Unicredit ha perso un bel po’ di terreno. Non è una novità che la Banca di Piazzale Cordusio arranchi in Borsa ed è da tempo che la tengo d’occhio, perché l’esperienza mi insegna che quotazioni in discesa, a volte, son premonizioni di grane. La domanda è: perché quest’agonia? Perché la banca ha bilanci truccati che non rispecchiano la realtà? Ho cercato in questa direzione, ma non ho trovato nulla: siamo nell’alveo della normalità. In questo periodo molte banche han perso in Borsa tanto quanto Unicredit (e non pensare solo alle banche italiane). Inoltre i cds di Unicredit (il costo per assicurarsi da un suo fallimento) sono sì saliti, ma questo è successo anche ad altre banche e in misura comparabile. Il bandolo della matassa con molta probabilità non è nemmeno nei due mesi che dicono ci vogliano per trovare il nuovo amministratore delegato di Unicredit. La lentezza nella nomina è il feticcio di un problema più grande: Unicredit ha bisogno di un aumento di capitale. Il fatto è che alcuni grandi azionisti di Unicredit, come le Fondazioni, non ci stanno. Un aumento di capitale significa infatti due cose: o cacciar fuori quattrini, o lasciare che lo facciano altri, ritrovandosi così con meno potere, perché chi picchia giù il quattrino comanda di più. Devono farsi il palato o trovare i soldi. Quanti soldi ci vorranno? 3 miliardi? 5 miliardi? 7 miliardi? Con molta probabilità 3-5 miliardi sono già nei prezzi di Borsa di oggi, ma 7 miliardi lo sono meno. È quest’incertezza che pesa sul titolo sfiancato dai timori di Brexit e dai crediti marci. Preoccupati il giusto e comunque non scappare dal titolo: anche con 7 miliardi di aumento la banca vale un acquisto. Non “mediare” anche se la lungimiranza pagherà: finisci per concentrare troppo il rischio. Ah, allacciati la cintura: da qui a due mesi si balla.