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Avete strumenti di valutazione vecchi!

Metodologia

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Data di pubblicazione 17 luglio 2020
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Spesso quando analizziamo delle azioni riportiamo il rapporto tra prezzo e utile della società come spunto di valutazione. Sandro e Paolo ci hanno detto che sembra un po’ poco e un modo antiquato di valutare, visto che azioni giudicate care come Amazon hanno poi preso il volo.

Oltre il prezzo al metro quadro c’è di più

Il rapporto tra il prezzo di Borsa di un’azione e l’utile societario è solo uno dei fattori che usiamo per valutare se un’azione è conveniente. Lo diciamo per semplificare, ma l’analisi è più complessa. Tra gli altri aspetti, che mettiamo in relazione al prezzo di Borsa, c’è il valore contabile e il valore dei “flussi di cassa” (magari lo hai sentito nominare come cash flow); a differenza dell’utile che è “sporcato” da regole contabili, il “flusso di cassa” rappresenta quanto denaro contante viene prodotto o bruciato dalla società. Non per nulla nella nostra valutazione il rapporto tra prezzo e “flussi di cassa” in genere pesa di più rispetto al rapporto tra prezzo e utili. Ma oltre a questi rapporti, che sono, come diciamo spesso, un po’ come il prezzo al metro quadro delle case (più sono bassi, più è conveniente) ci sono altri fattori che prendiamo in considerazione. Su tutti ci sono i dividendi pagati dalla società (anche se di solito li pubblichiamo al lordo della tassazione, nella valutazione teniamo conto anche dell’impatto fiscale). Attenzione, non stiamo parlando solo del rendimento da dividendo (dividendo su prezzo di Borsa) di quest’anno: facciamo la stima puntuale dei possibili dividendi per i successivi tre anni e poi del loro possibile tasso di crescita a medio e lungo termine. Ma prima di arrivare al giudizio, confrontiamo questi indicatori con quelli calcolati per altre aziende che operano nello stesso settore – se al mercato ci sono più venditori di mele golden è importante controllare se c’è qualcuno che le fa pagare meno o le ha migliori. E non solo: teniamo conto anche del listino su cui le azioni sono quotate – se Milano scende, è verosimile che un’azione italiana faccia lo stesso.

Il discounted cash flow model e il momentum

Ma prima di arrivare al giudizio c’è di più. In primo luogo, per tutte le azioni seguite costantemente, agli elementi su visti aggiungiamo quelli dell’analisi tecnica, in particolare usando il “momentum” – te ne abbiamo parlato più diffusamente nello scorso numero. In secondo luogo, quando la società è molto giovane o in generale non ha prospettive di utili e dividendi a breve termine, per ulteriore controllo usiamo anche un’altra tecnica di valutazione, che prende il nome di discounted cash flow (DCF). Il DCF attribuisce alla società un valore pari a tutti i “flussi di cassa” che il gruppo genererà in futuro "scontati" al valore attuale – in questo caso si considera il valore assoluto dei “flussi di cassa”, non quello rapportato al prezzo dell’azione in Borsa. Si tratta di un metodo un po’ laborioso e che fornisce dei risultati “ballerini”, visto che richiede di fare stime anche sul tasso d’interesse a cui “scontare” quei flussi, ma che permette di valorizzare anche società che magari non pagheranno mai un dividendo. Può tornare utile per verificare se ci sono spazi per dare una scommessa su azioni che risulterebbero care con l’uso degli altri parametri – Amazon (2.999,9 Usd; Isin US0231351067) non hai mai pagato dividendi ed è cara, ma l’abbiamo comunque consigliata speculativamente, per esempio a novembre 2017 su Altroconsumo Finanza1243 (non è il caso di scommetterci ora).

Il rischio e la qualità della gestione

Ma prima di arrivare al consiglio ci sono altri due aspetti da considerare. Il primo è la corporate governance, quindi il rispetto delle regole che permettono a te risparmiatore di non vedere lesi tutti i diritti che hai come azionista e che fanno sì che la società sia trasparente e ben gestita. Il secondo è il rischio dell’azione. Lo definiamo (da 1, minimo, a 5, rischio massimo) a partire dalla “volatilità”, quindi da quanto il titolo è stato ballerino. Poi, però, consideriamo il livello di indebitamento e eventuali guai giudiziari. Poi valutiamo quanto il settore in cui opera può esporla a rischi – può accadere se la concorrenza è elevata o se c’è il rischio di variazione normative che condizionino la sua attività. Poi valutiamo altri fattori specifici della sua attività societaria – diversificazione geografica, dimensione dell’azienda, presenza di ristrutturazioni societarie… – e la qualità degli utili che la società produce (con un occhio attento ai “flussi di cassa”). Solo dopo aver macinato tutte queste informazioni arriviamo a dare il giudizio finale su un’azione. Insomma, tutto questo è antiquato? No, gli studi riconoscono alcuni di questi strumenti di valutazione come i soli in grado di individuare un’azione apprezzata dal mercato – non per nulla, giusto per fare un esempio, sono ancora quelli attualmente insegnati dalla London school of economics. È semplicistico? Neppure, al contrario crediamo la nostra metodologia di analisi sia molto sofisticata. 

Il nostro modello di valutazione del rischio è ispirato a quello delle “forze competitive di Porter”, pubblicato sull’Harward Business Review