Dopo un inizio tranquillo (+2,9% le Borse a gennaio) e un febbraio sottotono (-0,8%), a marzo e aprile ci son state perdite pesanti (rispettivamente -6,7% e -3,7%), con una schiarita a maggio (+5,4%). I motivi sono noti e ruotano attorno alle politiche commerciali di Trump. Maggio ha beneficiato della scelta di sospendere per 90 giorni i dazi, ma resta l’incognita su cosa accadrà dopo e una totale incertezza sul futuro delle relazioni commerciali degli Usa con il mondo. Dopo l’accordo con Londra, privo di contenuti forti ma soddisfacente ai fini mediatici, si spera che i prossimi seguano lo stesso schema: pochi cambiamenti, dazi al 10% su tutte le importazioni. Ciò consentirebbe di stabilizzare le prospettive della guerra commerciale, ma c’è comunque la nuova minaccia della politica fiscale con tagli alle imposte. Come sottolineato nelle scorse settimane, tali misure potrebbero sostenere la crescita e i profitti societari nel breve termine, ma il rovescio della medaglia dei forti disavanzi fiscali renderà difficile una riduzione dei tassi. Anzi, ci sono tendenze opposte e si intensifica la competizione sui mercati del debito. Il credito pare destinato a restare caro a lungo, una cattiva notizia per le Borse, perché là dove tecnologia e innovazione sono centrali, l’alto costo del denaro ostacola la crescita. In un contesto in cui i rendimenti dei bond sono attraenti, il capitale tende a spostarsi dal mercato azionario a quello obbligazionario. Per questo è probabile che anche nel resto del 2025 navigheremo a vista e solo una buona diversificazione aiuta ad affrontare il futuro.
Alessandro Sessa
Direttore responsabile Investi