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Privatizzazioni sotto casa

Editoriale

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Data di pubblicazione 29 marzo 2024
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Martedì 26 marzo il ministero dell’Economia e delle Finanze ha venduto azioni Mps per il 12,5% del capitale. Tutto è avvenuto nel giro di pochissime ore.

Non è la prima volta che lo Stato cede azioni Mps, ma in questo caso la vendita è avvenuta a prezzi più interessanti che in passato, con 650 milioni di euro di incassi. Solo una parte dei miliardi dei contribuenti che nel corso degli anni sono stati spesi per sostenere Mps, ma almeno rappresenta un cambio di rotta verso una stagione di privatizzazioni che sembra riaprirsi dopo anni di pausa e che dovrebbe consentire di raccogliere, attraverso varie operazioni, una somma attorno ai 20 miliardi. Poste Italiane ed Eni con le sue controllate sembrano essere fra le principali candidate alle prossime cessioni, sulle quali vi terremo certamente informati. In questo momento ci preme osservare come di per sé quella delle privatizzazioni sia una pratica che riduce il peso dello Stato nell’economia e contribuisce a rendere il Paese più efficiente, se consideriamo il fatto che le aziende spesso sono sovvenzionate anche quando si trovano in una condizione che le pone fuori mercato. Con il rischio di finire in una sorta di accanimento che mantiene in vita realtà che non hanno più futuro, impedendo la nascita di nuove realtà, in grado di rendere l’economia nel suo complesso più forte, con nuovi posti di lavoro e vantaggi per tutti. È un po’ come quando in un bosco gli alberi vecchi e marci crollano sul terreno, liberando spazio verso la luce del sole a nuove piante e a nuova vita: un processo talora duro, ma necessario. Dobbiamo aspettarci questo trionfo di vita ora che si riapre la stagione delle privatizzazioni? Freniamo gli entusiasmi: in Italia finora le privatizzazioni servono più che altro a far cassa, perché poi lo Stato resta al comando delle società, immettendoci denaro quando sono in difficoltà, in molti casi facendole sopravvivere in modo innaturale. Con tutte le conseguenze che questo comporta in termini di scarsa crescita della produttività e della nostra economia. Ed è per questo che, al di là di qualche singolo titolo, continuiamo a dirvi di non investire a Piazza Affari nel suo complesso, anche se è la Borsa sotto casa.

Alessandro Sessa

Direttore Responsabile Altroconsumo Investi