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Il crack Parmalat
un anno fa - mercoledì 1 dicembre 2021Ecco i nostri articoli, in ordine dal più recente, su questa triste vicenda.
Vicino l'addio alla Borsa per Parmalat
28 gennaio 2019
Parmalat abbandonerà la Borsa. Nonostante gli intoppi sulla via di Collecchio non manchino mai, il destino della società finita tra le braccia di Lactalis sembra oramai segnato.
Prezzo al momento dell’analisi (25/01/2019): 2.85 euro
Consiglio: vendi
La Consob ha fissato un prezzo: 2,85 euro. Si tratta della somma che Sofil (la società che controlla oramai la quasi totalità delle azioni Parmalat) dovrà pagare per acquistare ogni azione Parmalat che ancora non ha in mano. Vista la schiacciante maggioranza di titoli che possiede e l’intenzione di ritirare la società da Piazza Affari, Sofil è tenuta ad acquistare i titoli residui. Presto uscirà un documento informativo su questa operazione (è già stato depositato in Consob il 18 gennaio), ma già ora il prezzo delle azioni sul mercato è praticamente allineato a quota 2,85. L’intenzione della controllante sembra essere quella di assorbire Parmalat all’interno di Lactalis. Aspettare la procedura di riacquisto significa spuntare qualche micro-spicciolo in più, ma la sostanza non muta: se non lo hai già fatto come avresti dovuto già fare, liberati delle azioni Parmalat, poi non saranno più scambiate.
Parmalat: addio alla Borsa
6 dicembre 2018
La controllante Sofil è riuscita a comprare al “mercato all’ingrosso” i titoli che le mancavano per raggiungere la soglia di capitale minima che le dà diritto di cacciare i piccoli azionisti. E intende farlo. Ecco cosa ti consigliamo di fare.
Parmalat
Prezzo al momento dell'analisi (5/12/2018): 2,845 euro
Consiglio: vendi
Lactalis ha in mano un numero di azioni sufficiente per portar via Parmalat dalla Borsa. In questi giorni ha annunciato l’acquisto del 6,175% del capitale: sommando le azioni ora in mano a Sofil (società di Lactalis che controlla Parmalat) e ai soggetti collegati, siamo al 95,805% del capitale. Questo permette a Sofil il tanto agognato ritiro dalla Borsa. Sofil dovrà acquistare le azioni ancora in circolazione da chi ne farà richiesta; per legge, il prezzo sarà il maggiore tra i 2,85 euro per azione che Sofil ha pagato per il suo acquisto e il prezzo medio di mercato degli ultimi 6 mesi; quest’ultimo dovrebbe essere lievemente più basso, quindi non ci si scosterà dai 2,85 euro attuali. Contando poi che Sofil sfrutterà la legge che le permette di acquistare anche i titoli di chi non aderisce, non vediamo motivi per aspettare. Non dovresti avere questa azione, ma se l’hai, anticipa i tempi e vendi ora.
Parmalat
27 ottobre 2008
Prima sconfitta nei tribunali Usa
Prezzo al momento dell'analisi (24/10/2008): 1,27 euro
La Superior Court of Bergen County, in New Jersey, non ha riconosciuto a Parmalat i risarcimenti chiesti a Citigroup; anzi, ha pure riconosciuto a Citibank (dello stesso gruppo) un risarcimento da parte di Parmalat.
Consiglio: mantenere
Prima battuta d'arresto per le cause negli Usa: Parmalat è stata sconfitta da Citigroup e il tribunale le ha addirittura accollato i danni nei confronti di della Banca Usa per 0,22 euro per azione; notizia che ha portato a un crollo in Borsa. Il problema non è nei 0,22 euro per azione da pagare: c’è infatti spazio per i ricorsi negli Usa, ogni decisione andrebbe comunque convalidata dal tribunale di Parma (secondo Parmalat è improbabile che ciò accada) e anche in tal caso andrebbe sottoposta alla falcidia concordataria (il meccanismo per cui chi aveva investito 100 euro in bond Parmalat si è poi trovato molto meno in azioni). Il problema sta nel fatto che i mercati iniziano a preoccuparsi per l'andamento delle altre cause intentate negli Usa dal gruppo. Per quanto la notizia non sia buona e venga dopo un primo semestre poco dinamico (fatturato in crescita del 5,1%, ma utili industriali in calo del 13,6% a causa dell'aumento del costo del latte, della forte pressione competitiva e dell'incremento di alcune voci di costo in Sud Africa e Centro-sud America) gli eventuali effetti sono lontani nel tempo: manteniamo le attese di un utile per azione di 0,38 euro nel 2008 e di 0,16 euro nel 2009.
La nuova Parmalat potrebbe dover risarcire i creditori di quella vecchia
9 luglio 2007
Così, in soldoni, si è espresso il giudice di New York che si sta occupando della class action americana accogliendo le richieste dei nostri avvocati.
· La nuova Parmalat di Bondi aveva tentato di farsi passare di fronte al giudice americano per una realtà slegata dalla vecchia società di Tanzi. Con una recente sentenza il giudice ha, però, risposto di no e ha detto a chiare lettere che la class action che abbiamo intentato negli Usa contro banche e revisori riguarda anche la nuova Parmalat.
Ciò significa che, qualora si dovesse arrivare a un risarcimento Usa, anche la nuova Parmalat sarà tenuta a sborsare del denaro. Questa vittoria è molto importante per gli ex azionisti della vecchia Parmalat. Se infatti gli ex obbligazionisti (che pure partecipano alla nostra class action) avevano incassato almeno il premio di consolazione delle azioni della nuova società targata Bondi, i vecchi azionisti della gestione Tanzi erano rimasti con un pugno di mosche in mano. Con questa decisione del tribunale i vecchi azionisti non solo in caso di vittoria si porteranno a casa risarcimenti dalle varie Bank of America, Citigroup e ex Deloitte, ma aggredendo anche Parmalat potranno anch'essi mettere i denti (seppure in maniera indiretta) sulla ricca torta di risarcimenti che il gruppo di Collecchio sta via via incassando dalle banche grazie alle sue attività legali.
