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Bengasi, Tripoli e trappole

Data di pubblicazione  21 marzo 2011
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La Francia è in prima linea nell’attacco alla Libia: ha mandato i suoi mirage a difendere Bengasi pur di riuscire a spuntare commesse in uno dei Paesi più ricco di risorse petrolifere del Nord Africa.

La Francia è in prima linea nell’attacco alla Libia: ha mandato i suoi mirage a difendere Bengasi pur di riuscire a spuntare commesse in uno dei Paesi più ricco di risorse petrolifere del Nord Africa. L’Italia ha cercato di mantenere un atteggiamento cerchiobottista e per ora Eni non sta soffrendo per quel che accade in Libia (vedi grafico) più di quanto il mercato non soffra per il Giappone. Del resto la produzione di idrocarburi in Libia di Eni è di circa 250 mila barili al giorno, contro i 1.800 complessivi del gruppo. Secondo noi una chiusura di tutte le attività in Libia – lo scenario peggiore in assoluto – avrebbe un impatto sull’utile netto di Eni di circa 800 milioni di euro, pari a circa il 10% dell’utile del 2010. Non catastrofico, quindi, tanto più che l’attesa stabilizzazione dei prezzi del petrolio su livelli superiori rispetto a quelli dell’anno scorso dovrebbe contenere l’impatto negativo di questo scenario: pensateci, prima vendevo 10 mele a 50 centesimi l’una, ora ne vendo 9, ma a 60 centesimi l’una. Le nostre stime sono già molto prudenti sia rispetto al piano strategico di Eni sia rispetto a quelle medie del mercato: per il 2012 ci aspettiamo un utile per azione di 2,09 euro contro i 2,42 euro attesi da numerosi altri analisti. Morale: le prospettive del titolo Eni, pur con le nostre stime prudenti, sarebbero interessanti, ma proprio per tener conto di questa guerra irta di trappole, il consiglio è mantenere.

ENI
VA DI PARI PASSO CON LA BORSA
Eni (in grassetto, base 100) sta soffrendo in linea con Piazza Affari (linea sottile), ma solo per la crisi giapponese. La guerra in Libia, al momento, non la sta toccando.