5 anni fa. La proposta sara' identica o addirittura peggiore rispetto a quella passata. I dettagli saranno importanti per decidere.
· L'Argentina è stanca di essere messa all'angolo dalla comunità internazionale come è giusto che accada ai debitori inadempienti; oltretutto questa situazione le sta costando molto in termini di mancato credito e di elevati interessi sui prestiti che è riuscita a contrarre. L'unica via che ha è aprire le trattative con chi 5 anni fa si era rifiutato di accettare la sua proposta di ristrutturazione del debito. Come vi abbiamo accennato nelle scorse settimane (vedi Soldi Sette n° 855 e 857) si è, quindi, messa all'opera e sta marciando a rapidi passi verso un'apertura delle trattative. Le recenti novità in tal senso offrono molte riflessioni.
· Prima novità: i tempi. Si era parlato di dicembre, ma ora è sempre più probabile che Buenos Aires lanci la proposta di scambio (novi titoli argentini in cambio delle vecche obbligazioni in default) ai tangobondisti a gennaio. Verrà pubblicato un prospetto in Lussemburgo rivolto a tutti gli investitori europei che sarà poi tradotto in italiano e passerà, quindi, per le mani della Consob.
· L'offerta probabilmente sarà differenziata: ve ne sarà una per i cosiddetti investitori istituzionali (banche, fondi...) e un'altra per i piccoli risparmiatori. Visto che gli istituzionali hanno acquistato i titoli dopo il crack (e quindi a prezzo di sconto), la loro offerta dovrebbe essere meno generosa di quella prevista per i piccoli risparmiatori. Tuttavia Buenos Aires ha lasciato trapelare di essere già d'accordo con gli istituzionali e dà per scontata l'adesione di circa il 75% degli obbligazionisti (la percentuale, ovviamente è calcolata non sul numero, ma sulle dimensioni dell'investimento).
· L'offerta non sarà migliore di quella di 5 anni fa (taglio del 70/75% del capitale dovuto), ma dovrebbe prevedere il pagamento degli interessi degli ultimi 5 anni attraverso l'emissione di titoli triennali. Il condizionale è d'obbligo, perché in assenza di un prospetto che metta nero su bianco l'offerta si può valutare solo sulla base di flash d'agenzia.
· In questo contesto la TFArgentina, che si sta occupando di rappresentare i risparmiatori italiani di fronte al tribunale internazionale dell'Icsid presso cui è stata richiesta una condanna di risarcimento nei confronti dell'Argentina, ha brillato più che altro per il suo silenzio. D'altronde la causa presso l'Icsid sta procedendo a rilento (anche a causa dei gravi problemi di salute di uno dei tre membri del collegio arbitrale, ora sostituito).
Presto per valutare, ma quali scenari si aprono?
· Con così poche informazioni è difficile dire cosa ci sarà da fare, ma è possibile fin da ora immaginare degli scenari. Innanzitutto occorre vedere se è vero che l'Argentina ha già ottenuto il consenso degli investitori istituzionali. Il fatto è probabile (i fondi che hanno speculato sui bond argentini dopo il crack ci hanno comunque guadagnato), ma potrebbe essere una forma di pressione indiretta sui piccoli risparmiatori (da Buenos Aires ci aspettiamo di tutto).
· Se è così, molto probabilmente l'offerta che viene fatta ora sarà davvero l'ultima e non è possibile sperare in un miglioramento. Per questo le scelte da valutare potrebbero essere due. Primo: non accettare l'offerta e continuare con l'Icsid e con tutte le sue incognite. Secondo: ritirare la delega alla TFArgentina, rinunciare alla causa di fronte all'Icsid (incompatibile con l'adesione a una offerta da parte dell'Argentina) e incassare i nuovi titoli offerti da Buenos Aires. In questo caso il ritiro della delega alla TFArgentina apre la possibilità di recuperare, comunque qualche soldo facendo causa alle banche che hanno venduto i tango bond, possibilità esclusa finché ci si fa assistere dalla TFArgentina. Si tratta di situazioni da valutare caso per caso.
· Nel caso in cui, invece, Buenos Aires stia bluffando e l'adesione allo scambio sia bassissima, si aprono, infine, scenari molto interessanti, perché l'Argentina resterà sulle corde ancora per un po'.
· In attesa di ulteriori novità noi continuiamo a vegliare per darvi per tempo il consiglio giusto sul da farsi.
18 dicembre 2009
NUOVI BOND IN CAMBIO DI QUELLI VECCHI ENTRO FINE GENNAIO?
Buenos Aires continua a lavorare a una apertura ai tangobondisti che nel 2005 non hanno partecipato alla ristrutturazione del suo debito. E' troppo presto per cantar vittoria, ci sono tutte le premesse per una offerta deludente.
A inizio dicembre il presidente argentino Cristina Fernandez de Kirchner ha autorizzato il ministro delle finanze Boudou a emettere nuovi titoli di Stato che possano essere offerti ai creditori che non hanno partecipato all'offerta di 4 anni fa. Il motivo di questa marcia verso la riapertura di un'offerta che, ai tempi, fu descritta come ultima e definitiva è il forte bisogno del Paese sudamericano di ritornare sul mercato dei capitali mondiale. Oggi nessuno si fida dell'Argentina in quanto cattivo pagatore.
· Rispetto all'ultima volta in cui ve ne abbiamo parlato (vedi Soldi Sette n° 861) oltre il via libera della Casa Rosada al provvedimento sono emerse altre notizie sui preparativi che il ministro dell'economia Boudou sta portando avanti con un lavoro certosino e contro molti mal di pancia da parte di importanti forze politiche del Paese (non da ultimo l'ex presidente Kirchner, marito dell'attuale capo di Stato). Tra queste notizie vi segnaliamo la preparazione di una trasferta a Davos (Svizzera) per il prossimo vertice internazionale di fine gennaio 2010 in cui il Ministro vorrebbe riuscire a chiudere le negoziazioni con i creditori del Paese. Inoltre pare che il governo incamererà parte delle riserve della Banca centrale (la somma sarebbe di 6,57 miliardi di dollari) per creare un fondo che garantisca i pagamenti che l'Argentina dovrà effettuare nel 2010. Questo da un lato potrebbe essere legato alla riapertura dell'offerta, nonostante il ministro abbia fatto capire che non offrirà soldi subito, ma solo nuovi titoli di Stato, però più probabilmente è la presa d'atto che l'Argentina ha oramai spolpato tutte le riserve interne del Paese (leggasi fondi pensione) e che, finché non riuscirà ad accedere al credito internazionale, per effettuare i suoi pagamenti dovrà ricorrere a misure come questa, giudicata "eterodossa, ma moderata" dal ministro dell'economia. Per la cronaca dei 47,5 miliardi di dollari della riserva della Banca centrale il ministro Boudou ha detto che 18 possono considerarsi "in eccesso" il che, in soldoni, vuol dire "spendibili".
· Infine martedì scorso è arrivato sul tavolo delle autorità di controllo dei mercati Usa il materiale relativo al concambio. L'attesa è che ci sia il via libera entro il 12 gennaio in modo da poter quindi lanciare l'iniziativa.
· Si prevede una finestra breve (15 giorni) per l'adesione di investitori istituzionali e una finestra più lunga per l'adesione dei piccoli risparmiatori. L'operazione sarà considerata un successo se aderirà il 60% dei creditori (in termini ovviamente di ammontare del credito, non di numero di singole persone) e questa percentuale è più o meno quanto già promesso da parte dei fondi che hanno comperato i bond argentini a prezzo di saldo e che quasi certamente aderiranno. Ciò significa che l'Argentina si considera quasi certa del successo dell'iniziativa che sarà, quindi, con ogni probabilità l'ultima. Ai risparmiatori non sarà offerto, come dicevamo, denaro ma nuovi titoli di Stato, e pure gli interessi maturati tra 2005 e 2009 saranno pagati attraverso un bond triennale con cedola al 9,5%.
· Ghiotto? Non facciamoci illusioni: ci sono molti altri fattori che definiranno il vero valore dell'offerta che sarà con molta probabilità in linea con quella di 4 anni fa (tagli del 70%). È soprattutto lo sfaldarsi del fronte dei piccoli risparmiatori che hanno progressivamente venduto i titoli finiti in mano ai fondi che rende la posizione dell'Argentina così forte. Restano ancora altre opzioni sul piatto. Per iniziare ci sono le cause di fronte al tribunale internazionale dell’Icsid intentate tramite la TfArgentina. Lì, purtroppo c'è da aspettare: le prossime udienze sono previste per aprile e potrebbero arrivare troppo tardi per aiutare i risparmiatori a fare una scelta oculata. Ultimamente la TfArgentina risulta assai abbottonata nella diffusione di notizie: che non abbia molto da dire? E poi ci sarà sempre da valutare la possibilità di far causa alle banche che hanno venduto i titoli, per cui, a suo tempo (Soldi Sette n° 640) vi avevamo già fatto inviare opportune lettere per prolungare i tempi della prescrizione di queste cause fino almeno alla primavera del 2010.