L'unica cosa da sperare è ora che il giudice di New York decida in fretta (si parla comunque di questo autunno) prima che la Parmalat di Bondi distribuisca sotto forma di dividendo i risarcimenti ricevuti svuotando la cassa.
Ma le banche cadono sempre in piedi
La notizia è della scorsa settimana, ma non è una novità: è sempre possibile arricchirsi con i crack, basta essere... banche! Secondo dati forniti da Bondi al tribunale di Milano, sembra che mentre i piccoli risparmiatori sono usciti dall'investimento in Parmalat falcidiati, le grandi banche, salvo qualche rara eccezione come ad esempio JP Morgan Chase che ha preso solo il 42% di quanto investito, sono uscite quasi in pari o addirittura ci hanno guadagnato (è questo il caso di Deutsche Bank che ci ha lucrato un bel 40%).
Come han fatto, vi chiederete voi? Un po' hanno sfruttato operazioni di copertura (si erano già preparati per tempo all'evento crack, sia per abitudine, sia perché il puzzo di bruciato nelle stanze dei bottoni arriva prima), un po' grazie a quanto recuperato col concordato, un po' grazie alle cedole incassate sui prestiti prima del crack e alle ricche commissioni che han fatto pagare a Parmalat per condurre le sue operazioni finanziarie.
Parmapatteggiamento? No, grazie!
4 giugno 2007
Il giudice ha respinto le richieste di patteggiamento di Tanzi e degli altri manager Parmalat implicati nel crack della società. Significa che avrò maggiori possibilità di ottenere un risarcimento?
Con questo provvedimento il tribunale di Milano ha voluto dare un segnale forte del fatto che anche in Italia il mercato ha delle regole e che chi non le rispetta se ne deve assumere tutte le conseguenze. Anche noi ci siamo sempre dichiarati contrari a quello che sarebbe stato di fatto un colpo di spugna su tutta la vicenda.
In realtà, per quanto riguarda il risparmiatore, questa decisione non cambia nulla: la causa di fronte al tribunale di Milano riguarda esclusivamente i reati di false comunicazioni e aggiotaggio (ossia quei comportamenti volti a turbare i mercati).
Gli eventuali risarcimenti che potranno essere legati a una condanna in questo procedimento saranno, quindi, con ogni probabilità, poca cosa, tanto più che il rifiuto del patteggiamento dilata i tempi del processo e rende, quindi, più probabile il rischio di prescrizione.
Maggiori e più concrete prospettive di risarcimento vengono dalle cause civili che stiamo organizzando per voi e di cui vi terremo costantemente aggiornati.
Cirio, interrompere la prescrizione
7 maggio 2007
Ho obbligazioni Cirio in default e sto aspettando il rimborso della percentuale promessa dai commissari che si occupano della liquidazione. Non vorrei però perdere l’occasione di far causa alla banca per avermi consigliato i titoli senza alcuna spiegazione sulla loro rischiosità. So che esiste un tempo massimo per rivalersi su di essa, quant’è?
· Nella nostra legislazione è previsto che se il titolare di un diritto – quello di far causa ad esempio - non lo esercita entro un determinato arco di tempo, questo si prescrive, cioè non è più esercitabile. I limiti temporali entro cui è scatta la prescrizione sono diversi a seconda del tipo di causa che si pensa, o si può, fare: 5 anni per il risarcimento danni per annullamento del contratto e risarcimento danni per responsabilità extra-contrattuale e 10 anni per il risarcimento danni per responsabilità contrattuale. Nessun limite temporale per l’azione di nullità del contratto, che è per sua natura imprescrittibile.
Il momento da cui far partire il calcolo dei cinque o dei dieci anni è di solito il giorno dell’evento che ha causato il crack. In questo caso, è il giorno del mancato rimborso del più “vecchio” dei bond del gruppo Cirio non rimborsati,Cirio finance 7,5% 3/11/2002 (isin XS0119755428). Per cui, chi volesse ottenere un risarcimento danni per annullamento del contratto o per responsabilità extracontrattuale, o garantirsi questa possibilità in futuro, dovrà spedire la lettera per interrompere la prescrizione entro 5 anni da quel momento.
Nel caso in cui lei voglia far causa alla banca che le ha venduto le obbligazioni Cirio, o voglia mantenersi aperta questa possibilità, può essere opportuno inviare alla direzione dell’istituto di credito e alla filiale che le ha rifilato i bond una raccomandata con avviso di ricevimento per interrompere la caduta in prescrizione di questo diritto. Per il contenuto della lettera può ispirarsi al modello che trova in questo sito dopo averlo completato con i suoi dati e con quelli relativi delle obbligazioni che ha comprato (per esempio importo, data di scadenza, tasso di interesse ecc.), che può trovare nella contabile relativa all’acquisto del bond.
Per Parmalat 50.000.000 di dollari son tanti o son pochi?
23 marzo 2007
Ricordate che lo scorso novembre vi avevamo detto che Bnl e Credit Suisse si erano proposti di pagare 25 milioni ciascuna ai risparmiatori coinvolti nel Parmacrack? Bene ora il tribunale di New York ha dato via libera a questa proposta e il 19 luglio deciderà se ratificarla, o meno, in via definitiva.
Ricordate che lo scorso novembre vi avevamo detto che Bnl e Credit Suisse si erano proposti di pagare 25 milioni ciascuna ai risparmiatori coinvolti nel Parmacrack? Bene ora il tribunale di New York ha dato via libera a questa proposta e il 19 luglio deciderà se ratificarla, o meno, in via definitiva. Si tratta di una prima vittoria della nostra strategia che, anziché spingere i risparmiatori coinvolti nel Parmacrack a costituirsi parte civile, aveva preferito puntare direttamente al cuore delle società coinvolte nel Parmadisastro. Certamente 50.000.000 di dollari non sono pochi, ma in realtà siamo solamente all'inizio e i soldi non arriveranno nelle tasche dei risparmiatori comunque prima che siano chiusi tutti i contenziosi compresi nella class action da noi lanciata. Fino al 19 giugno sarà possibile chiedere al tribunale americano di non approvare l'accordo facendo opposizione o chiedere di esserne esclusi rinunciando da un lato al risarcimento, ma mantenendo dall'altro il diritto a far causa a Bnl o Credit Suisse negli anni a venire per chiedere eventualmente una cifra superiore. Gli avvocati nostri, e vostri, italiani e americani si incontreranno per valutare al più presto quale sia la strategia da consigliarvi: se aderire o se chiedere di restarne fuori per poi poter fare loro causa qui in Italia. Vi terremo informati in tempo utile per intraprendere ogni iniziativa.
