Guai ai vinti!
Data di pubblicazione 07 luglio 2014
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La privatizzazione di Fincantieri (fanno navi, tra cui anche la famosa Costa Concordia) è stata un vero flop (non è un caso che ti abbiamo detto di guardarti bene dal sottoscriverla).
La privatizzazione di Fincantieri (fanno navi, tra cui anche la famosa Costa Concordia) è stata un vero flop (non è un caso che ti abbiamo detto di guardarti bene dal sottoscriverla). Nessuno dei grandi investitori (banche, fondi…) se l’è voluta comprare e così l’offerta di azioni è stata ridotta al punto che ha più che altro soddisfatto la domanda di azioni dei piccoli risparmiatori, il parco buoi. Questi sono, infatti, pressoché i soli azionisti della società se si esclude, ovviamente, lo Stato che continua a detenerne la maggioranza, e quindi la potestà di farci il bello e il cattivo tempo. I primi giorni di quotazione il titolo è rimasto di fatto annichilito al prezzo di quotazione con scambi ridicoli. Che tiri una brutta aria sulle privatizzazioni lo si nota pure dal fatto che anche le vendite di immobili dello Stato vanno male: quasi nessuno tenta un acquisto e chi lo fa sta offrendo somme così irrisorie che al demanio passa la voglia di vendere (oltre che la convenienza). Già c’è da temere per il prossimo appuntamento: la privatizzazione di Poste Italiane (a cui voci non confermate aggiungono quote di Enel e Eni). Fosse un flop lo Stato potrebbe ritrovarsi ancor più a corto di soldi e dover tentare una qualche stangata. Ma c’è di peggio: per evitare il flop su queste privatizzazioni soffia aria di rinvio nell’attesa del momento buono. Ma il gioco è rischioso: un conto è piazzare sul mercato i gioielli di casa quando le Borse stanno salendo (quella Usa è oggi vicina ai massimi di sempre), un altro conto sarà farlo quando i mercati si prenderanno una pausa di riflessione o addirittura invertiranno la marcia. In altre parole, a furia di attendere, c’è il rischio è che si arrivi a un momento in cui sarà troppo tardi per privatizzare, rendendo conveniente saltare il turno e aspettare il prossimo ciclo buono della Borsa, magari tra cinque anni. Ma se così fosse il buco nei conti pubblici che ne uscirebbe sarebbe ben peggiore, e così la prossima stangata. Insomma: i guai rischiano di chiamare altri guai.