15 gennaio 2010
BOTTE DA ORBI SUL RING DI BUENOS AIRES
L'Argentina prosegue col progetto di ristrutturazione del debito, ma per farlo ha bisogno di "spillare" soldi dalle riserve della sua Banca centrale, manovra poco ortodossa che sta creando guai. Meglio cosi', perche' i creditori italiani da un rinvio di qualche mese della ristrutturazione hanno solo da guadagnare.
· Il governo argentino, forte di 48 miliardi di dollari di riserve nelle casse della Banca centrale vuole incamerarne circa 6,5 per garantirsi liquidità sufficiente a gestire i suoi debiti per tutto il 2010 e a lanciarsi nella ristrutturazione dei debiti ancora in pendenza (ristrutturazione di cui sono in attesa anche i creditori italiani).
· L'idea in sé non è insensata: 48 miliardi di riserve sono probabilmente ben oltre quanto serve all'Argentina per tenere stabile il cambio della propria valuta, quindi il trucco di prelevarli dalle casse della Banca centrale e metterli nelle tasche del governo non è privo di senso.Tuttavia è una manovra "poco ortodossa" che rischia di rovinare il Paese più di quanto lo aiuti. Infatti se da un lato con quei soldi l'Argentina può facilitare il suo ritorno ai mercati del credito che la snobbano da quando è insolvente, da un altro lato ha generato un conflitto con il governatore della Banca centrale che quei soldi non li vuole mollare.
· In ogni Paese giudicato affidabile la Banca centrale è indipendente e può dire no al governo, ma la Presidente argentina Cristina Fernandez ha scelto le maniere forti destituendo il riottoso governatore. Non poteva (ovviamente) farlo e un tribunale lo ha reintegrato nel suo ruolo, per cui il governo argentino si è ritrovato di nuovo al punto di partenza.
· I riflettori di mezzo mondo sono puntati su questa lotta che sta suscitando anche l'ironia di molti osservatori (The Economist ha scritto che il governo di Cristina Fernandez ha sviluppato un appetito insaziabile per i soldi altrui), ma altre grane sono sullo sfondo. Un giudice Usa, ad esempio, ha disposto il sequestro a favore dei creditori di una piccola somma depositata negli Stati Uniti dalla Banca centrale argentina ora percepita non più come una entità distinta a sé, ma come l'alter ego del governo argentino.
· Comunque vadano le cose questa situazione potrebbe venire a vantaggio dei creditori italiani. Sta rinviando, infatti, la rinegoziazione del prestito argentino la cui apertura era prevista in questo periodo. E a questo punto sarebbe bello che lo stallo durasse fino a primavera, in modo da arrivare alle prossime sentenze del processo internazionale di fronte all'Icsid che vede i risparmiatori contrapposti all'Argentina, sentenze che avranno un loro peso nella valutazione se partecipare alla rinegoziazione del debito, ma che in caso contrario rischiano di arrivare tardi.
29 gennaio 2010
LA PRESIDENTESSA CRISTINA VA ALLA GUERRA, ED E' QUASI TELENOVELA
Per piegare la "riottosa" banca centrale argentina la presidente Cristina Fernandez ha mandato la polizia a presidiarne l'entrata: l'ordine e' tenere fuori il governatore da lei destituito, ma reintegrato dai giudici. Alla fine il governatore ha ritenuto piu' saggio dare le sue dimissioni.
· Vi avevamo già parlato della battaglia tra vertici politici e vertici delle autorità monetarie argentine (Soldi Sette n° 868) per il trasferimento nelle casse del governo di parte delle riserve valutarie che la presidentessa Fernandez vuole incamerare per pagare una fetta dei debiti del Paese.
· La posta in palio, in realtà, non è il pagamento dei debiti, ma il tentativo della presidentessa Fernandez di ottenere soldi per aumentare la spesa pubblica in un anno pre-elettorale (si vota nel 2011) e accaparrarsi così il consenso.
· Ma proprio quando la palla era passata nelle mani di una commissione parlamentare cui sarebbe spettato di decidere il futuro del governatore della Banca centrale, questi ha dato le dimissioni. Ha, infatti, raggiunto lo scopo di coinvolgere il parlamento sottraendo al governo il controllo della banca centrale. Tanto più che il capo della commissione parlamentare è sì il vice della Fernandez, ma i due sono da qualche tempo ai ferri corti e, infatti, la stessa Fernandez ha rinunciato a un lungo viaggio all'estero proprio per non lasciare i poteri in mano a un vice da cui teme imboscate.
· La guerra, quindi, potrebbe non essere finita e questo non è necessariamente uno svantaggio per i creditori che vedono così avvicinarsi le prossime udienze di fronte al tribunale internazionale dell'Icsid per la causa che li vede contrapposti a Buenos Aires.
· Sul fronte dei creditori, si assiste, comunque a una rivitalizzazione della discussione sul debito argentino. In particolare l'omologo Usa della nostra Task force Argentina sta prendendo contatti coi creditori di diversi Paesi e sta sollecitando i governi europei. C'è in ballo il tentativo di aprire un dibattito sulle riserve che l'Argentina ha messo al sicuro in Svizzera presso la Bis, Banca dei regolamenti internazionali, l'organizzazione internazionale che coordina i rapporti tra le principali Banche centrali del mondo. I soldi depositati alla Bis in genere sono una parte trascurabile delle riserve dei vari Paesi, ma non per l'Argentina che, secondo i suoi creditori, starebbe utilizzando la Bis non per il suo ruolo di regolamento dei conti tra Banche centrali, ma in maniera del tutto anomala, come deposito sicuro per farla franca coi creditori (i soldi depositati presso la Bis sono infatti protetti da trattati internazionali).
5 marzo 2010
ASPETTANDO BUDÙ
Il ministro dell'economia Amado Boudou potrebbe mettere in cantiere un'offerta per i tangobondisti verso fine marzo, a ridosso di quando le cause intentate dalla TfArgentina potrebbero entrare nel vivo. Nell'attesa inviate una lettera alla vostra banca per tenere aperta la porta di farle causa se tutto andasse male.
· I risarcimenti per chi aveva investito nell'Argentina sono ancora in alto mare. La causa all'Argentina di fronte al tribunale internazionale dell'Icsid, dopo anni di stallo dovrebbe riprendere a inizio aprile (ma non finirà lì), mentre una nuova proposta di scambio (nuovi bond argentini in cambio di quelli vecchi in default) da parte del governo argentino dopo aver subito continue battute di arresto potrebbe arrivare per fine mese. Il condizionale, ancora una volta è d'obbligo: il governo si è, infatti, finalmente avviato a incassare 6,5 miliardi di dollari di riserve della Banca Centrale, ma dopo aver annunciato i decreti per il trasferimento del denaro nelle casse dello Stato, ha assistito all'ennesimo stop (un giudice ha bloccato il decreto).
· In questa situazione di incertezza dovete tenervi aperta la porta di far causa alla vostra banca. Come sapete, però, c'è il problema che questa possibilità cade in prescrizione dopo un certo numero di anni (5 anni). Il termine da cui iniziano a decorrere gli anni è il momento del crack (dicembre 2001), ma noi già nell'aprile del 2005 (vedi Soldi Sette n° 640) vi avevamo invitato a scrivere una lettera alla vostra banca per interrompere la prescrizione e far scattare, così, di nuovo il termine dei 5 anni. I nuovi 5 anni scadono tra poco meno di due mesi (dipende dalla data esatta in cui avete spedito la lettera), per cui è ora che prepariate una nuova lettera di interruzione della prescrizione per prolungare i tempi fino al 2015, quando finalmente dovrebbe essersi concluso tutto (processo Icsid e riapertura dello scambio nuovi bond contro vecchi bond).
12 marzo 2010
RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO: SE NE RIPARLA A PASQUA
La Quaresima in cui ci tiene l'Argentina sembra non finire mai: nuovi rinvii fanno pensare che lo scambio tra vecchi bond in default e nuovi bond slittera' a inizio aprile.
Per ora le montagne di debiti non pagati da Buenos Aires non hanno ancora partorito il loro topolino. Dalle ultime dichiarazioni del ministro dell'economia Amado Boudou pare che l'Argentina si aspetti per questa settimana una risposta da parte delle autorità di Borsa Usa sul che cosa fare per riaprire lo scambio tra titoli in default e nuovi titoli.
Il continuo susseguirsi di pause e interruzioni in un progetto di ristrutturazione del debito che doveva partire subito dopo Natale è imputabile ai problemi interni dell'Argentina che vi sono ben noti: le mani dell'esecutivo sui soldi della Banca centrale, le polemiche sulla corretta misurazione dell'inflazione da parte dell'istituto di statistica nazionale. Questo secondo alcuni osservatori starebbe, infatti, barando su pressione del governo perché un dato sull'inflazione relativamente basso (siamo intorno all'8% annuo nel 2009, contro il 20% stimato da molti osservatori) permetterebbe all'Argentina di pagare cedole meno salate su alcuni bond indicizzati. E, giustamente, le autorità Usa, prima di autorizzare un prospetto stanno cercando di vederci il più chiaro possibile, anche perché è oramai evidente che la presidente Fernandez è disposta a fare il tutto e per tutto in vista delle elezioni del prossimo anno. Tanto che la coppia presidenziale (il marito della presidente Fernandez è stato a sua volta presidente) ha appena dichiarato che governeranno fino al 2020.