Deloitte apre l'ombrello, ma non la protegge dalla nostra class action
29 gennaio 2007
Ho letto su di un quotidiano che Deloitte ha chiesto al giudice Usa di impedire che qualcun altro possa farle causa dopo gli accordi con Parmalat. È vero? E se sì che ne sarà della nostra class action?
Sì, è stato pubblicato un annuncio in tal senso, ma non ha nulla a che fare con la nostra causa. In particolare Deloitte & Touche, Dianthus (ex revisore Deloitte in Italia) e altri, a seguito della transazione con Parmalat di cui vi abbiamo parlato in Soldi Sette n° 724, hanno chiesto al giudice Usa l'emanazione di un provvedimento che inibisca e prevenga in via permanente, qualsiasi persona dall'iniziare, far valere o proseguire richieste di indennizzo o contributo nei confronti di una serie di società del network Deloitte Touche Tohmatsu. In soldoni hanno chiesto, come lei ha correttamente inteso, che a seguito della transazione con Parmalat le società della galassia Deloitte non siano più toccate da cause legate a responsabilità nei confronti di Parmalat spa, o società del gruppo Parmalat. L'udienza, inizialmente prevista per il 23 gennaio, si terrà martedì 30 gennaio (subito dopo la pubblicazione di questo numero di Soldi Sette).
Ci sentiamo di rassicurarla, perché, dopo aver appreso questa notizia, abbiamo subito contattato i nostri avvocati negli Stati Uniti per chiedere delucidazioni. La risposta è stata che questa transazione non avrà alcun effetto che ci riguardi. Né tantomeno potrà toccare la causa civile che stiamo portando avanti in Italia.
È ora di interrompere la prescrizione!
20 novembre 2006
Qualcuno dice che il 23 dicembre, a 5 anni dal default argentino, scatta la prescrizione per le cause alle banche. Secondo noi non è così, tuttavia meglio mettersi al riparo: ecco come fare per non perdere il diritto a portare in tribunale la vostra banca.
· Sono passati quasi 5 anni dal crack argentino e siamo convinti che dobbiate tenere aperte tutte le strade possibili per ottenere un risarcimento (vedi riquadro). Tuttavia il tempo vi rema contro perché dopo un po' di anni il diritto a ottenere un risarcimento si può prescrivere. Per questo vi consigliamo di scrivere alla banca con cui avete acquistato titoli argentini la lettera di cui trovate il fac simile in queste pagine per far ripartire da capo i tempi per la prescrizione.
Ad aprile vi avevamo detto di aderire al ricorso che le banche, attraverso la Task Force Argentina (Tfa), avrebbero fatto per conto dei risparmiatori italiani presso il tribunale arbitrale dell'Icsid nei confronti della Repubblica Argentina. Purtroppo non vi sono certezze riguardo alla durata e all’esito di questa procedura, ma i tempi saranno lunghi.
Il problema che sorge è che finché si sta dentro il ricorso Icsid non si può intentare causa alla banca e per fare causa alla banca, nel caso in cui il ricorso Icsid andasse male, è fondamentale che non si sia prescritto il vostro diritto ad agire in giudizio. Occorre, dunque, trovare una soluzione.
Cavilli e procedure
I moduli che avete firmato per aderire al ricorso all’Icsid vietano la partecipazione al ricorso a chi ha avviato o avvii un’azione legale alla banca che gli ha venduto i titoli. Per questo noi non diciamo a chi ha aderito al ricorso di far causa alla banca, ma di non compromettersi la possibilità di farlo se l’esito dell’arbitrato Icsid sarà negativo o qualora cambi idea. Riteniamo che l’invio di una lettera interruttiva della prescrizione alla banca non possa essere considerato un’azione legale incompatibile con l’adesione all’Icsid.
Le soluzioni per ottenere un risarcimento
Dal punto di vista giuridico sono diverse le soluzioni prospettabili (ed emerse nell’ambito delle cause che sono state fatte finora nei tribunali italiani) per ottenere un risarcimento da parte delle banche che hanno venduto tali titoli ai risparmiatori.
– risarcimento danni per responsabilità contrattuale: l’azione si prescrive in 10 anni dalla conclusione del contratto;
– risarcimento danni per responsabilità extra-contrattuale: l’azione si prescrive in 5 anni dal fatto che ha causato il danno (dal crack, dal 23 dicembre 2001);
– azione di annullamento del contratto: l’azione si prescrive in 5 anni dal momento in cui è stato scoperto il dolo (quindi dal crack, dal 23 dicembre 2001);
– azione di nullità del contratto (come è stato in molti casi finora oggetto di giudizio): l’azione di nullità è imprescrittibile.
Tre situazioni, tre strategie
Chi non ha aderito all'Icsid e ha mandato la lettera che abbiamo indicato in Soldi Sette n° 640: non deve far nulla; quella lettera ha interrotto il decorso della prescrizione.
Chi non ha aderito al ricorso e non ha ancora mandato la lettera: deve affrettarsi a inviarla mediante raccomandata a/r entro il 23 dicembre usando la lettera che alleghiamo, omettendo le ultime righe (da Pur ritenendo... a ...per meglio tutelare i miei diritti).
Chi ha aderito al ricorso Icsid deve inviare alla banca (per intero e mediante raccomandata a/r) la lettera che alleghiamo entro il 23 dicembre.
