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Puoi tagliare le tasse dal 26% al 14%
3 mesi fa - venerdì 2 dicembre 2022Affrancamento: che cos’è e come si applica
L’articolo 27 della bozza della manovra finanziaria riguarda “Affrancamento quote di OICR e polizze assicurative” e riguarda, quindi, da vicino gli investitori. L’affrancamento, infatti, è una sorta di azzeramento fiscale: ti permette di pagare il 14% invece del 26% sui guadagni che hai maturato fino al 31 dicembre 2022. Il 26% lo pagherai poi su quelli che maturerai dalla fine del 2022 in avanti. Bello, ma a cosa si applica? Solo a investimenti fatti in fondi comuni – e quindi anche Etf – e in alcune polizze d’investimento (tecnicamente, di ramo I e ramo V). Significa che se investi in autonomia in singoli titoli azionari o in singoli bond la norma non ti tocca e continuerai a pagare le normali aliquote senza poterti avvalere dell’affrancamento.
Affrancamento: come funziona nella pratica
Facciamo un esempio per capire come funziona questo affrancamento. Supponi di aver acquistato quote di un fondo comune azionario qualche anno fa per un controvalore complessivo di 10.000 euro (per semplicità nell’esempio non consideriamo il pagamento di eventuali commissioni/spese di sottoscrizione). Supponiamo che tu scelga di avvalerti dell’affrancamento e che al 31/12/22 il tuo investimento nel fondo valga 30.000 euro. Sul guadagno di 20.000 euro (“plusvalenza”; 30.000 di valore al 31/12/22 meno i 10.000 di valore d’acquisto) pagherai subito il 14% di tasse, quindi 2.800 euro. Non venderai, però, le tue quote, che resteranno nel tuo portafoglio: il loro valore di “carico fiscale”, quello che serve a fare i conti per il Fisco, passerà, però, da 10.000 a 30.000 euro. Supponiamo che tra due anni il valore di questo stesso investimento sia salito a 40.000 euro e tu decida di vendere. A questo punto pagherai il 26% di tasse – l’aliquota standard per gli investimenti di questo tipo – ma solo sulla differenza tra i 40.000 del controvalore di vendita e i 30.000 di “carico” dopo l’affrancamento: sono, quindi, 2.600 euro di tasse che, sommati ai 2.800 già pagati, fa 5.400 euro totali. Se avessi deciso di non affrancare, invece, avresti pagato ben 7.800 euro di tasse (il 26% sulla differenza tra 40.000 euro alla vendita e i 10.000 euro all’acquisto), regalando inutilmente al Fisco italiano ben 2.400 euro! Detto così, l’affrancamento sembra una cosa stupenda, ma ci sono degli elementi a cui fare attenzione? Sì, e sono due.
Affrancamento: a cosa fare attenzione
Primo: vale sicuramente la pena solo se il valore del tuo investimento al momento della vendita finale è superiore a quello al 31/12/22. Torniamo all’esempio precedente: supponiamo che, al momento della vendita (due anni dopo il 31/12/22), il valore del tuo investimento, invece di salire da 30.000 a 40.000 euro, scenda da 30.000 a 20.000 euro. Con l’affrancamento tu avrai già pagato 2.800 euro di tasse e poi maturerai una minusvalenza di 10.000 euro che sulla carta puoi utilizzare in futuro, ma che, in pratica, potresti far fatica ad usare – le minusvalenze sui fondi comuni non possono essere usate per compensare plusvalenze su altri fondi comuni, quindi se non hai altro tipo d’investimento non le potrai usare mai (se invece hai anche investimenti in singole azioni potresti riuscirci). Non affrancando, invece, pagheresti solo il 26% sui guadagni di 10.000 euro, quindi 2.600 euro: meno che con l’affrancamento e più in là nel tempo. Orbene, se decidi di tenere un investimento è perché ti aspetti che si rivaluti in futuro, quindi il rischio di un ribasso futuro delle tue quote non dovrebbe incidere sulla tua scelta di affrancare: è, però, comunque un rischio di cui tener conto. Inoltre, devi tener conto del fatto che con l’affrancamento devi scucire subito della nuova liquidità che magari non hai da parte. Aspettando, invece, semplicemente l’importo della tassazione ti viene detratta dal controvalore d’incasso senza dover sborsare della liquidità aggiuntiva.
Ma perché il Governo sta facendo questo “regalo” ai risparmiatori? Verosimilmente, perché ha bisogno disperato di far cassa per trovare fondi per sostenere altre voci di spesa: l’affrancamento, di fatto, è un modo per anticipare un introito e renderlo certo. Non per nulla si fa dopo anni di vacche grasse sulle Borse (sebbene il 2022 non sia stato brillante). Dalla manovra di affrancamento il Governo si aspetta di incassare nel 2023 circa 437 milioni di euro.