La palla delle approvazioni del prospetto da parte delle autorità di controllo del mercato non si fermerà solo in campo Usa, ma arriverà anche in Europa: in Lussemburgo e in Italia. C'è da augurarsi che anche la nostra Consob faccia con molta cura il proprio mestiere.
25 marzo 2010
I NUOVI BOND DELL'INVESTITORE GABBATO SCALDANO I MOTORI
L'Argentina ha annunciato di avere consegnato alla Consob il prospetto di emissione dei nuovi bond argentini che dovrebbero andare a sostituire quelli vecchi. Per ora, pero', le bocche restano di fatto cucite, o quasi, sui particolari.
· Dopo le autorità di controllo dei mercati americani è ora venuto il momento di quelle dei mercati europei: in questo contesto Buenos Aires ha appena consegnato nelle mani della nostra Consob il prospetto dello scambio nuovi bond contro vecchi bond in default con cui intende rivolgersi agli investitori italiani per chiudere un contenzioso aperto oramai da quasi un decennio.
· I particolari, sale e sostanza di questo prospetto, non sono noti e, al di là delle voci su cui vi abbiamo tenuti costantemente aggiornati nei mesi scorsi, l'unico particolare ribadito dal ministro delle finanze argentino Boudou, è che il nuovo bond ripagherà circa il 35% di quelli andati in default dieci anni fa. Una legge tra l'altro vieta all'Argentina di fare ai suoi bondisti offerte migliori rispetto a quelle fatte nel 2005 e poi rifiutate dai risparmiatori italiani. Per questo c'è comunque da pensare che l'offerta sarà in linea con quella di cinque anni fa, o addirittura peggiore.
· Però, lo dicevamo, la sostanza starà nei particolari, per cui prima di dire qualche cosa dell'offerta occorrerà leggerla e, soprattutto valutare alcuni elementi esterni.
· In primo luogo quanti aderiranno: se aderiranno in tanti (in termini di importo dei bond, non di singoli bondisti) questa sarà l'ultima offerta e non ci sarà da sperare in altre migliori. In secondo luogo come andrà l'arbitrato Icsid (la "causa" all'Argentina presso il Fondo monetario) di cui ci sarà una sentenza importante proprio nella prima metà di aprile. In pratica ad aprile si saprà se la causa entrerà finalmente nel merito o sarà giudicata irricevibile prima ancora di "aprire le buste" con le richieste di risarcimento. Se l'Icsid andrà male (cioè la causa verrà giudicata irricevibile) l'offerta acquisterà interesse, in quanto privata di una alternativa importante per tirar su i soldi, se l'Icsid andrà, viceversa, bene ci sarà molto da discutere, perché comunque la sentenza di aprile è una tappa importante in un percorso molto più lungo (e, quindi, incerto). Staremo comunque "sul pezzo" e vi diremo che fare.
14 maggio 2010
L'ARGENTINA OFFRE NUOVI BOND
L'Argentina ha finalmente lanciato la sua offerta ai tangodelusi: non è molto diversa da quella fatta nel 2005, solo che a differenza di allora rischia di essere davvero l'ultima. Il nostro consiglio è di aderire: sebbene abbiate tempo fino al 7 giugno per farlo vi conviene andare in banca il p0rima possibile, per evitare che le inefficienze del sistema bancario italiano vi complichino la vita.
L'Argentina ha finalmente lanciato un'offerta a tutti i possessori di Tango bond (incluso chi aveva partecipato all'offerta del 2005) offrendo nuovi titoli secondo uno schema che dovrebbe avere un valore non troppo dissimile rispetto a quello della proposta di 5 anni fa, salvo il particolare che per la prima volta Buenos Aires si è detta disposta a pagare anche un po' di contanti. Poca roba è solo l'interesse (peraltro su tassi assai bassi) corrisposto per gli anni dal 31/12/03 al 31/12/09 ed è dedicato solo a quantitativi di bond non superiori ai 40.000 euro. Tuttavia sono circa 700 euro ogni 10.000 di investimento originale pagati sull'unghia.
Aderire o no all'offerta?
· Buenos Aires al solito si mostra avara. Tuttavia questi soldi sono pochi, ma certi. I soldi (molti di più) ottenibili in alternativa, proseguendo nella causa di fronte all'Icsid (una sorta di tribunale internazionale in seno alla banca mondiale) portata avanti dalla TFArgentina (l'ente di emanazione bancaria che si sta occupando della causa) sono al momento incerti. E anche la TFArgentina, un tempo assai convinta della bontà di una causa all'Icsid si è fatta quantomeno tiepida di fronte a questa prospettiva.
· La TFArgentina nella sua ultima nota a proposito dell'Icsid ha, infatti, fatto intendere che occorre ancora attendere fino alla fine del 2010 per sapere se l'Icsid si dirà competente (o meno) a trattare la causa di risparmiatori contro Buenos Aires. Ciò significa che si entrerà nel merito solo a partire dall'anno prossimo e di lì si dovrà decidere se, quando e quanto Buenos Aires dovrà pagare, secondo tempi biblici e con incertezze elevate. In più la TFArgentina nel suo ultimo incontro avuto con le organizzazioni dei consumatori (noi c'eravamo) nel delineare le possibilità di successo di fronte all'Icsid ha tenuto un profilo più basso rispetto al passato e ha fatto intendere che anche in caso di vittoria i soldi che già ora sono di sicuro sequestrabili ammontano a pochi spiccioli (105 milioni di dollari sui 18 miliardi e mezzo dei vecchi bond in circolazione). Se ne potrebbero trovare altri, ovvio, ma è una partita tutta da giocare.
· Accanto a tutto questo c'è da dire che l'offerta argentina che sta per uscire sarà probabilmente pure l'ultima che arriverà da parte di Buenos Aires, perché se nel 2005 la speranza di un insuccesso era alta (e infatti siamo qui di nuovo a parlarne), la speranza di un flop è oggi ai minimi, perché molti piccoli risparmiatori hanno ceduto i titoli che avevano e molti bond argentini sono finiti in mano a fondi che li hanno acquistati in saldo ed è, quindi, probabile un'adesione di massa da parte dei fondi stessi.
· Insomma, rispetto a 5 anni fa lo scenario è cambiato. Buenos Aires è stata effettivamente messa all'angolo come prevedevamo venendo ad aprire una nuova offerta su pressione dei mercati internazionali (quasi nessuno, a parte il presidente venezuelano Chavez, le ha prestato più soldi da allora). Tuttavia il fronte dei creditori, meno saldo che in passato, le sta offrendo una concreta possibilità di chiudere il contenzioso a condizioni più o meno simili a quelle del 2005. In più se nel 2005 l'arbitrato Icsid si presentava come una possibilità concreta, le lungaggini con cui si è protratto (purtroppo una dimissione per motivi di salute nella terna arbitrale ha fatto perdere molti mesi utili) lo hanno reso meno accattivante di allora.
· Per questi motivi, secondo il principio di pochi, maledetti, ma subito, vi consigliamo di accettare la proposta di scambio argentina (di cui trovate una descrizione nella tabella) chiedendo, per quanto possibile (il limite di 40.000 euro) le obbligazioni Par che almeno vi danno diritto ad ottenere subito un piccolo ristoro in denaro. Semmai abbiate l'accortezza di non firmare nessun documento in cui in cui promettete alla vostra banca di non farle causa per sue eventuali responsabilità.
· Chi avesse aderito all'offerta argentina nel 2005 può continuare a tenere i suoi vecchi bond e non partecipare all'offerta attuale che, come peraltro specificato nel prospetto, potrebbe non convenirgli.