Compilare la lettera è facile, basta che abbiate con voi i dati sui titoli argentini che avete acquistato comprensivi di importo, di data di acquisto e di nome della filiale presso cui li avete acquistati. Nel caso abbiate acquistato questi titoli a più riprese, vi converrà specificare ogni singola data in cui avete fatto gli acquisti, ma vi basterà indicare nella lettera la somma complessiva degli importi investiti (ossia del prezzo che avete pagato, non del valore nominale dei titoli). A fornire dati più precisi (nome del titolo, codice Isin e via dicendo) ci penseranno i documenti che allegherete, in particolar modo la copia della contabile di acquisto.
I giudici tornano dalle vacanze
2 ottobre 2006
Il 28 settembre è ripreso il processo Parmalat, sospeso per la pausa estiva. Ecco come è andata.
L’udienza si è aperta con il controesame, condotto dai legali di Bank of America, del teste dell'accusa, dottor Franco Lagro, l'uomo incaricato da Bondi, di svolgere le indagini sulla situazione finanziaria in cui versava il Gruppo Parmalat, all'indomani del crack. Tuttavia la parte più interessante è stato il controesame dell’altro teste d'accusa, dottor Stefano Donzelli, funzionario di Bank of America.
Attraverso il controesame di questo teste, i legali hanno, infatti, cercato di sollevare Bank of America dalle sue responsabilità addossando le colpe dell'occultamento del dissesto Parmalat a Luca Sala, ex dipendente di Bank of America, divenuto uomo di fiducia di Tanzi dopo il suo licenziamento dalla banca per giusta causa a giugno 2003.
La tesi della difesa non ha convinto nessuno, tantomeno i giudici che hanno incalzato il teste Donzelli, peraltro succeduto nella posizione di Sala dopo il licenziamento, richiamandolo più volte ai rischi connessi alla reticenza: in poche parole Sala quando lavorava in Bank of America non poteva esser l'unico a sapere né tantomeno poteva prendere da solo le decisioni relative al cliente Parmalat. Anche il licenziamento di Sala, dovuto formalmente a questioni legate al rimborso spese delle trasferte, non ha convinto.
Parmapausa di mezza estate
10 luglio 2006
Lo sciopero degli avvocati e le vacanze estive rimandano a settembre anche il processo Parmalat.
Il 6 luglio si è tenuta una nuova udienza del processo di fronte ai giudici di Milano. Sono stati sentiti i testi dell'accusa, durante una seduta molto tecnica e caratterizzata dal tentativo da parte della difesa di rallentare il processo, contestando le modalità di acquisizione di alcune prove, contestazioni tutte rigettate dal giudice. Per lo sciopero degli avvocati (proclamato dopo l'emanazione del decreto Bersani ) saltano tutte le udienze previste prima della pausa estiva. Il processo riprenderà il 26 settembre.
Tonna fa il pesce nel barile
15 maggio 2006
Come di consueto anche settimana scorsa abbiamo assistito al processo Parmalat. Era la volta delle deposizioni di Tonna (l’ex direttore finanziario di Parmalat), precedentemente condannato con patteggiamento a 2 anni e mezzo di reclusione (in pratica è a piede libero).All’udienza dello scorso 9 maggio è stato ascoltato Fausto Tonna, colui che da più parti è stato definito come il cervello degli artifici contabili che hanno caratterizzato la vecchia Parmalat, nel tentativo di occultare la situazione di grave dissesto economico in cui versava il gruppo alimentare di Parma.
Tonna nel corso della sua deposizione (in cui ha denotato una forte personalità, avendo anche un breve battibecco con uno dei difensori degli imputati che lo stava interrogando) ha parlato degli aggiustamenti ai conti Parmalat, asserendo che l’ultima parola su ogni decisione spettava sempre a Tanzi.
Inoltre, Tonna ha sottolineato che tutti gli illeciti da lui commessi erano fatti a favore della società, del gruppo e delle distrazioni operate dalla famiglia Tanzi.
Tonna aveva già definito in precedenza la propria posizione processuale patteggiando una condanna a 2 anni e mezzo di reclusione. Di fatto, ha chiesto l'affidamento ai servizi sociali ed è ora a piede libero.
Il processo Parmalat, dunque, prosegue, ma alla fine i maggiori imputati riescono a cavarsela più a buon mercato di Wanna Marchi, senza considerare che patteggiando salta pure il risarcimento.
Parmalat: dove i conti venivano vagliati in base ai... sondaggi!
14 aprile 2006
Anche la scorsa settimana siamo andati al processo in cui sono imputati per aggiotaggio i vertici della ex Parmalat. E ancora ne abbiamo sentite delle belle.
· Lo scorso 11 aprile, al processo di Milano è stato sentito Alberto Ferraris che è succeduto a Fausto Tonna alla direzione finanziaria del gruppo nel marzo 2003. Ferraris, che ha già patteggiato un anno e mezzo di pena è stato ascoltato come teste e ha aggiunto alcuni particolari sul crack Parmalat.
In particolare Ferraris ha nuovamente puntato il dito sulla connivenza tra il management della società e le banche che, pur sapendo della situazione difficile in cui versava il gruppo, non batterono ciglio (ma se ne fecero promotrici) quando Parmalat cercò di puntellarsi con una raffica di emissioni obbligazionarie (tre solo dopo il marzo 2003).
Dilettanti allo sbaraglio?
Inquietante è stato il tentativo di descrivere il consiglio di amministrazione (cda) di Parmalat come un'assemblea puramente formale. A dire di Ferraris le riunioni non duravano più di un'ora e un quarto. La prima ora era dedicata al commento di questioni operative come l'andamento delle quote di mercato dello yogurt alla banana sul mercato brasiliano; negli ultimi 15 minuti venivano, invece, ratificate le operazioni finanziarie presentate da Calisto Tanzi.
Nessuno obiettava nulla. Solo due volte furono chiesti chiarimenti. La prima volta da parte del sindaco Martellini a cui nessuno rispose, la seconda da parte dell'avvocato Erede (membro del cda) a cui fu detto che la liquidità in cassa (strana per una società così indebitata) serviva per nuove acquisizioni. Tutti dilettanti o si cercava di circorscrivere le colpe solo su chi è già indifendibile (salvando così gli altri?).
