Gli Usa sono, infatti, il porto sicuro in momenti di insicurezza e questo, unito al fatto che i rendimenti dei titoli di Stato americani sono allettanti, potrebbe contribuire ad attirare capitali verso la prima economia del mondo, o, comunque, a sostenerne titoli e mercati. In quest’ottica questo mese abbiamo cambiato le nostre strategie di investimento: lo spazio dei titoli di Stato Usa a breve termine sale dal 5% al 10% nel portafoglio Difensivo, dal 5% al 15% in quello Equilibrato e dal 5% al 10% in quello Dinamico nell’ottica di rafforzare i portafogli (vedi pagine 14 e 15). Vanno a sostituire i titoli svedesi (bond e azioni) le cui prospettive si sono ridimensionate e che, pertanto, sono da vendere. Visto che si tratta di poste che, in base alle indicazioni che abbiamo dato, sono in portafoglio da tantissimo tempo, non sarà sempre facile separarsene. In questi casi intervengono sulle scelte meccanismi psicologici avversi importanti, che sono stati studiati in una branca dell’economia che si chiama finanza comportamentale. Uno di questi meccanismi è il cosiddetto bias dello status quo, un pregiudizio molto comune per cui per cui tendiamo a voler lasciare tutto così com’è, piuttosto che considerare soluzioni d’investimento alternative a quelle già sperimentate, cui spesso si accompagna il bias della procastinazione, un altro condizionamento mentale che ci spinge a rinviare le scelte. Soprattutto quando si tratta di cambiare cavallo, come in questo caso, interviene il cosiddetto disposition effect, ossia l’umana tendenza a non vendere gli investimenti in perdita e a liquidare quelli in guadagno. Questo ha però il limite di farci ragionare con gli occhi fissi sullo specchietto retrovisore, anziché sulla strada che dobbiamo percorrere. E in questo caso, invece, occorre guardare avanti, ed essere pronti ad accettare che, se il mondo cambia, anche le nostre scelte devono cambiare e fare un salto di qualità verso occasioni migliori.
Alessandro Sessa
Direttore Responsabile Altroconsumo Investi
