Primo: un solido patrimonio
Il patrimonio di una banca rappresenta le risorse che i soci hanno “messo da parte” nel tempo per permettere alla società di funzionare correttamente, per coprire eventuali perdite nei momenti di crisi, per finanziare nuovi investimenti… insomma un po’ come il “tesoretto” che ciascuna famiglia accantona per far fronte agli imprevisti futuri. Per questo, è il principale elemento che utilizziamo per valutare la solidità della banca.
Ma non basta guardare l’ammontare del patrimonio, bisogna anche raffrontarlo ai rischi che la banca si è assunta (per esempio concedendo prestiti alla clientela). Per questo, nella nostra valutazione partiamo da due indicatori utilizzati anche da Bce e Banca d’Italia per monitorare il settore: il common equity tier 1 (Cet1 ratio) e il total capital ratio, che appunto rapportano i mezzi propri della società al totale degli impegni assunti.
Le autorità di controllo richiedono alle banche di rispettare dei livelli minimi. Per uniformità di analisi, per tutte le banche abbiamo utilizzato come parametro il 7% per il Cet1 ratio e il 10,5% per il total capital ratio. Bce e Banca d’Italia, tuttavia, possono richiedere alle singole banche livelli più alti.
Il punteggio che noi attribuiamo a ciascuna banca indica di quanto la banca supera questo livello minimo: un punteggio di 180, per esempio, significa che la banca ha un patrimonio superiore dell’80% a quello minimo richiesto dalle autorità. Un punteggio inferiore a 100, invece, indica che la banca non rispetta nemmeno gli standard minimi di sicurezza. Dal punteggio alle stelle, poi, il passo è breve: più è alta la percentuale, più aumenta il numero di stelle.
Secondo: la trasparenza
Tutte le banche sono tenute, una volta l’anno, a fornire informazioni sul loro patrimonio. Ma un anno è lungo: nel frattempo la situazione dei conti può cambiare radicalmente. Per questo, nel nostro giudizio teniamo conto anche della frequenza con cui le società pubblicano queste informazioni. Le banche che si limitano al “minimo sindacale”, pubblicando il bilancio una sola volta l’anno, sono penalizzate di una stella rispetto al punteggio calcolato in precedenza; non penalizziamo, tuttavia, le banche che fanno parte di un gruppo più ampio che fornisce queste informazioni al posto loro.
Terzo: riflettori sui crediti marci
Per ottenere il giudizio massimo, cioè cinque stelle, le banche devono avere le carte in regola anche sul fronte dei crediti “marci”. Per valutare questo aspetto, utilizziamo il Texas ratio: un indicatore dal nome forse curioso (deriva dal fatto che fu utilizzato per la prima volta per studiare le banche di quello Stato), ma che fotografa proprio il rischio derivante da questi crediti. Il Texas ratio rapporta infatti i crediti “marci” ai mezzi che la società ha a disposizione per farvi fronte (vedi qui a lato). Le banche potenzialmente a cinque stelle, ma che hanno un Texas ratio superiore a 1 vengono “declassate” a quattro stelle. Un giudizio comunque più che positivo, ma non il “top”; d’altronde, l’eccellenza bisogna guadagnarsela.
Dal punteggio alle stelle
Attribuiamo una stella alle banche con punteggio fino a 110,2 stelle per chi ha un punteggio tra 110 e 130, 3 stelle per punteggi tra 130 e 150, 4 stelle per punteggi tra 150 e 200, infine 5 stelle per punteggi superiori a 200. A questo giudizio vengono poi applicati i correttivi legati a trasparenza e texas ratio.
Riflettori sui crediti
Il texas ratio è calcolato come rapporto tra i crediti “marci” e la somma di due elementi: il patrimonio e gli accantonamenti sui crediti effettuati in passato. Un valore inferiore a 1 è positivo: significa che il totale dei crediti marci è più basso dei mezzi che la società ha a disposizione per far fronte al loro eventuale azzeramento. Al contrario, un texas ratio superiore a 1 è un campanello d’allarme. Il limite di questo indicatore è che fotografa un solo elemento di rischio, i crediti marci appunto, ma non altri, come per esempio l’esposizione a strumenti derivati. Per questo, è solo un tassello all’interno della nostra metodologia, che, come ultimo passaggio, prevede anche il giudizio dell’analista in base alle notizie relative alla società.