· Aiutateci, infine, a raccogliere informazioni su quanti titoli argentini avete in mano compilando il questionario che trovate qui http://www.altroconsumo.it/asp/SmartInquiry/SmartInquiry.aspx?src=275173
Offerta argentina: le caratteristiche per chi non ha accettato quella del 2005 |
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Tipo di opzione |
Par (1) |
Discount |
Valore in % (2) dei vecchi bond |
100% |
33,7% (3) |
Anno di scadenza del titolo |
31/12/2038 |
31/12/2033 |
Quantitativo massimo che è possibile richiedere |
40.000 euro |
Nessuno |
Rimborso del capitale |
20 rate semestrali dal 30/09/29 |
20 rate semestrali dal 30/06/24 |
Tasso di interesse annuo in denaro (per i bond in euro) |
2,26% dal 30/9/09 al 30/3/19, 3,38% dal 31/3/19 al 30/3/29, 4,74% dal 31/3/29 al 31/12/38 |
7,82% (4) dal 31/12/09 (ma fino al 30/12/13 solo il 5,45% in denaro, il restante 2,37% viene capitalizzato) |
Corrispettivo per interessi non pagati negli scorsi anni per i bond in euro |
743 euro ogni 10.000 di capitale (2). |
919 euro (5) ogni 10.000 di capitale (2) pagati tra alcuni anni (6). |
Altre assegnazioni |
Titoli indicizzati al Pil argentino con scadenza entro il 15/12/2035: non danno capitale, ma solo cedole variabili in base all'andamento della ricchezza argentina (7). |
TABELLA
NB: C'è uno 0,4% di commissioni (40 euro ogni 10.000). Le nuove obbligazioni non saranno fungibili con quelle emesse nel 2005. (1) soggetta a limiti di assegnazione: non più di 2 miliardi di dollari su tutta l'offerta, poi si va a riparto; (2) calcolata sul cosiddetto valore di scambio, ossia il valore di capitale non rimborsato al 31/12/2001 maggiorato dagli interessi maturati, ma non pagati fino a tale data; (3) si aggiunge una piccola quota di interessi per il periodo 31/12/03-30/12/09 pari al 25,23399% per i bond in euro, in totale fa il 42,2%; (4) sull'importo dei bond ricevuti; (5) 0,2726930 euro x 33,7% x 10.000; (6) Bond global 2017 in dollari Usa con tasso dell'8,75% annuo, il prezzo di emissione è da fissare ainsieme alla data di scadenza in questi giorni; (7) c'è un ammontare massimo che potrà essere distribuito nel corso degli anni, dopodiché il titolo Pil scadrà anticipatamente, per i titoli in euro è attualmente di circa 4.125 euro ogni 10.000.
26 novembre 2010
BOND ARGENTINI: COSA FARE?
In molti han contattato il nostro servizio chiarimenti finanziari che risponde allo 02/6961577 dalle 9 alle 12 dal lunedì al venerdì per chiederci che cosa fare coi titoli argentini ricevuti dopo l'offerta di scambio con cui Buenos Aires ha chiuso il contenzioso con i vecchi obbligazionisti.
· La risposta è presto detta: il nostro consiglio è di vendere sul mercato le obbligazioni argentine in vostro possesso e di portarvi a casa i soldi. Alcune sono quotate a Francoforte, altre in Lussemburgo, altre ancora su entrambi i mercati, quindi non dovrebbe essere difficile disfarvene.
· Il motivo di tutto ciò sta principalmente nel fatto che sono rischiosi. L'argentina ha fatto fallimento diverse volte nel corso degli ultimi 60 anni e il rating attualmente ottenuto dallo Stato argentino, pur in presenza di notevoli progressi è ancora piuttosto basso. Ad esempio, S&P le attribuisce un rating pari a B (nostro molto rischioso) un livello che, in passato, è stato associato a emittenti di obbligazioni che in un quarto dei casi dopo cinque anni non ce l'hanno fatta a ripagare i loro debiti. E non è un caso che i titoli argentini in euro abbiano oggi rendimenti intorno al 10%, un livello decisamente molto alto.
· È vero che l'economia dell'Argentina attualmente sta crescendo a ritmi sostenuti che ci scordiamo qui in Europa (il dato a fine agosto è +8,5% sullo stesso mese dell'anno precedente), ed è vero che i suoi conti pubblici sono in forte avanzo (5,3 miliardi di dollari nei primi 9 mesi, ed è previsto che per fine anno si arrivi al 2,7% del Pil), tuttavia le incertezze su questo Paese restano molte e profonde, come rileva il fatto che i suoi tassi siano mediamente di quasi il 3% sopra quelli degli altri Paesi sudamericani.
· In primo luogo l'affidabilità dei dati diffusi da Buenos Aires non è un gran che. Ve ne avevamo parlato (vedi Soldi Sette n° 855): l'Argentina tende a essere poco trasparente, e per esempio il dato medio di inflazione che fornisce (8,3% nei primi 9 mesi, 10,3% annuo) non è giudicato affidabile dai molti osservatori che stimano che il carovita sia del 25%! Sempre in materia di trasparenza Buenos Aires continua a bisticciare col Fondo monetario internazionale che vorrebbe avere un maggiore controllo sui dati economici pubblicati dal Paese anche in vista del vicino pagamento dei debiti di Buenos Aires verso il cosiddetto Club di Parigi (un gruppo di Stati creditori). Ancora in materia di trasparenza: la Financial action task force, ente intergovernativo che si occupa di riciclaggio e terrorismo ha minacciato di inserire l'Argentina nella sua lista grigia.
· In secondo luogo a creare ulteriori incertezze c'è la decisione di utilizzare le riserve della Banca centrale per ripagare parte dei debiti del Paese. Questa misura è giudicata poco ortodossa dagli economisti perché mina l'indipendenza della Banca centrale (e già in passato aveva suscitato grosse liti in Argentina, vedi Soldi Sette n° 868), e in futuro potrebbe portare a maggiori difficoltà nel controllo dell'inflazione.
· Infine, occorre tenere conto che le obbligazioni derivate dal concambio salvo il caso delle Global 2017 in dollari, hanno scadenze superiori ai 20 anni e quindi i loro prezzi tendono ad amplificare con forza eventuali rialzi dei tassi. Insomma, si tratta di un ulteriore rischio che va ad aggiungersi a quello di titoli già di per sé poco adatti al buon padre di famiglia.
Argentina: la fine di una lunga telenovela
· Tra la scorsa estate e l'inizio dell'autunno Buenos Aires ha perfezionato lo scambio tra vecchi titoli argentini in default con obbligazioni argentine di nuova emissione. L'operazione, che si sarebbe dovuta concludere in agosto, è in realtà andata avanti piuttosto per le lunghe e, ancora a novembre diversi risparmiatori (perlopiù quelli correntisti di grandi gruppi bancari) si lamentavano di non aver ancora visto arrivare i titoli argentini sul proprio conto di deposito.
· Noi avevamo consigliato di aderire all'offerta perché è probabilmente l'ultimo treno per i risparmiatori. L'adesione è stata in effetti piuttosto alta, anche se a tutt'oggi ci sono 60.000 risparmiatori italiani che si sono affidati alla TFArgentina sono in attesa di una risposta circa l'ammissibilità dell'arbitrato Icsid con cui hanno chiamato in causa lo Stato argentino. La marcia per loro resta, però ancora lunga e piena di incertezze.
1 luglio 2011
ARGENTINA: RIVOLETE INDIETRO I SOLDI? ALLORA DITECELO!
Sono passati quasi dieci anni dal crack argentino. Il Paese sudamericano ha chiuso il contenzioso coi suoi creditori, ma resta aperto il fronte delle banche che hanno venduto i titoli a famiglie italiane spesso male informate. Abbiamo avviato una raccolta di informazioni per sapere se avete ancora in mano titoli argentini.
· Era dicembre del 2001 quando l'Argentina alzò bandiera bianca e decise di non pagare più i suoi creditori. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti e tante cose sono successe. In primo luogo l'Argentina ha ripagato in maniera misera i suoi creditori. Prima, nel 2005, con un'offerta che aveva avuto scarso successo (anche noi vi avevamo detto di non aderire), successivamente, nel 2010, con una nuova offerta praticamente identica alla prima che, però, ha preso per sfinimento i risparmiatori di mezzo mondo e ha avuto successo chiedendo in maniera tombale il contenzioso (qui vi avevamo detto di aderire, vedi Soldi Sette n° 885, consci che sarebbe stata purtroppo l'ultima offerta e che i piccoli risparmiatori stava perdendo i sostegni internazionali di cui avevano goduto fino ad allora).
· Ad oggi, per chi non ha aderito all'offerta argentina e ha aderito alla via dell'arbitrato Icsid resta aperta solo la speranza che presso l'Icsid le ragioni dei risparmiatori trovino una valida difesa. Purtroppo, per, questa procedura si è rivelata assai lunga e siamo ancora a metà del guado.
· Resta, però, un fatto importante: molto spesso le banche hanno venduto i titoli argentini a risparmiatori del tutto ignari del rischio che avrebbe comportato tale investimento. Noi già da tempo vi abbiamo suggerito di tenervi aperta la via di una causa alle banche inviando lettere interruttive della prescrizione per la loro responsabilità extracontrattuale (vedi Soldi Sette n° 640 e 875) che si prescrive, appunto, nel giro di 5 anni dai fatti. Volevamo avere, infatti, le mani libere, per decidere con voi che ricorsi fare, restando aperte oltre alla responsabilità extracontrattuale altre due possibili occasioni di far causa alla banca: quella per responsabilità contrattuale (per violazione cioè del vostro contratto con la banca) che si prescrive dopo 10 anni dall’acquisto; e quella per nullità del contratto, che non va mai in prescrizione.
· Bene, ora è venuto il momento di fare la conta per sapere come siete messi con l’Argentina. Ci interessa in particolar modo sapere quanti titoli argentini avevate acquistato e presso quale banca lo avete fatto. Ci interessa inoltre sapere se li avete ancora e se avete inviato le lettere interruttive della prescrizione. Per questo abbiamo preparato un questionario da compilare qui http://www.altroconsumo.it/asp/SmartInquiry/SmartInquiry.aspx?src=275173. Fateci, quindi, sapere.