Quant'è il debito? Si fa un sondaggio
Ferraris, dopo non essersi accorto di nulla per mesi, pur essendo nella direzione finanziaria della società si rese improvvisamente conto che qualcosa non andava quando la Consob nell'estate 2003 chiese chiarimenti sui debiti di Parmalat (ricevendo in cambio documenti falsi).
Si recò dunque da Tanzi chiedendo se il debito ritenuto fino ad allora di 6 miliardi non fosse di 14 come aveva sentito dire. Tanzi rispose che in effetti il debito non era di 6 miliardi ma di 8. Ferraris pensò che se 8 è peggio di 6, era pur sempre meglio di 14 e si sentì soddisfatto. Poi Ferraris andò da Luciano Del Soldato, allora responsabile della contabilità e del controllo di gestione, che gli rispose che il debito era di 11 miliardi. Ferraris pensò che: certo 11 miliardi era peggio di 8, ma meglio di 14. Insomma, nella Parmalat che fu, il direttore finanziario per sapere quanto fosse il debito non controllava il sistema contabile, ma si affidava ai sondaggi e sappiamo tutti quel che valgono…
La causa di Bondi a Bank of America perde i pezzi... o forse no!
13 febbraio 2006
Continua lo stillicidio di notizie proveniente dalle aule giudiziarie, ma le novità non finiscono qui.
La causa di Parmalat negli Usa contro Bank of America per un ammontare di 10 miliardi di dollari ha fatto un passo in avanti con le ultime decisioni del giudice Kapland che sembrano rallegrare tutti. È contenta Bank of America perché il giudice ha accettato solo 3 argomenti di accusa su 15 e le chance di Parmalat sembrano sgonfiarsi, è contenta pure Parmalat, perché il giudice ha riconosciuto l'applicazione delle norme della RICO, particolare disciplina in materia di estorsioni e corruzione che rafforza molto, in caso di vittoria, le possibilità di un risarcimento consistente. Il fatto che tutti cantano vittoria dice molto delle incertezze che avvolgono ancora la vicenda, e i mercati, in questi giorni bendisposti con Parmalat, continuano a quotare il titolo solo il 10% sopra i minimi del 5 dicembre e il 30% meno degli esordi del 6 ottobre.
Ci sono state altre 3 decisioni dei giudici, una americana e 2 italiane. Negli Usa la protezione che tutela le società insolventi a norma del Chapter 11 (legge fallimentare Usa) è stata prolungata fino a fine marzo. In Italia la Corte costituzionale ha deciso che si occuperà il 21 marzo della costituzionalità della Marzano (vedi Soldi Sette n° 668) dove si prevede l'esercizio delle revocatorie anche in presenza di un piano di ristrutturazione. Il tribunale di Milano ha deciso che il processo di aggiotaggio resterà a Milano e non verrà trasferito a Parma. Infine, in un'intervista televisiva, i vertici di Granarolo hanno ribadito il loro interesse per l'attività industriale di Parmalat, una volta che venisse separata dalle cause. Il titolo è molto caro, vendetelo.
Sotto le ceneri il latte bolle ancora
28 ottobre 2005
Mentre il titolo Parmalat pare aver scambiato Piazza Affari per un ottovolante, alle sue spalle ferve ancora una certa attività sia nei tribunali sia nelle piazze. Ecco il punto della situazione.
Parmalat è sbarcata in Borsa e, nell'esultanza generale, molti hanno approfittato della situazione per vendere il titolo e monetizzare finalmente le perdite dopo due anni di attesa respirando l'aria di un quasi ritorno alla normalità.
Abbiamo detto "un quasi ritorno" perché in realtà di questioni aperte ce ne sono ancora diverse. Infatti, al di là dell'esultanza generale non tutti gli investitori coinvolti nel Parmacrack sono contenti.
Un gruppo di obbligazionisti, ad esempio, ha chiesto l'impugnazione della sentenza del tribunale che ha dato il via libera al concordato e, quindi, alla ristrutturazione del gruppo e alla sua successiva quotazione. Di fatto ciò significa che alcuni obbligazionisti chiedono che la situazione attuale sia ridiscussa da cima a fondo. Questa domanda di impugnazione non avrà senz'altro conseguenze nel breve periodo in quanto la sentenza che ha dato il via libera al concordato è già esecutiva e non può essere sospesa. Semmai potrebbe avere delle conseguenze un domani se venisse accolta. Tuttavia è presto per fasciarsi la testa. Qualsiasi giudice prima di far tornare indietro la moviola su Parmalat ci penserà mille volte: quando un aereo ha finito la fase di rullaggio ed è già in fase di decollo può esser troppo tardi per fermarlo senza morti.
Altri azionisti (quelli vecchi completamente tagliati fuori dalla Parmaristrutturazione e alcuni nuovi, comunque scontenti del loro ruolo di ex creditori) si stanno organizzando in gruppi con l'intenzione di valutare mosse comuni. Se la strada degli ex azionisti (nonostante la causa nobile) appare tutta in salita (è più politica che giuridica), i nuovi azionisti (nonché ex obbligazionisti) hanno la possibilità di intervenire nelle assemblee del gruppo (la prima si terrà già il 7 novembre) e di dire la loro sul suo assetto. Non appena saranno chiare le loro mosse vi informeremo.
Ciò che facciamo noi
Un capitolo a parte merita invece il camion che dalla nostra sede di Milano è partito in questi giorni alla volta della capitale per consegnare il materiale che ci avete inviato per condurre la causa di risarcimento danni contro le società di revisione e le banche.
Visto che avete partecipato numerosi (in 3.000) alla nostra iniziativa si tratta di una cospicua mole di carta che abbiamo organizzato in dossier e quindi consegnato all'avvocato di Roma che si occuperà per voi della causa.
A lato di tutto questo prosegue parallelamente anche il lavoro per la class action negli Stati Uniti, e intendiamo altresì partecipare anche noi alla prima assemblea Parmalat che si terrà, come vi abbiamo accennato, il prossimo 7 novembre.
