Braccio di ferro
Data di pubblicazione 09 ottobre 2017
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Non è bastata la Brexit. Non son bastati i razzi di ciccio Kim. Non sono bastati i successi elettorali della destra xenofoba in Germania. Non è bastato neppure il referendum catalano… le Borse salgono. E risalgono. Ciniche. Come solo i numeri sanno essere. In più i nostri modelli di valutazione dei mercati continuano a dirmi di comprare più azioni e vendere obbligazioni. Non te l’ho mai nascosto: è da tempo che faccio a braccio di ferro con numeri e modelli econometrici – così i professoroni chiamano i fondi di caffè con cui calcolano i prezzi delle azioni di domani e dopodomani - cercando di frenare questa insana, perché eccessiva, affezione per le Borse. Ma di fronte all’ennesimo record ho dovuto cedere. Se le Borse corrono, corriamoci insieme. È molto forte in me il senso di colpa per quel che successe con Tiscali al suo esordio in Borsa. Era arrivata da matricola a Piazza Affari e l’ho consigliata in offerta. Subito è salita un botto. Più 50%, più 100%... più 150% e allora ho detto vendi. Mi sembrava un guadagno di tutto rispetto. Ma Tiscali ha continuato a salire: +500%, + 1000% + 1500%... E sono arrivati i tuoi rimproveri: “Ecco, mi hai fatto vendere e, invece, va come sale!”. Nonostante non avesse senso finanziario che Tiscali volasse così alto. Questa volava. Sempre più in alto. Poi… poi lo sai. Oggi un’azione Tiscali vale quanto un prefisso telefonico. Avevo avuto ragione, ma troppo tardi per non sentire le tue critiche. Questa volta non voglio sentirne più, e allora mi sono detto: “Proviamoci!”. Via libera alle azioni. L’investitore “difensivo” aggiunga un 15% di azioni in più ripartito tra tre Borse extraeuropee (Istanbul, Toronto e Tokio), quello “equilibrato” aggiunga un 10% di azioni in più suddivise tra Toronto e Tokio. L’investitore “dinamico” è a posto così com’è. I soldi? Vanno presi vendendo bond in euro e un po’ di azioni dell’eurozona, quelle che più giocano a scacchi con la crisi catalana. Ti sto scrivendo oggi, lunedì 9 ottobre. Domani è il 10, giorno della festa della fondazione del partito dei lavoratori della Corea del Nord. Ci sarà festa grande, solo che Pyongyang non è Napoli: là, al posto dei petardi, sparano razzi veri. Incrociamo le dita che uno non finisca in Giappone o a Guam. Sarebbe tutta un’altra storia.