23 novembre 2012
L’ARGENTINA TORNA A ESSERE INSOLVENTE?
· Il costo di assicurarsi da un default argentino è salito di nuovo a livelli stellari: in pratica oggi i mercati attribuiscono a uno scenario di insolvenza simile a quello di 10 anni fa (tagli del 70% sui debiti contratti) una probabilità di ben il 30%. Era di circa il 15% solo a ottobre.
· A far franare l’affidabilità del Paese c’è la difficile situazione giudiziaria in cui versa nei tribunali di mezzo mondo. Già c’erano stati problemi in Ghana dove la nave scuola della marina (una sorta di Amerigo Vespucci sudamericana) è stata posta sotto sequestro a favore dei creditori argentini senza alcun riconoscimento dell’immunità diplomatica. Ma si tratta di cose bagatellari se le si confronta con la tegola crollata in testa a Buenos Aires in questi giorni: la condanna a pagare gli interessi anche ai bond esclusi dalla ristrutturazione inflitta da un giudice americano. Qualcuno potrebeb obiettare che la giurisdizione che vale è quella argentina, ma il giudice ha fatto capire che Buenos Aires non potrà pagare (almeno sul suolo Usa) le cedole a chi ha accettato i bond ristrutturati e se lo fa la Banca che le fa da agente pagatore rischia grane grosse. Ma se Buenos Aires non paga di fatto sarà in default.
Grane infinite in un Paese mal gestito
· Settimana scorsa grosse manifestazioni hanno poi fatto confluire sulla capitale i camionisti del Paese per chiedere una riduzione delle tasse. Secondo il Fondo monetario internazionale la crescita del Paese quest’anno dovrebbe essere (al netto dell’elevatissima inflazione) del 2,6%, un dato che in Europa farebbe furore, ma che è pur sempre assai inferiore rispetto ai ritmi sostenuti degli anni scorsi e che crea comunque problemi a una economia che non si è mai del tutto ripresa dalla crisi.
· I problemi, infatti, non mancano: il più evidente si chiama carovita. Secondo i dati ufficiali siamo al 10% l’anno. Una enormità di per sé che rende chiara la rapina a cui sono sottoposti i redditi degli abitanti del Paese, ma che non è nulla rispetto alla rapina indicata da analisti indipendenti che rilevano una inflazione ben più alta al 24% annuo (immagina che il tuo stipendio tra due anni ti offra, a bocce ferme, la metà delle cose che puoi acquistare ora e puoi comprendere la gravità del problema). C’è da tempo sospetto che il governo manipoli questi dati (vedi Soldi Sette n° 790) che, infatti, sono resi noti solo dall’opposizione parlamentare, visto che nel Paese, in barba alla libertà di stampa sono fioccate multe molto pesanti (anche 150.000 dollari) per chi pubblicava questi dati. Anzi, la libertà di stampa in Argentina è oggi giudicata a rischio visto che il governo ha minacciato di ritiro della licenza e confisca il Grupo Clarìn, principale editore indipendente del Paese.
· Questa situazione di Stato dirigista si vede anche su molti altri versanti: ad esempio a luglio il governo ha deciso di costringere le banche a destinare il 5% dei loro depositi a nuovi prestiti alle imprese, ha sospeso in molti casi la possibilità di convertire i peso in dollari, tanto da creare forti differenze tra cambio ufficiale e cambio effettivo al mercato nero. Tra agosto e settembre poi ha innalzato la tassazione sulla soia e ha introdotto una tassazione sulle esportazioni del biodisel ottenuto dalla soia. Senza dimenticare che il governo argentino è lo stesso che ha nazionalizzato la compagnia petrolifera Ypf sottraendola a Repsol e che questo rischia ora di portare nuove grane legali che si sommano a quelle ancora vive per il crack del 2001 di cui abbiamo parlato sopra.
· Ma c’è dell’altro: le riserve valutarie sono in calo, e sono scese recentemente per la prima volta da agosto 2009 sotto la soglia psicologica dei 45 miliardi di dollari. Tra l’altro di questa somma circa 8 miliardi saranno usati nel 2013 per pagare i debiti del Paese (per la cronaca il debito estero argentino è di poco più di 140 miliardi di dollari, di cui oltre 70 di debito pubblico).
· Ora non sappiamo ovviamente con certezza se l’Argentina di nuovo fallirà: nel 2009 i timori erano addirittura più elevati, ma poi non è successo niente. Nel dubbio, però, visto l’elevato rischio se per caso hai ancora bond argentini e non li hai ancora venduti fallo ora.
ARGENTINA: È DIFFICILE COMBINARE AFFARI!
ECCO UN TERMOMETRO CHE MISURA IL FEBBRONE
Da anni la Banca mondiale pubblica classifiche su quanto sia facile o meno “combinare affari” in ben 185 Paesi al mondo. Qui nel grafico ti diciamo come se la cavano Stati Uniti, Italia e Argentina: più la barretta è alta, più è difficile combinare affari in quel determinato settore perché il Paese si avvicina pericolosamente a quota 185, ultimo in classifica.
21 ottobre 2011
ARGENTINA: ULTIMA CHIAMATA
A luglio in Soldi Sette n° 940 vi avevamo detto di correre a compilare sul sito di Altroconsumo un questionario per aggiornarci su come siete messi coi titoli argentini. Lo avete fatto? Se non lo avete fatto siete ancora in tempo, ma il tempo stringe.
· A dicembre saranno 10 anni che l’Argentina ha deciso di non pagare i suoi debiti. Dopo due offerte di rimborso, una nel 2005 e una nel 2010, lo Stato sudamericano ha preso per sfinimento i suoi creditori, ottenendo una sorta di condono tombale pagandolo, tutto sommato poco. Noi alla fine, in Soldi Sette n° 885 vi avevamo detto di aderire alla seconda offerta perché era oramai chiaro che a livello internazionale con la crisi in atto, dei piccoli risparmiatori coinvolti nel Tangocrack dieci anni fa, importava assai poco.
· Certo restava aperta la via dell’arbitrato Icsid (una sorta di tribunale internazionale dei debitori costituito in seno alla Banca mondiale), ma l’estrema lentezza con cui si stava muovendo questa procedura non ci faceva prevedere una fine in tempi brevi. E, infatti, solo ad agosto 2011, dopo sei anni dall’annuncio del ricorso Icsid, il tribunale internazionale ha dichiarato ammissibile il ricorso (vedi Soldi Sette n° 948) senza ancora entrare nel merito. C’è da dire che a settembre, con una richiesta giudicata “temeraria” da parte della TfArgentina (l’ente di emanazione bancaria che sta seguendo la causa per gli obbligazionisti), lo Stato sudamericano ha chiesto la ricusazione dei giudici che hanno ammesso il ricorso. La decisione dovrebbe venir resa nota a breve.
· Ciò detto, se Buenos Aires è senz’altro nella parte del cattivo, non è che le banche italiane che hanno venduto i titoli argentini a risparmiatori ignari dei rischi, siano stati degli angeli, hanno in molti casi delle colpe.
· Noi vi avevamo suggerito di tenere aperta la via di una causa alle banche inviando lettere interruttive della prescrizione per la loro responsabilità (vedi Soldi Sette n° 640 e 875): quella extracontrattuale si prescrive, appunto, nel giro di 5 anni dai fatti, quella contrattuale in 10 (mentre la nullità del contratto non va mai in prescrizione).
· Bene, vorremmo sapere quanti titoli argentini avevate acquistato e presso quale banca lo avevate fatto, se li avete ancora e se avete inviato le lettere interruttive della prescrizione. Già in molti avete risposto al questionario su http://www.altroconsumo.it/soldi/nc/inchieste/crac-argentina segno che il crack argentino fa ancora male. A chi non si fosse ancora presentato all’appello diciamo che è ancora in tempo per farlo.
26 novembre 2012
QUEI BOND DESAPARECIDI…
L’Argentina torna a far parlare di sé con lo spettro di un nuovo default.
Il rischio è più legato a un fatto tecnico che a reale incapacità di pagare, ma è sintomo di come Buenos Aires non abbia imparato a gestire i suoi debiti da Paese maturo e di come sia doveroso stare alla larga dai titoli argentini. Se li hai vendili! Tutta la faccenda parte dai bond desaparecidi, quelli in mano a chi non aveva aderito alla ristrutturazione del debito proposta da Buenos Aires. I fondi che hanno queste obbligazioni si stanno divertendo a far stare sulle spine la presidente Kirchner. Per ora non hanno avuto denaro, ma si sono tolti la soddisfazione di far sequestrare una nave scuola della marina ormeggiata in Africa e, han convinto il giudice americano Griesa a ordinare il pagamento degli interessi arretrati anche ai bond desaparecidi. Finché Buenos Aires non lo fa il giudice ha vietato il pagamento delle cedole sulle obbligazioni uscite dalla ristrutturazione. Ma non solo: se una banca Usa provvede al pagamento per conto dell’Argentina rischia grane. Buenos Aires ricorrerà ancora, fino alla corte suprema Usa, ma la Kirchner rischia di trovarsi a un bivio: sganciare i soldi per i bond desaparecidi, o non pagare i bond ristrutturati e portare il Paese al default. La via è stretta, anche perché è previsto che per ogni euro in più che finisse nelle casse dei bond desaparecidi dovrebbe pagare un euro in più anche ai bond ristrutturati.