Infine due parole sui processi
All’esito dell’udienza preliminare, per 11 degli originari 29 soggetti coinvolti (Stefano Tanzi, Fausto Tonna, l’avvocato Zini, ecc) la vicenda giudiziaria si è conclusa con una sentenza di patteggiamento, con pene da 11 mesi a 2 anni e mezzo.
Gli altri imputati (oltre a 3 società) sono stati rinviati a giudizio per i reati di aggiotaggio, false comunicazioni dei revisori e ostacolo all’attività degli organi di vigilanza; per questi soggetti (tra cui Calisto Tanzi) il 28 settembre si è aperto a Milano, davanti alla prima sezione penale, il processo vero e proprio, in cui saranno ascoltati testimoni e imputati e saranno acquisite prove, per arrivare alla pronuncia di una sentenza nei confronti degli imputati.
Naturalmente noi continueremo a seguire da vicino e a presidiare le vicende del processo. La prossima udienza si terrà il 2 dicembre. Intanto sta proseguendo la class action negli Usa; l’ultima udienza si è tenuta a luglio: è stata ritenuta ammissibile l’azione legale nei confronti di Bnl, Citigroup, Csfb e delle società di revisione Deloitte e Grant Thornton. I nostri avvocati stanno lavorando per far accogliere anche quella nei confronti di Bank of America. Vi terremo aggiornati.
Parmalat: di nuovo in gioco gli azionisti?
31 agosto 2005
Voci di accordi tra un gruppo di azionisti e il ministro dell'agricoltura hanno portato alla ribalta questa speranza. Facciamo chiarezza.
Sembra che il ministro Alemanno abbia promesso ad un gruppo di azionisti di far di tutto per poterli far rientrare in gioco, visto che sono stati danneggiati senza colpa dal dissesto di Parmalat. Tecnicamente si tratta di concedere ai vecchi azionisti dei warrant, ossia dei diritti a sottoscrivere nuove azioni Parmalat a un prezzo predeterminato. L'iniziativa è lodevole, e ci auguriamo che vada in porto, visto che anche noi abbiamo sempre sostenuto queste idee con il Ministero dell'Industria (vedi Soldi Sette n° 605 ).
Temiamo solo che gli entusiasmi suscitati dalla notizia siano per ora eccessivi. È più che giusto far rientrare in gioco gli azionisti: se le cause intentate da Bondi avranno pieno successo c'è spazio anche per loro; tuttavia dal punto di vista dei principi base del diritto gli azionisti possono entrare in gioco solo una volta che siano stati risarciti del tutto i creditori, per cui la strada è ancora assai lunga.
Per rispettare la precedenza dei creditori, infatti, il warrant per gli ex azionisti dovrebbe prevedere non già un prezzo di esercizio (il prezzo a cui si potranno sottoscrivere delle nuove azioni Parmalat) a un euro come detto sui giornali, ma assai superiore (anche 7-8 euro), tale da far entrare in gioco i vecchi azionisti solo se il valore della società ripagasse tutti i vecchi creditori. Il valore di tale warrant sarebbe dato dalla probabilità che Parmalat superi questi 7 o 8 euro al momento dell'esercizio del warrant. La probabilità che Parmalat raggiunga tale quotazione in tempi accettabili è, però, bassa, quindi anche il valore del warrant sarà scarso.
Parmalat: i sogni di gloria ritornano?
31 agosto 2005
Sui giornali è comparsa la notizia per cui il valore della nuova Parmalat sarebbe di oltre 3 miliardi di euro. Una buona speranza per i parmadelusi?
A giugno vi avevamo detto che le azioni Parmalat che spetteranno ai vecchi obbligazionisti avrebbero avuto un valore compreso tra i 40 e i 70 centesimi (con una perdita media per gli obbligazionisti oltre il 90% del valore del loro investimento). Ora alcune fonti dicono che questi titoli (non ancora emessi) sono già scambiati al mercato grigio con prezzi di circa 2 euro (in tal caso la perdita sarebbe ancora pesante, ma inferiore all'80%). Come mai ciò accade? Parmalat vale di più ora che è fallita? Premesso che sul mercato grigio le quotazioni possono essere manipolate e che possono essere diffuse per invogliare gli investitori, una spiegazione potrebbe essere la seguente.
La nuova Parmalat è per metà una industria sulla via del risanamento, per metà una scommessa. La nostra valutazione tra i 40 e i 70 centesimi era relativa alla parte industriale. Nel corso dell'estate si è venuta delineando sempre di più la "scommessa" che è insita nella nuova Parmalat, ossia che le cause intentate da Bondi possano fruttare almeno in parte dei risarcimenti.
Stiamo parlando di 7 miliardi per le revocatorie, di 10 miliardi di dollari (oltre 8 miliardi di euro) per le cause alle banche Usa, di 4,4 miliardi per la causa a Unicredit, 2,2 miliardi per quella a Deutsche Bank e Ubs, 1,8 miliardi per quella a Ubm, 1,6 miliardi per quella a Caboto e via dicendo.
Dubitiamo che Parmalat riesca a farsi dare tutti i 25 e passa miliardi di euro di risarcimento che ha chiesto, tuttavia anche se ricevesse indietro un decimo sarebbe già una bella conquista. Ed è più o meno su questo 10% di successo nei risarcimenti che scommette il prezzo di 2 euro per azione: infatti con circa 3 miliardi di euro di valore complessivo si situa circa 2-2,5 miliardi di euro sopra la nostra valutazione data a giugno (tra 0,6 e 1,07 miliardi di euro). Noi abbiamo fatto un versamento e vi diremo com’è andata.
Le ultime novità sul caso Parmalat
16 anni fa - lunedì 4 luglio 2005
Parliamo delle questioni legali negli Usa, di quelle di casa nostra e di ciò che accade sul fronte delle conciliazioni con le banche
LE QUESTIONI LEGALI NEGLI USA...
Ho letto che lo studio legale Milberg Weiss che si occupa della class action Parmalat negli Usa sta incorrendo in grane legali. È per caso lo studio di cui vi siete serviti voi?
