Meno tasse con l’affrancamento

Calcolatrice
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Le norme sull’affrancamento sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale alla fine del 2022 e sono praticamente le stesse che avevamo commentato su queste pagine già nel dicembre scorso (vedi n° 1488). L’affrancamento è, dunque, sulla carta fattibile già dall’inizio del 2023, ma gli attori del sistema hanno richiesto in questi mesi dei chiarimenti sull’applicazione della norma che l’hanno resa di fatto non sfruttabile da te risparmiatore fino a questi giorni. Ora, però, sappiamo che diversi operatori (banche, Sim, gestori di vetrine di fondi comuni…) sono effettivamente pronti per farti sfruttare questa opzione per ridurre le tasse: vediamo quali sono le cose fondamentali che devi sapere per scegliere se affrancare o no.
L’affrancamento non è di per sé una novità: per esempio, c’era già stato, seppur con modalità differenti da quello odierno, nel 2014, in concomitanza del rialzo dell’aliquota di tassazione al 26%.
Cinque cose da sapere sull’affrancamento
Primo: l’affrancamento comporta una riduzione dell’aliquota di tassazione dal 26% al 14% sui guadagni maturati al 31/12/2022. Non devi, dunque, vedere i guadagni attuali, ma quelli che avevi alla fine dell’anno scorso – devi confrontare il valore al 31/12/22 dei tuoi investimenti con il costo/valore d’acquisto/sottoscrizione. In pratica se scegli di affrancare, pagherai adesso il 14% di tasse sui guadagni al 31/12/22.
Secondo: si applica solo su fondi comuni, Etf e su alcune polizze vita (di ramo I e ramo V). Quindi se hai un portafoglio composto solo da obbligazioni, titoli di Stato o singoli titoli azionari, la norma non ti riguarda e non puoi usarla (per quanto riguarda le singole azioni c’è un’altra norma specifica, vedi articolo “Come tagliare le tasse sulle azioni”).
Terzo: si applica su fondi e polizze che avevi al 31/12/2022 e che hai ancora al momento della richiesta dell’affrancamento. Se li hai venduti in questi mesi del 2023 non puoi chiedere l’affrancamento. Non puoi affrancare nemmeno le eventuali quote acquistare dopo il 31/12/2022.
Quarto: Puoi scegliere fondo per fondo, Etf per Etf se affrancare o meno – per esempio se hai in portafoglio quote di 3 fondi comuni diversi, puoi scegliere di affrancare solo quelle di un fondo. Si applica, poi, su tutte le quote del fondo (o dell’Etf) scelto – per esempio, se hai 50 quote di un Etf sul settore farmaceutico, non puoi decidere di affrancarne 25; dovrai farlo per tutte e 50 e sempre salvo che tu non le abbia vendute nel frattempo.
Quinto: puoi richiedere l’affrancamento entro il 30 giugno 2023. Il pagamento sarà effettuato dalla banca o dalla vetrina di fondi con cui hai i tuoi investimenti, ma sarai tu a dover fornire loro il denaro necessario per l’affrancamento – in assenza di rapporto stabile di custodia (improbabile) dovrai tu avvalerti dell’opzione nella dichiarazione dei redditi 2022.
In passato l’affrancamento ha riguardato l’intera posizione del risparmiatore – in pratica si applicava su tutto quello che avevi in deposito titoli. Oggi, invece, puoi tu scegliere quali fondi, Etf o polizze affrancare. È stato proprio questo il punto che ha rallentato l’applicazione della norma, in quanto l’opzione “selettiva” complica per gli operatori del settore l’applicazione della norma.
Quando conviene fare l’affrancamento
Posto che puoi scegliere cosa affrancare, come scegliere? Lo diciamo subito: conviene affrancare solo i fondi e gli Etf prevalentemente azionari. Perché? Primo: i fondi e gli Etf che investono in titoli di Stato – o altre obbligazioni sovranazionali assibilabili – sono, infatti, già tassati al 12,5%, un’aliquota più bassa del 14% dell’affrancamento. Non devi considerare, dunque, questi prodotti per l’affrancamento (stesso ragionamento vale per le polizze di ramo I, le più diffuse, la cui “gestione separata” investe in titoli di Stato). Secondo: non devi considerare i fondi e gli Etf su cui eri in perdita alla fine del 2022 – maturerai un credito d’imposta in genere più limitato di quello che potresti normalmente ottenere e comunque non utilizzabile per compensare futuri guadagni su altri fondi comuni ed Etf.