28 novembre 2012
BUENOS AIRES SOTTO LA SCURE DI FITCH
L’agenzia di rating ha tagliato di ben cinque gradini il suo giudizio sull’affidabilità dell’Argentina. Una decisione che conferma la situazione sempre più critica del Paese. Se hai bond argentini, vendili.
· Fitch ha abbassato da B a CC il suo giudizio su Buenos Aires, e ritiene “probabile” un nuovo default del Paese. Una decisione drastica: Fitch è la prima agenzia a tornare a parlare di mancati pagamenti da parte dell’Argentina, mentre i giudizi espressi da S&P e Moody (rispettivamente B- e B3) restano, per ora, relativamente lontani dal fallimento.
· Drastica sì, la decisione di Fitch, ma in fondo non così inattesa: non è altro che la conseguenza della decisione presa da un giudice americano, la scorsa settimana, relativamente ai bond di chi non aveva aderito alla ristrutturazione di 10 anni fa. Te ne abbiamo già parlato sullo scorso numero di Soldi Sette.
· Ciò non toglie che la sforbiciata dell’agenzia di rating sia l’ulteriore conferma del fatto che il Paese è di nuovo allo sbando: una politica economica miope sta costando cara al Paese, e ad aggravare ulteriormente la situazione c’è una gestione politica opaca e dirigista. Anche di questi aspetti ti avevamo già parlato la scorsa settimana. A maggior ragione, oggi più che mai, se hai bond argentini vendili subito.
29 novembre 2012
BUENOS AIRES VINCE UNA BATTAGLIA. MA NON È DETTO CHE VINCA LA GUERRA
Dopo la sentenza del giudice Usa delle scorse settimane, ora la corte d’appello concede una tregua a Buenos Aires. Ma non ti illudere, il rischio default non è scongiurato: approfitta per vendere.
· Nuova puntata nella lunga e complicata vicenda dei bond argentini: una corte d’appello degli Stati Uniti ha infatti dato altro tempo a Buenos Aires per contestare la decisione del giudice federale Usa di cui vi abbiamo più volte parlato negli scorsi giorni.
· La decisione del giudice Usa imponeva all’Argentina di depositare entro il 15 dicembre in un fondo di garanzia 1,3 miliardi di dollari per ripagare gli obbligazionisti che non avevano aderito alla proposta di scambio negli scorsi anni. Il mancato rispetto di questo obbligo avrebbe ostacolato il pagamento degli interessi sui bond “nuovi”, riportando di fatto il Paese in default.
· Ora, con il “contrordine” arrivato dalla corte d’appello, Buenos Aires vede allontanarsi un po’ il rischio default. Allontanato, ma non scongiurato: tra ricorsi e controricorsi, questa vicenda rischia di prolungare ancora a lungo l’incertezza sul destino dei tango-bond.
· Se hai obbligazioni argentine, quindi, non farti allettare da questa (temporanea) vittoria: anzi, approfitta della schiarita e della reazione positiva dei mercati per vendere al più presto i tuoi bond.
5 aprile 2013
ARGENTINA ANCORA A RISCHIO DEFAULT
Sommersa dalle inondazioni Buenos Aires deve fare anche i conti col suo passato di debitore insolvente, un passato che continua a ripresentarsi con nuovi guai nei tribunali Usa. Se hai ancora bond argentini vendili!
Dopo aver massacrato i risparmiatori di mezzo mondo con perdite fino al 70% dei loro investimenti, Buenos Aires negli ultimi 10 anni ha fatto tutto ciò che un Paese deve fare per non essere credibile: ha lasciato che la sua valuta subisse pesanti svalutazioni, ha messo in atto espropri (è il caso di Repsol/Ypf) e fatto correre i prezzi come non mai, arrivando perfino a falsificare le statistiche (l’inflazione secondo alcune stime attendibili nel 2012 è stata del 24,6% a fronte di dati ufficiali dell’11,6%).
Tutti queste “furbate” hanno, però, avuto fiato corto e ora i nodi vengono al pettine e l’Argentina è di nuovo a rischio default coi Cds (il termometro di rischio Paese) oltre quota 3.500, livello che equivale a una probabilità del 70% di un taglio di metà dei pagamenti dei suoi debiti.
A mettere di nuovo Buenos Aires sotto i riflettori sono le sconfitte subite nei tribunali Usa, per cui il Paese dovrebbe pagare 1,33 miliardi di euro a chi non ha partecipato alle due ristrutturazioni con cui tre e otto anni fa ha cercato di venire a patti coi vecchi creditori. A dar filo da torcere all’Argentina sono stati dei fondi Usa con in pancia vecchi tango bond. Si stima che ad avere in tasca questi vecchi titoli sia ancora il 7% circa degli ex tangobondisti.
Fonti ministeriali hanno fatto trapelare la disponibilità a riaprire anche a questo 7% di esclusi la vecchia offerta di ristrutturazione. Però il nodo cruciale sta nelle condizioni a cui sarebbe fatta questa riapertura. Buenos Aires non vuole concedere condizioni migliori rispetto a quelle concesse tre e otto anni fa, perché dovrebbe poi offrirle anche a chi aveva accettato la vecchia ristrutturazione. I fondi dal canto loro non mollano. Si vedrà tra qualche settimana come andranno le cose, visto che la mossa del governo argentino verso una riapertura del concambio pare aver dato una tregua giudiziaria al Paese di ben tre mesi nei quali non dovrà pagare gli 1,33 miliardi che pure dovrà sborsare. Tu, comunque, nelle more, evita di farti trovare ancora con bond argentini in mano e se per caso non li hai ancora venduti fallo ora.
19 aprile 2013
COME VENDERE I BOND ARGENTINI
Il nostro ultimo consiglio si riferiva alle obbligazioni che la Repubblica argentina ha emesso in seguito all’ultimo e al penultimo swap, nel 2005 e nel 2010. Se possiedi una di queste ultime, vedi riquadro, liberartene è semplice: sono quotate sul Tlx e puoi venderle su questo mercato.
Se, invece, non hai accettato nessuna delle proposte di swap e sei quindi in possesso delle obbligazioni argentine in default hai due possibilità. La prima è di cercare di accordarti con la tua banca perché te le acquisti lei, la seconda è di aspettare sperando in una nuova proposta di swap, che non è da escludersi, e dovrebbe, stando alle indiscrezioni, riguardare sia le obbligazioni emesse dopo lo swap, sia quelle in default. Seguici sia sul sito, sia sulla rivista, ti terremo aggiornata e ti consiglieremo sul da farsi.
TITOLI ARGENTINI QUOTATI SUL TLX
Questi sono i titoli emessi dalla Repubblica argentina presenti sul mercato italiano. Se sono questi quelli che possiedi puoi dare ordine alla tua banca di venderli. Si tratta di: Repubblica argentina 31/12/2038 (Isin US040114GK09), Repubblica argentina 2/06/2017 (Isin XS050119548), Repubblica argentina 31/12/2038 (Isin XS0205537581), Repubblica argentina 31/12/2038 (Isin XS0501195993).
17 maggio 2013
DOVE VENDERE I BOND ARGENTINI
Ho due obbligazioni della Repubblica argentina. La mia banca non riesce a venderle. Come faccio?
I due bond che possiedi, Repubblica argentina 31/12/2033 (Isin XS0205545840) e Repubblica argentina 15/12/2035 (Isin XS0209139244), sono quotati sulla Borsa di Francoforte. Non ci sembra che i due titoli siano molto scambiati, ma qualche compravendita sembra essere stata effettuata nelle ultime settimane. I due titoli in questione sono quotati anche sul mercato Hi-Mtf – vedi riquadro. Se sei cliente di una banca del gruppo Banco Popolare, di una banca di Credito cooperativo o di un istituto del gruppo Sella, puoi tentare di vendere i titoli su questo mercato. Anche qui, però, gli scambi sono pochi.
Cos’è il mercato Hi-Mtf
È un mercato regolamentato su cui vengono scambiate obbligazioni e azioni, gestito da Hi-Mtf Spa, società partecipata dall’istituto centrale della Banche Popolari italiane, da Iccrea banca, da Banca Aletti &C, gruppo Banco Popolare e da Banca Sella Holding. Si può paragonare con il Tlx e con l’Eurotlx per funzionamento. Sull’Hi-Mtf sono quotati molti degli strumenti finanziari presenti a Piazza Affari e qualcuno in più, come per esempio i bond emessi dalla Repubblica argentina.
2 settembre 2013
Argentina di nuovo nei guai
Buenos Aires è in difficoltà nei tribunali Usa e rischia seriamente un nuovo default. Sta studiando la maniera di uscire dalla situazione, ma la giustizia americana non pare intenzionata a farle sconti.