Secondo: l’affrancamento non per forza è conveniente per i tuoi fondi. L’aliquota del 26% si applica, infatti, ai fondi comuni che hanno in pancia azioni o obbligazioni societarie: se il tuo fondo comune (o Etf) investe solo in titoli di Stato (italiani o esteri) la tassazione è già ora limitata al 12,5%. Affrancare al 14%, per questi prodotti, sarebbe dunque svantaggioso.
Affrancamento: lo faccio o no?
Insomma, conviene affrancare o no? Segui i seguenti consigli per decidere:
Primo: come già detto, la questione si pone solo per i tuoi investimenti in fondi comuni, Etf (non Etc, come quello sull’oro o sulle materie prime) e polizze vita di ramo I e V. Verifica se ne hai e concentrati solo su questi.
Secondo: una volta identificati i prodotti oggetto di affrancamento, escludi quelli che sono in perdita rispetto al valore d’acquisto/carico fiscale. Su questi non ti conviene affrancare. Concentrati su quelli in guadagno.
Terzo: una volta identificati i prodotti in guadagno devi verificare in cosa investono. Se sono titoli di Stato non vale la pena affrancare (e questo potrebbe essere il caso per molte polizze vita). Guarda il contenuto del tuo fondo (o della gestione separata connessa alla polizza): solo se la quota di azioni o bond aziendali super l’11,1% allora si comincia ad aver convenienza ad affrancare – in quanto l’aliquota media di tassazione è superiore al 14%.
La tassazione dei fondi comuni avviene mediante il LIE (livello impositivo equalizzato) un indice che fa una media ponderata tra i titoli in pancia al fondo che sono soggetti ad aliquota di tassazione del 12,5% e quelli che sono soggetti al 26%. Per questo l’effettiva aliquota di tassazione dei tuoi guadagni su un fondo – se non puramente azionario o puramente obbligazionario in titoli di Stato – non è mai nota in anticipo: il LIE, infatti, si calcola sulla media delle attività detenute dal fondo negli ultimi due rendiconti disponibili entro la fine del semestre solare antecedente la tua vendita. In altri termini, se vendi nella prima metà del 2022, il LIE sarà calcolato guardando cosa il fondo aveva in pancia al 30 giugno 2021 e al 31 dicembre 2020. Trovi in genere l’indicazione del LIE sul sito del gestore del fondo.
Affrancamento: come e quando lo faccio?
Non hai bisogno, comunque, di affrettarti a decidere. La norma, infatti, non è ancora entrata in vigore e bisognerà vedere se verrà approvata dal parlamento esattamente come te l’abbiamo presentata. Noi ti terremo aggiornato. Inoltre, comunque, in caso di approvazione prevede che tu possa chiedere l’affrancamento entro il 30 giugno 2023 per tutti gli investimenti posseduti al 31/12/2022. Insomma, c’è tempo, ma comincia a fare mente locale e a verificare i tuoi investimenti che potrebbero essere coinvolti per non farti trovare poi impreparato. Secondo la norma potrai affrancare mediante apposita comunicazione all’intermediario presso cui hai il rapporto di custodia dei tuoi investimenti: è, comunque, verosimile che sarà questo intermediario a inviarti comunicazione, una volta approvata la norma (quindi ci aspettiamo dal 2023), una comunicazione in cui ti chiede se vuoi avvalerti dell’affrancamento o no.
Perché questa agevolazione solo a chi investe in fondi?
La scelta del legislatore sembra voler cominciare a sanare una penalizzazione che è da sempre inflitta a chi investe solo in fondi comuni o Etf (le polizze offrono rendimenti sulla base di un portafoglio di risparmio gestito sottostante, quindi sono assimilabili): l’impossibilità di compensare le perdite sui fondi con i guadagni su altri fondi per pagare meno tasse. Se compri singole azioni, infatti, e hai registrato una minusvalenza (perdita) in passato di 2.000, sul successivo investimento in guadagno (plusvalenza) da 2.000 euro puoi non pagare tasse sfruttando proprio la minusvalenza pregressa. Con i fondi questo non è possibile, quindi paghi comunque il 26% (o l’aliquota appropriata) sui guadagni da 2.000 euro vedendo le minusvalenze marcire spesso poterle sfruttare. È una stortura che deriva dal fatto che le minusvalenze su ogni prodotto finanziario sono considerate “redditi diversi” mentre le sole plusvalenze sui fondi comuni sono considerate “redditi da capitale” e le due cose non possono andare insieme. È una stortura che chiediamo da sempre di sanare.