Morale: vale la pena affrancare fondi ed Etf che erano in guadagno al 31/12/22, che hai ancora oggi in mano e che hanno all’interno del proprio portafoglio una percentuale d’azioni superiore al 12% (o solo obbligazioni societarie). Attenzione, però, che le condizioni affinché l’affrancamento sia effettivamente vantaggioso non finiscono qui. Cos’altro considerare?
In pratica l’affrancamento ha senso solo su fondi/Etf azionari, obbligazionari societari (quindi con obbligazioni non tassare al 12,5%), fondi bilanciati e, per lo più, i flessibili (devi comunque verificare tu la composizione).
I rischi dell’affrancamento
Oltre alle condizioni appena viste, l’affrancamento è sicuramente conveniente solo se il guadagno al 31/12 è particolarmente consistente, solo se il valore del fondo o dell’Etf ancora oggi è allineato o superiore a quello al 31/12/22 e solo se lo vuoi vendere a brevissimo, appena terminata la procedura di affrancamento. Solo se ci sono anche queste tre condizioni l’affrancamento è sicuramente vantaggioso. In tutti gli altri casi, non è detto che l’affrancamento ti dia la garanzia di pagare meno tasse sull’investimento. Supponi, infatti, di affrancare, ma di voler mantenere le quote del tuo fondo o Etf. Tra due anni sei costretto a venderle e magari il prezzo è sceso rispetto al valore al 31/12: in questo caso, l’affrancamento rischia di farti pagare delle tasse inutili (vedi esempio qui a fianco) e di rivelarsi una spesa inutile e dannosa. Devi, infatti, tenere presente che l’affrancamento comporta dei rischi legati alle oscillazioni dei mercati. Più il guadagno al 31/12 è risicato, più il rischio che alla fine l’affrancamento non sia vantaggioso è elevato. Devi, inoltre, tenere presente che con l’affrancamento devi avere tu dei soldi da parte da scucire per assolvere agli obblighi fiscali: quando, infatti, vendi quote di fondi o Etf in attivo, di solito le tasse vengono trattenute dal controvalore di vendita – ti viene dunque accreditato un valore più basso, che sconta già le tasse che devi pagare, ma non devi scucire soldi in più (ragioniamo sempre in ipotesi di regime amministrato, il più comune). In questo caso, invece, l’intermediario ti farà i conti di quanto devi pagare e ti chiederà un bonifico o ti addebiterà la somma sul conto collegato: sono quindi soldi che devi avere da parte.
Supponi di aver investito 5.000 euro in un Etf sulle azioni mondiali. Al 31/12/2022 il controvalore era di 8.000 euro. Se scegli di affrancare, sui 3.000 di guadagno, paghi ora il 14% di tasse (sono quindi 420 euro) e il valore di carico fiscale del fondo diventa, appunto, il valore al 31/12. Se rivendi tra un anno a 10.000 euro, paghi il 26% sulla differenza tra 10.000 e 8.000, quindi 520 euro per un totale di 940. Non affrancando pagheresti 1.300 euro (il 26% dei 5.000 euro di plusvalenza). Se, invece, tra un anno rivendi a 5.000, con l’affrancamento hai pagato 420 euro e hai una minusvalenza di 3.000 euro – non può compensare plusvalenze su altri fondi ed Etf, ma solo su pacchetti azionari – mentre senza affrancamento avresti pagato 0.
Come fare l’affrancamento
Supponiamo che tu voglia comunque procedere con l’affrancamento: come fare in pratica? La norma prevede che sia tu a dare comunicazione all’intermediario presso cui hai i fondi e gli Etf (o all’impresa di assicurazione). Quindi se, per esempio, la banca presso cui hai i tuoi Etf che vuoi affrancare non ti ha ancora detto nulla pungolala tu e chiedi le modalità per inviare la richiesta di affrancamento. Da quanto abbiamo visto in questi giorni, ogni intermediario prevede delle modalità differenti. C’è chi chiede solo l’invio di una normale mail, chi ti farà firmare dei contratti aggiuntivi. Inoltre, c’è chi terrà bloccate le quote dei tuoi fondi (ovvero non potrai venderle o acquistarle) dal momento della richiesta dell’affrancamento fino al momento del pagamento delle tasse relative e chi, invece, non prevede vincoli alla disponibilità delle quote. Devi informarti tu con il tuo intermediario su come procedere e devi farlo al più presto: la richiesta d’affrancamento deve essere fatta entro il 30 giugno (ci risulta che alcuni intermediari abbiano posto delle scadenze più ristrette).
Attenzione che alcuni intermediari potrebbero richiederti di pagare delle commissioni per l’opzione di affrancamento. Se così fosse (devono dichiarare tali spese prima) l’affrancamento potrebbe rivelarsi inutile se il guadagno al 31/12 è di poche centinaia di euro.
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