Alcuni fondi speculativi che avevano in tasca lo 0,45% del debito argentino finito in default 12 anni lo scorso 23 agosto sono riusciti a spuntare una sentenza favorevole di fronte a un tribunale americano e far condannare Buenos Aires a rimborsare integralmente i loro bond. La sentenza non è ancora esecutiva in attesa di una pronuncia della corte suprema. Ma se passasse spalancherebbe la porta a richieste simili da parte degli altri creditori. La portata di una simile sentenza è quindi molto ampia perché Buenos Aires rischia di dover pagare una montagna di quattrini.
Il presidente argentino Kirchner ha annunciato di voler riaprire le porte a uno scambio tra vecchi titoli in default e bond di nuova emissione per la terza volta dopo gli scambi precedenti del 2005 e del 2006. I contorni dell’iniziativa non sono noti, ma è abbastanza chiaro che da un lato non sarà offerto più di quanto dato in passato (eventuali condizioni migliorative andrebbero estese anche a chi ha aderito alle vecchie iniziative con costi eccessivi) e da un altro che la Presidente sta cercando di riportare sotto il diritto argentino (dove potrà fare il bello e il cattivo tempo) debiti che per ora sono regolati dal diritto Usa.
Siamo sempre alle solite: il Paese sta cercando di farla nuovamente franca a basso costo, ma continua a essere tagliato fuori dai mercati finanziari e la fiducia nelle sue istituzioni resta pari a zero. In più se non dovesse riuscire a spuntarla di fronte alla corte suprema americana rischia seriamente un nuovo default anche sui bond già emessi perché comunque dipende dal sistema finanziario americano per i pagamenti.
Tu non dovresti avere in mano titoli argentini, ma se per caso ne hai ancora vendili! Ti ricordiamo che i Cds, il termometro del rischio argentino, sono sopra quota 2900, il che significa che il mercato stima quasi il 40% di probabilità di un default di portata simile a quello di 12 anni fa quando Buenos Aires pagò il 30% del dovuto.
27 gennaio 2014
ARGENTINA SULL’ORLO DEL FALLIMENTO
L’economia argentina non è in salute e questo si sa da tempo. Ma il crollo del peso argentino, che la scorsa settimana, in due giorni, ha perso il 19% sul dollaro Usa, il 15% nella sola giornata di venerdì, è drammatico. La Banca centrale argentina ne ha sostenuto a lungo la quotazione, ma, dopo mesi, si è arresa, lasciando che fosse il mercato a determinarne il cambio. Nel Paese è in corso una fuga di capitali e la valuta argentina, in poche ore, è sprofondata ai minimi storici sul dollaro Usa - oggi ci vogliono 8,34 peso per 1 dollaro e al cambio non ufficiale ce ne vogliono 12! Non siamo oggi certi che il mercato riesca in futuro a distinguere tra Paesi emergenti “virtuosi” e quelli davvero in crisi. C’è poi l’effetto domino: dopo l’Argentina, Brasile, Messico … per prudenza stai alla larga da tutte le loro obbligazioni. Questo vale anche per i bond in rand. Tienili ma non comprarne più.
3 febbraio 2014
LA FEBBRE ARGENTINA METTERÀ A LETTO ANCHE SPAGNOLI E BRASILIANI?
Tanto tuonò che alla fine, a Buenos Aires, rischia di piovere. L’Argentina è quasi al collasso. La valuta ha perso i due quinti del valore rispetto a un anno fa e le prospettive non sono buone: la Banca centrale ha alzato bandiera bianca e non riesce a difendere il peso. Il cancro del Paese è il populismo: scelte economiche elettoralmente facili che cacciano soldi e investitori. Un esempio? La nazionalizzazione di Ypf ha fatto capire come lo Stato disprezzi la proprietà privata straniera. Un altro esempio? I dati sull’inflazione (sopra il 20% annuo) taroccati a meno della metà. In queste condizioni chi si fida a investire nel Paese? Il rischio rapina è evidente. Il problema è che, però, l’Argentina non è un’isola, ma ha stretti legami con la ex madrepatria Spagna. Madrid, infatti, un po’ per continuità linguistica, un po’ per comunanza culturale, ha sempre investito a Buenos Aires ricevendo anche fregature come nel citato caso di Ypf espropriata proprio a una società spagnola (Repsol) colpevole di aver creduto nel Paese. E i legami non sono finiti qui: insieme col Brasile e altri Stati Buenos Aires dà vita al Mercosur, una sorta di Cee in salsa sudamericana, di cui è il secondo “azionista” dietro Brasilia. È evidente che i legami stretti con l’economia carioca potrebbero pesare anche su quest’ultima che, tra l’altro, non se la sta passando troppo bene. In attesa di sapere se i mondiali saranno un successo o un flop d’immagine ha, infatti, vissuto un pessimo 2013 e arrancherà nel 2014, senza dimenticare l’inflazione elevata. Conclusione del discorso: l’Argentina è marcia e rischia di trasmettere la sua muffa anche a Brasile e Spagna. In che misura lo farà dipende dalle risposte di questi Paesi, ma è un rischio di cui devi esser cosciente. Punta sulla Borsa di San Paolo solo per il lungo periodo (non meno di 10 anni) e vendi, se ancora ne hai, i titoli di Stato spagnoli.
24 febbraio 2014
ARGENTINA, LA TELENOVELA CONTINUA
L’Argentina tenta il tutto per tutto per evitare di pagare 1,33 miliardi di dollari ai fondi speculativi Elliot Management. La scorsa settimana ha fatto ricorso alla Corte suprema americana contro la decisione presa lo scorso novembre dal Tribunale di appello di New York. I mercati non hanno più alcuna fiducia nei confronti dell’Argentina: i Cds (Credit default swap, l’assicurazione contro il fallimento di uno Stato) argentini sono schizzati a 2800 che corrisponde a una probabilità di fallimento entro un anno oltre il 50%. Stanne alla larga anche tu, il default sembra essere proprio vicino.
7 aprile 2014
BOND ARGENTINO IN ARRIVO?
Secondo indiscrezioni, Goldman Sachs starebbe per concedere alla disastrata Argentina un prestito per rimpinguare le casse della Banca centrale. Sarebbe il primo prestito da parte di una banca, dal 2002 a oggi, al plurifallito Stato del Sud America. Questo non significa che l’economia argentina stia meglio, anzi. Secondo le previsioni della Banca interamericana di sviluppo (BID) sarà invece lo Stato sudamericano con la crescita più bassa nel biennio 2014-16. C’è bisogno che ti diciamo di stare alla larga dalle obbligazioni argentine?
20 giugno 2014
LA KIRCHNER PERDE LA “GUERRA” CON GLI USA
L’Argentina dovrà pagare 1,33 miliardi di dollari ai fondi americani che non hanno aderito allo scambio di bond vecchi e nuovi con cui il Paese aveva tentato di mettere la parola fine al suo default di oltre dieci anni fa.
La decisione che condanna Buenos Aires al pagamento mette a rischio il Paese, tanto che subito S&P ha deciso di abbassare il suo rating da CCC+ a CCC- con outlook negativo (insomma da spazzatura a spazzatura ancora peggiore, siamo, in una discesa giù per i gironi infernali del rischio insolvenza, verso il fondo). Non è che l’Argentina sia del tutto a secco di soldi: pare che a metà maggio nelle casse della sua Banca centrale ci fossero poco più di 28 miliardi di dollari. E la presidente Kirchner di per sé non è politico da farsi troppi problemi a usare la Banca centrale come bancomat. Tuttavia pagare 1,33 miliardi ai fondi americani significa aprire la porta ai risarcimenti di chi ha accettato la ristrutturazione del debito con la promessa che se Buenos Aires avesse ceduto ad allargare un po’ di più le maglie della Borsa sarebbe stato anche a favore dei bond già ristrutturati. Quindi gli 1,33 miliardi salirebbero ben oltre. Si parla di 15 miliardi, vale a dire metà delle riserve. E va bene usare la Banca centrale come una gallina ovaiola, ma dimezzarne le riserve equivale un po’ a sgozzare la gallina. Potrebbe Buenos Aires rifiutarsi di pagare? Sì, ma visto che deve pagare le cedole sui bond in circolazione (poco meno di un miliardo di dollari la prossima rata) e che per pagarle deve far uscire i soldi dai confini patri, rischia che le vengano sequestrati prima di arrivare a destinazione. Di fatto rischia di non pagare lo stesso anche se ci mette tutta la buona volontà. Ecco perché il rischio default è alle stelle. Il ministro dell’economia intende proporre un nuovo scambio di titoli ai possessori di titoli argentini in modo da passare da titoli di diritto americano a bond di diritto argentino (e di fare il pagamento delle cedole senza passare da banche Usa dove rischiano di essere sequestrate). Indubbiamente vista la tendenza argentina a cambiare le carte in tavola il prezzo per avere le cedole sarebbe un aumento del rischio insito nei bond. Ed ecco perché ti ribadiamo di non farti trovare con titoli argentini in mano in nessun caso. Non dovresti averli, perché da tempo ti diciamo di liberartene, ma se non lo avessi ancora fatto è venuto il momento.