No, non si preoccupi, per la class action negli Usa ci siamo rivolti alla società Deminor che si sta servendo per la causa degli studi Spector Roseman & Codrof e Cohen Millstein Hausefeld & Toll. Allo studio Milberg Weiss Bershad & Shulema, che ha tentato, non riuscendoci, di diventare coordinatore della causa si è rivolta invece un'altra associazione.
Detto questo, ci preme puntualizzare che abbiamo letto anche noi la notizia pubblicata sul Wall Street Journal per cui lo studio Milberg Weiss sarebbe accusato di irregolarità. Non sappiamo che peso abbiano queste accuse, tuttavia sappiamo che questo studio legale è molto attivo nelle class action. Il lavoro di Milberg Weiss e l'istituto della class action in generale han pestato i piedi a un sacco di gente: ci pare dunque verosimile che certe accuse si scatenino anche solo per vendetta o gelosia. Ciò che però ci sembra molto importante è che fin qui Milberg Weiss, irregolarità o meno, ha spesso ricevuto ragione da parte dei giudici. Il suo operato non è quindi in discussione, né tantomeno è in discussione il fatto che l'attività degli studi legali americani che si occupano di class action sia uno strumento prezioso per prevenire le truffe a danno dei risparmiatori. Magari l’avessimo anche in Italia!
.E QUELLE IN ITALIA
Mentre negli Usa è uscita la notizia di presunte irregolarità da parte dello studio Milberg Weiss di cui abbiamo parlato qui sopra, in Italia il processo ai responsabili del Parmacrack ha visto patteggiare la maggior parte degli imputati.
Il processo per aggiotaggio relativo al crack Parmalat si è concluso per undici imputati con i primi patteggiamenti. Le pene sono tutte inferiori ai due anni e mezzo, quindi può anche darsi che nessuno finisca effettivamente in carcere.
In realtà l'effetto più dirompente dei patteggiamenti (che avevamo già segnalato in Soldi Sette n° 641 ) è che in caso di patteggiamento chi si è costituito parte civile, se desidera ottenere un risarcimento, dovrà ripartire da zero con una nuova causa civile.
Noi prevedevamo un simile epilogo e ci siamo mossi per tempo seguendo altre vie più sicure – la class action negli Usa e le cause civili in Italia.
BANCA INTESA SI PREOCCUPA PER 4 GATTI
Banca Intesa sembra intenzionata a far presente agli obbligazionisti Parmalat che hanno una procedura di conciliazione in corso per venire rimborsati al 100% per i titoli che Banca Intesa ha venduto loro che, qualora decidessero di votare la proposta di concordato Parmalat, il rimborso non potrebbe più avvenire al 100%. Il motivo è semplice: se uno vota il concordato i titoli vengono bloccati fino al termine della procedura di voto (se restassero trasferibili con lo stesso titolo potrebbero votare più persone in tempi diversi). Se il titolo è bloccato, in caso di successo della conciliazione la banca non lo può più ritirare per venderlo sul mercato. In questo caso potrebbe quindi restituire solo la differenza tra il 100% del valore del titolo e quanto avrebbe guadagnato rivendendo il titolo sul mercato, per cui se il titolo quota a 15, la Banca compensa il mancato guadagno della vendita sul mercato pagando solo l'85% del suo valore (100-15).
Il ragionamento non fa una grinza, ma ci fa sorridere. Fin qui le conciliazioni che sono andate in porto con restituzioni al 100% sono state rarissime. Lo scrupolo sembra analogo al problema degli attacchi da squalo bianco a Riccione. Ce n’è anche stato uno. Era il 1963!
Parmalat, pentita, prende i voti
7 marzo 2005
PARMALAT, PENTITA, PRENDE I VOTI
Nel n° 632 vi parlavamo del ritorno in Borsa di Parmalat. La scorsa settimana il commissario straordinario ha indicato alla Commissione Attività Produttive della Camera il calendario delle prossime mosse: approvazione a breve del prospetto informativo (presentato in questi giorni), votazione degli azionisti entro aprile e sbarco a Piazza Affari entro luglio. Dell’approvazione del prospetto si occuperà la Consob e noi ci concentriamo su come si voterà se approvare (o no) il piano di ristrutturazione.
Quando Parmalat tornerà in Borsa sarà una società completamente diversa da quella di un paio di anni fa. Escono di scena i vecchi azionisti, a cui la cosiddetta legge Marzano non ha lasciato in mano neppure un warrant (il diritto a sottoscrivere azioni a un determinato prezzo), mentre gli ex obbligazionisti (e fornitori) vedranno i loro crediti convertiti in azioni – pare, però, che gli obbligazionisti americani avranno un trattamento di favore e che riceveranno denaro.
In pratica ci sarà uno scambio tra i vecchi crediti e le nuove azioni (create grazie a un aumento di capitale intorno ai 2 miliardi di euro) in base ai recovery ratio – vedi riquadro. Prima è necessaria che un’assemblea di tutti i creditori in modo che la loro maggioranza possa decidere se approvare il piano o meno. La legge prevede un commissario straordinario, ma spetta ai creditori l’ultima parola.
Come funziona il voto?
La proposta di concordato – che trovate al sito http://cp22.etdotcom.it/it/confirm1.php?page=propostaconc – divide i creditori i due categorie, da un lato chirografari (tra cui gli obbligazionisti), da un altro i creditori privilegiati e quelli prededucibili (ad esempio lo Stato o i dipendenti per quanto riguarda il Tfr). Questi ultimi (salvo rinuncia, divenendo quindi creditori chirografari), riceveranno denaro contante, gli altri (i chirografari, appunto), otterranno diritto di voto in assemblea.
COME SI DIVENTA AZIONISTI PARMALAT
Dopo che sarà stato approvato il concordato la società che ha preso le spoglie di Parmalat (denominata per ora Assuntore) procederà a un aumento di capitale – previsto tra 1,5 e 1,9 miliardi di euro. Ma come verranno convertiti i crediti in azioni?
