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Il gigante (malato) d'Europa ha votato

I riflettori sono puntati sulla fase post-elettorale della Germania, che da locomotiva europea è passata a essere, negli ultimi anni, uno dei punti deboli del Vecchio Continente.

I riflettori sono puntati sulla fase post-elettorale della Germania, che da locomotiva europea è passata a essere, negli ultimi anni, uno dei punti deboli del Vecchio Continente.

Data di pubblicazione 24 febbraio 2025
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I riflettori sono puntati sulla fase post-elettorale della Germania, che da locomotiva europea è passata a essere, negli ultimi anni, uno dei punti deboli del Vecchio Continente.

I riflettori sono puntati sulla fase post-elettorale della Germania, che da locomotiva europea è passata a essere, negli ultimi anni, uno dei punti deboli del Vecchio Continente.

I riflettori sono puntati sulla fase post-elettorale della Germania, che da locomotiva europea è passata a essere, negli ultimi anni, uno dei punti deboli del Vecchio Continente. Con un calo del Pil dello 0,3% nel 2023 e dello 0,2% nel 2024, il Paese sta vivendo la crisi economica più lunga degli ultimi 20 anni. 

A differenza di quanto successo altre volte, l'economia tedesca non è riuscita a ritrovare dinamismo dopo il terremoto economico degli anni del Covid. Questo fenomeno, per certi versi inedito, può essere spiegato con la crisi simultanea di tutti i principali motori dell'attività tedesca, a cominciare dall'industria, cui si aggiunge anche un brusco calo degli investimenti e il rallentamento del commercio con l’estero, da sempre punta di diamante della potenza economica del Paese. Le cause sono diverse: l'impennata dei costi energetici legata alla fine del gas russo a basso costo, l’aumento della concorrenza cinese e anche errori strategici da parte degli industriali tedeschi (un caso su tutti è quello di aver sottovalutato l’auto elettrica). Come se ciò non bastasse, i salari non hanno tenuto il passo dell’inflazione e le famiglie ora risparmiano molto per paura del futuro. L’agenda, per il prossimo cancelliere, è fitta di cose da fare. Dovrà stimolare gli investimenti e arrestare il declino della produzione industriale attraverso la fornitura di energia a un prezzo “accettabile”, anche se ciò dovesse richiedere una qualche forma di sussidio governativo. Dovrà poi ridurre gli oneri amministrativi e la tassazione delle imprese, oggi più alta rispetto alle principali economie sviluppate. Dovrà quindi reinvestire nelle infrastrutture pubbliche, che appaiono inadeguate in seguito a decenni di investimenti insufficienti. I margini per farlo ci sono, perché comunque le finanze pubbliche sono solide, con un deficit al 2,5% del Pil nel 2024 e un debito prossimo al 60%. Però i tempi per vedere gli effetti non sono immediati, anche perché il Paese, che è un fenomenale esportatore, dovrà vedersela con i dazi di Trump. Per ora, a parte qualche titolo azionario, la scelta di investimento sulla Germania è orientata soprattutto sui titoli di Stato, poiché immaginiamo che il Paese sarà in grado di guarire dalla malattia e recuperare la salute cui ci ha sempre abituato.

 

Alessandro Sessa

Direttore responsabile Investi