27 giugno 2014
L’ARGENTINA FA DI NUOVO CRACK?
Buenos Aires potrebbe non pagare le prossime cedole, ma tratta sui bond. Cerca di tirare a campare fino al 2015 quando potrà pagare senza rischiare che i vecchi creditori le si rivoltino contro. Non investire, però, in titoli argentini, non è ora di scommesse.
Tanto tuonò che alla fine piovve: la vittoria ottenuta dai cosiddetti fondi avvoltoio nei tribunali Usa ha messo l’Argentina di fronte alle sue responsabilità. Buenos Aires deve pagare. La presidente Kirchner sta cercando di uscire dal vicolo cieco in cui si è infilata e sta trattando coi fondi nemici e col giudice che le ha dato torto. Buenos Aires di fatto rischia di non evitare il default tecnico e questo 30 giugno potrebbe non pagare le cedole che deve.
Le trattative vanno, comunque, avanti: l’Argentina intende tirare a campare fino a fine 2014, quando scadrà la clausola RUFO (Rights upon future offers) che prevede che, qualora Buenos Aires dovesse pagare qualcuno più di quanto ha fatto finora, anche i vecchi creditori potranno ottenere un miglioramento del loro trattamento. Questo le eviterà, quindi, di dover sborsare somme astronomiche.
Di fatto dal 2015 Buenos Aires sarà libera di chiudere i contenziosi ancora aperti e farlo tutto sommato a un prezzo ragionevole avendo fregato non tutti, ma molti. L’unica incognita che rimane aperta è il ricorso degli investitori italiani di fronte all’Icsid, il tribunale in seno alla banca mondiale a cui si sono rivolti in molti.
A questo punto sorge un dubbio: è il caso di scommettere su un rimbalzo dei bond argentini dopo che la tempesta sarà passata? Vediamo la situazione del Paese: l’inflazione è alle stelle (S&P prevede un dato 2014 al 35%), la ricchezza pro capite tende a scendere (del 2% nel 2014 sempre secondo S&P) e i conti dello Stato presentano un deficit (3,8% nel 2014). L’agenzia cinese Dagong ancora a inizio gennaio ricordava che le riserve di valuta straniera sono più deboli che in passato e si assiste a una erosione delle possibilità del Paese di pagare i suoi debiti con l’estero. Morale, non sembra ancora il momento di scommettere sui bond argentini. Staremo a vedere.
25 luglio 2014
ARGENTINA: TEMPO (QUASI) SCADUTO
L’Argentina è stata sconfitta nei tribunali Usa dove è stato chiarito che il suo default, per come è stato attuato, ha violato la legge sotto cui erano stati emessi i tango bond (quella americana). Per questo ora Buenos Aires deve risarcire i fondi che hanno in mano i tango bond finiti in default. L’Argentina, però, non lo vuole fare perché teme che scatti la clausola “RUFO” che prevede che, in caso di pagamenti aggiuntivi a qualcuno dei suoi creditori, debba riservare lo stesso miglior trattamento anche a tutti gli altri. Così facendo, però, la bolletta da pagare da pochi miliardi di dollari salirebbe a circa 120 miliardi diventando insostenibile. Una scappatoia c’è: a fine anno la clausola “RUFO” scade e il problema verrebbe meno. Buenos Aires vuole probabilmente tentare questa strada e tira a campare. Fin qui sarebbe tutto ok, se non fosse che a fine giugno aveva versato alla banca americana incaricata dei suoi pagamenti circa 800 milioni di dollari per pagare a fine giugno le cedole dei bond emessi successivamente al crack. Bene: il tribunale Usa, sapendo che l’Argentina è un debitore infido ha bloccato questo pagamento se prima Buenos Aires non si accorda coi fondi "avvoltoio". Il blocco dura da quasi un mese. Se si passa il mese (tempo massimo per i pagamenti ritardatari) l’Argentina finirà in un altro default.
Morale della favola: o Buenos Aires entro metà settimana si accorda coi fondi e ottiene lo sblocco dei pagamenti, o va in default. Ma se si accorda coi fondi scatta la clausola “RUFO” e l’Argentina potrebbe andare comunque in default. Senza considerare che sta per giungere a conclusione la causa che alcuni risparmiatori le hanno mosso di fronte all’Icsid (una sorta di tribunale in seno alla Banca mondiale) e che anche lì rischia una condanna. Tu non farti trovare coi bond argentini in mano. Ora che i nodi vengono al pettine il Paese rischia di pagare caro la sua sfida ai risparmiatori di mezzo mondo durata 10 anni.
DEFAULT ARGENTINA UN PO' DI STORIA
L’Argentina fece default a fine 2001, schiacciata da un debito che la crisi economica aveva reso insostenibile.
Nel 2003 in Italia le banche organizzano la Task Force Argentina (ora nota come TFA) riunendo i risparmiatori che hanno in mano titoli argentini. La strategia sarà di far causa all’Argentina di fronte alla banca Mondiale. La causa è tutt’ora in corso a distanza di dieci anni, anche se pare avvicinarsi una conclusione.
Nel 2005 la repubblica argentina decide una ristrutturazione del debito, ripagando meno di un terzo dei soldi presi in prestito. Molti decidono di non aderire.
Negli anni seguenti Buenos Aires tiene un comportamento poco collaborativo con i suoi creditori.
Nel 2010 la repubblica argentina riapre lo scambio per aumentare la platea degli aderenti. Una piccola padre dei creditori continua a non aderire.
Nel corso degli anni alcuni fondi speculativi (detti fondi avvoltoio) comprano titoli argentini in default per scommettere su una vittoria in un tribunale americano contro Buenos Aires, vittoria che alla fine, appunto, ottengono.
1 settembre 2014
ANCORA PICCHE!
L’Argentina ha rifatto default e continua il braccio di ferro coi fondi che le han fatto causa. Il rischio del Paese cresce. Non scommetterci.
Buenos Aires non ha capitolato di fronte ai fondi che l’hanno portata in tribunale negli Usa (molte sue emissioni sono di diritto americano) per ottenere migliori condizioni rispetto a quelle offerte con le ristrutturazioni fatte in passato. Questa resistenza ha fatto sì che il giudice bloccasse i pagamenti che devono transitare su banche sotto giurisdizione Usa e che i tango-bondisti che si attendevano delle cedole a fine giugno rimanessero a bocca asciutta. A luglio sono pure scaduti tutti i termini “tecnici” per un pagamento tardivo e il Paese di fatto è fallito un’altra volta, l’ottavo dall’indipendenza. Chi ha investito in bond argentini e ha partecipato alla ristrutturazione al momento non prende interessi per il capitale si vedrà. Buenos Aires vuole aggirare il problema provando a riportare sotto diritto argentino i bond in circolazione.
In questo modo la sua presidente potrà fare il bello e il cattivo tempo, ma queste scelte da un lato alzano il livello di scontro con il tribunale Usa, da un altro lato preoccupano ancora più i mercati e da un altro ancora non sedano le altre liti giudiziarie che stanno nascendo (una causa sarebbe stata appena aperta a Londra dal finanziere Soros che attende milioni di cedole e ha trascinato in tribunale la banca incaricata dei pagamenti). Gli effetti? Tragici per il Paese, perché continua a non vedere investimenti. Le sue istituzioni sono a caccia di valuta pregiata per operare e costrette a pagare interessi sempre più alti. Volevi scommettere sul rasserenamento della situazione e acquistare tango-titoli? Non farlo. Se gli dai i tuoi euro, il giorno in cui li vorrai indietro Buenos Aires potrebbe non averne in tasca e non trovare nessuno che sia disposto a prestarglieli per pagarti.
29 settembre 2014
L’ARGENTINA VUOLE NAZIONALIZZARE I BOND
Dal cilindro argentino è uscita, la scorsa settimana, una nuova trovata per cercare di evitare di pagare gli obbligazionisti. Dopo la sentenza favorevole ai fondi d’investimento americani, emessa negli Stati Uniti perché le obbligazioni oggetto della contesa erano di diritto americano, Buenos Aires intende far approvare una legge al Parlamento in cui dichiara di diritto argentino tutti i suoi titoli di Stato. Se così dovesse essere, Buenos Aires potrebbe imporre agli obbligazionisti di tutto il mondo che possiedono i tango bond le sue risoluzioni, senza che nessun tribunale possa intervenire. Un ottimo motivo per continuare a stare alla larga dai bond di Buenos Aires.
7 novembre 2014
LA CINA VA IN SOCCORSO DELL’ARGENTINA
Dopo il default dello scorso luglio, per lo Stato sudamericano è stato impossibile finanziarsi sul mercato obbligazionario. A rimpinguare le casse argentine vuote ci penserà la Cina, che, la scorsa settimana, ha garantito a Buenos Aires 850 milioni di dollari. In cambio, il Dragone si è assicurato appalti per la costruzione di grandi opere e accordi commerciali che avvantaggiano le esportazioni cinesi. È una boccata di ossigeno per il disastrato Stato sudamericano, ma non è detto che basti a risolverne i problemi Stai alla larga dai titoli di Buenos Aires.