Ai loro albori le criptovalute erano utilizzate per transazioni nascoste nel mondo criminale, ma ben presto tutto questo è passato in secondo piano. Il loro successo enorme ha spinto il mondo della finanza a studiarle e a costruirci sopra degli strumenti finanziari e ora sono un fenomeno sotto la luce del sole. Resta, però, il fatto che molti possessori di criptovalute si sono dimenticati di dichiararle al fisco come avrebbero dovuto. Visto che non passano attraverso l’autostrada del sistema bancario (dove il fisco ha il suo casello), ma per mille strade diverse alcune delle quali sterrate e montane, lo Stato ha qualche difficoltà a tenerle sotto controllo. Diciamo “qualche difficoltà” e non parliamo di “impossibilità”, perché se è vero che si possono anche nascondere in una chiave Usb, poi quando le converti in euro finisci per passare per il sistema bancario e lì puoi essere tracciato.
E questo è un problema, perché a quel punto il fisco potrebbe contestarti tutta una serie di illeciti e far partire delle indagini. Ben se ne è accorto un contribuente che (è notizia delle scorse settimane) ha contattato l’agenzia delle entrate per far emergere la sua situazione e utilizzare liberamente e sotto il sole un tesoretto criptovalute che aveva da parte. Questo schema di “autodenuncia” potrebbe diventare presto un provvedimento del governo. Ricorda il rimpatrio dei capitali esteri di cui anche su queste pagine abbiamo parlato anni fa (www.altroconsumo.it/investi/fiscale-e-legale/investimenti-e-fisco/analisi/2015/01/soldi-a-lugano-e-finita). Tu dichiari quello che hai. Lo Stato ti fa pagare qualcosa, e la tua situazione pregressa è sanata.
Interessante, ma va fatto bene
In un periodo in cui i legislatori di tutto il mondo convergono sempre più a regolamentare gli scambi di criptovalute e in cui le informazioni sulla clientela diventano sempre più trasparenti agli occhi del fisco, questo provvedimento potrebbe essere una opportunità per chi ha investito in criptovalute per curiosità, passione o convinzione, ma non ha nessuna intenzione di nascondersi al fisco.
Andrà, però fatto bene. Pensiamo soprattutto che sia l’occasione per chiarire meglio la tassazione delle criptovalute e per inserirla in un quadro coerente. A tal proposito, visto che sono una fonte inesauribile di plusvalenze e di minusvalenze, ci auguriamo che non finiscano sotto un regime che assomigli neppure lontanamente a quello dei fondi comuni dove la compensazione tra guadagni e perdite non avviene con grave danno per i risparmiatori che si limitano a utilizzare solo questo tipo di strumento.
Le nostre proposte…
Sono riassunte nell’editoriale del n° 1477. Vogliamo […] che si abbattano le barriere fiscali che, in sede di tassazione, impediscono spesso di mettere sullo stesso piano guadagni e perdite. […] Occorre poi estendere a ogni forma di risparmio il principio che si è tassati solo al momento in cui si portano a casa i soldi, non anche prima […]. Inoltre, bisogna far sì che, nel caso di fallimento di una società, sia possibile disfarsi al più presto delle sue azioni, che oggi, invece, restano nel deposito titoli per molti anni, generando spesso dei costi. Chiediamo agevolazioni fiscali per gli strumenti finanziari sostenibili e che si spinga di più sulla previdenza complementare: vogliamo che divenga possibile il fai da te previdenziale con la creazione di conti titoli pensionistici […] e poi desideriamo che sia incentivata la libertà di scelta e siano abbattute le barriere che impediscono ai lavoratori di scegliere fondi pensione chiusi riservati a categorie contrattuali diverse dalla propria. Per ultimo, ma non da meno, chiediamo di abbattere le rigidità in fase di adesione, trasferimento e uscita dalle forme pensionistiche per rendere questi strumenti più flessibili e, quindi, anche più appetibili.