Innanzitutto per ognuna delle società della galassia Parmalat è stato calcolato il rapporto tra attività e passività, si tratta dei cosiddetti recovery ratio. Quindi, in base ai recovery ratio è stata calcolata la percentuale di azioni della nuova Parmalat che sarà consegnata ai creditori di ognuna delle singole società della galassia Parmalat (Parmalat Finanziaria, Parmalat Soparfi, Parmalat Spa, e via dicendo…).
Ad esempio ai creditori di Parmalat Finanziaria nel loro complesso verrà attribuito il 7,2% del capitale della nuova Parmalat. I creditori di Parmalat Finanziaria a questo punto si suddivideranno questo 7,2% del capitale in maniera proporzionale ai propri crediti.
In particolare tutti i chirografari saranno considerati come facenti parte di un’unica classe di creditori. Ossia, ci sarà un’unica votazione per tutti i creditori, e l’approvazione (o meno) del piano di ristrutturazione avverrà con il voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza (semplice) degli ammessi al voto. La legge prevede una sorta di silenzio assenso, ossia non il votare equivarrà ad approvare il piano.
Non possiamo ancora dirvi le procedure per l’ammissione al voto, né come si potrà esercitare il voto, in quanto queste procedure devono ancora essere stabilite dal tribunale di Parma.
Parmalat e Cirio fan paura alle banche
17 maggio 2004
PARMALAT E CIRIO FAN PAURA ALLE BANCHE
Poche settimane fa ho ricevuto dalla mia banca (Fideuram) una lettera con la quale si comunicava che la stessa non acquisterà più per conto dei propri clienti obbligazioni di aziende o Paesi emergenti con rating inferiore a BBB. Lo scopo è di proteggere il cliente dal rischio dell’investimento in obbligazioni, notevolmente aumentato a seguito dei crack Parmalat, Cirio, Argentina, ecc... Il cliente è invitato a orientarsi verso titoli diversi, o meglio fondi, indicati dalla banca stessa. La conseguenza di tutto ciò – che limita grandemente la libertà di scelta dell’utente – è che eurobbligazioni come Russia e Turchia, che offrono tra i più alti rendimenti del mercato, sono sensibilmente scese di prezzo; mentre i titoli classificati BBB o meglio sono saliti. In altre parole con il suddetto provvedimento si è influenzato il mercato, non certo a favore del risparmiatore. A trarne vantaggio sono stati i grandi investitori che hanno inserito Russia e Turchia nei loro fondi ottenendo ottimi risultati. Siamo certi che tutto ciò sia legale o quantomeno corretto?
Se da un punto di vista formale tutto è legale, non possiamo dire che il comportamento della banca sia corretto e a nostro avviso ha agito in mala fede.
Nella parte VII delle condizioni contrattuali che regolano l’attività di custodia e amministrazione titoli di Fideuram vi sono due articoli che prevedono l’uno "la facoltà della Banca di procedere a eventuali limitazioni dell’operatività dei servizi, immediatamente per giustificato motivo o con preavviso di 15 giorni (il nostro caso)" e l’altro la possibilità per la banca di "rifiutare l’esecuzione dell’ordine d’acquisto... per ragioni gravi e motivate". Nel nostro caso la motivazione sta nella lettera inviata ai clienti: proteggere il cliente dall’aumentato rischio dell’investimento obbligazionario. Quindi formalmente tutto è legittimo; tali condizioni peraltro rispecchiano le condizioni generali sottoscritte dall’Abi – l’Associazione bancaria italiana – e da larga parte delle associazioni di consumatori (non noi).
Si possono certo fare delle obiezioni. La lettera della banca si richiama alle norme succitate, ma bisogna tenere presente che la parte VII si riferisce solo alle operazioni eseguibili a distanza (servizi on line), quindi non vi rientra l’ordine impartito allo sportello o dal promotore che dovrebbe essere eseguito secondo le regole ordinarie. Si potrebbe inoltre discutere sull’eventuale vessatorietà di tali norme; si potrebbero contestare la gravità e le motivazioni che giustificano la mancata esecuzione dell’ordine. Insomma, la lettera inviata dalla banca può prestare il fianco ad attacchi sotto diversi aspetti.
A parte queste obiezioni di tipo formale, non possiamo che disapprovare un comportamento del genere. È fuor di dubbio che dopo i casi Cirio, Parmalat e Argentina le banche si siano spaventate… se viene meno la fiducia dei loro clienti i primi ad andarci di mezzo sono gli istituti di credito. Ma riteniamo che compito delle banche sia di fornire una corretta e completa informazione al cliente su tutte le forme di investimento disponibili. Spetterà poi al cliente decidere verso quali prodotti orientarsi. Altrimenti saranno ancora una volta i soliti (banche, fondi e investitori istituzionali) ad approfittarne.
Parmalat riscalda il latte
24 maggio 2004
PARMALAT RISCALDA IL LATTE
Ci sono novità sul piano di ristrutturazione Parmalat? A che punto è il lavoro di Bondi?
· Bondi, il commissario straordinario che sta portando avanti la ristrutturazione del gruppo Parmalat, ha annunciato nei giorni scorsi che il piano di salvataggio della società è in dirittura d’arrivo e verrà presentato a fine maggio.
· Come spesso accade in questi casi sono però già trapelate indiscrezioni sul futuro del gruppo. L’idea alla base è di proseguire con la dismissione delle attività non strategiche; dopodiché far confluire le restanti attività e passività in una nuova società le cui azioni andranno ai creditori della "vecchia" Parmalat. Gli attuali obbligazionisti si vedrebbero così sostituire il loro credito in azioni. E gli attuali azionisti? Si dice che riceveranno un warrant – un buono che dà diritto ad acquistare (o vendere) certe azioni a una certa data a un prezzo predeterminato – con cui potranno entrare nell’azionariato della nuova società.
· Per ulteriori dettagli e maggiori certezze bisognerà comunque attendere ancora qualche giorno. Per ora ci riserviamo di esprimere la nostra perplessità riguardo a un piano che vede ripagare chi ha prestato soldi a una società – convinto di correre un rischio limitato – con azioni di una nuova dal futuro totalmente incerto e quindi a un rischio assai alto.