Nel mondo delle materie prime, il cacao è stato a lungo considerato una “commodity minore”, spesso oscurata da petrolio, oro o grano. Eppure, negli ultimi anni, il cacao è salito alla ribalta per un motivo preciso: una corsa dei prezzi senza precedenti a partire dalla fine del 2023, con conseguente forte attenzione da parte di trader, investitori e fondi specializzati. Dopo aver toccato i massimi storici nel 2024, i prezzi si sono ritirati, ma rimangono ancora su livelli storicamente elevati.
La domanda che potrebbero porsi molti risparmiatori oggi è semplice: conviene investire nel cacao? Per rispondere, bisogna andare oltre il fascino del cioccolato e comprendere le logiche economiche, climatiche e politiche che regolano questa materia prima.
L’andamento recente: dalla vertigine al raffreddamento
Tra la fine del 2023 e la prima metà del 2024, il cacao ha vissuto una fase esplosiva. I prezzi hanno superato i 12.000 dollari a tonnellata, un livello mai toccato prima: nei 50 anni precedenti; infatti, il prezzo del cacao si era quasi sempre mosso all’interno di una forchetta che andava dai 1.000 ai 3.000 dollari a tonnellata, con punte oltre 4.000 dollari solo nella seconda metà degli anni Settanta (ci torniamo tra poco). Quindi siamo di fronte a un picco significativo, visto che nel 2022 il prezzo era ancora sui 2.000 dollari. Ora, a settembre 2025, il prezzo è intorno ai 7.000 dollari, quindi in calo dai massimi, ma su valori più che doppi rispetto alla media degli ultimi dieci anni.
Il primo aspetto da sottolineare è che questa volatilità non è casuale. I movimenti di prezzo sono stati guidati da una combinazione di: scarsità di offerta (la produzione è calata nei Paesi africani), rischi climatici cronici, speculazione finanziaria, e, in parte, da una corsa agli acquisti da parte dell’industria del cioccolato. Per l’investitore, questi elementi rappresentano un mix di opportunità e rischi elevati. Il cacao non è una commodity stabile né facilmente prevedibile, rispetto al rame e al petrolio presenta una volatilità estrema e una concentrazione geografica dell'offerta che la rendono ancora più sensibile a shock localizzati.
Cosa influenza il prezzo del cacao
Più del 60% del cacao mondiale proviene da due soli Paesi: Costa d’Avorio e Ghana. Entrambi stanno affrontando una crisi strutturale della produzione: piantagioni vecchie, mancanza di investimenti, malattie delle piante, cambiamenti climatici, scarsità d’acqua e perfino la concorrenza dell’estrazione illegale di oro che invade i campi coltivati.
Secondo fonti citate da Reuters, per la stagione 2025/2026 è atteso un calo del 10% della produzione africana, che si somma a una stagione 2024 già compromessa. Inoltre, le scorte mondiali sono ai minimi storici: ciò significa che ogni piccolo shock può spingere i prezzi alle stelle.
Nonostante i rincari, però, la domanda globale tiene: Asia e America Latina trainano i consumi, anche se in Europa e USA alcuni segnali di rallentamento sono visibili. Tuttavia, il cacao è un ingrediente chiave in molti prodotti alimentari, e la sua sostituzione su larga scala non è tecnicamente né commercialmente semplice. Questo garantisce una base solida alla domanda.
Fattori apparentemente “locali” come lo scontento dei coltivatori ghanesi, che minacciano il contrabbando verso i Paesi confinanti per ottenere un prezzo più alto, possono avere impatti immediati sui mercati. Inoltre, le nuove normative ambientali europee, che vietano l’importazione di cacao proveniente da zone deforestate, potrebbero ridurre l’offerta e rendere la filiera ancora più fragile.
Una situazione simile in passato
Come abbiamo detto già negli anni Settanta si era verificato un picco di prezzo oltre i 4.000 dollari che vanno, però, confrontati con il potere di acquisto di allora del dollaro che era 5/6 volte quello attuale. Quindi significa picchi che in dollari attuali sarebbero ben più alti di quelli che stiamo vedendo (anche oltre i 25.000 dollari). Quali furono allora le cause?
In primo luogo, gli anni Settanta furono caratterizzati da una forte inflazione internazionale, aggravata dalle crisi petrolifere del 1973 e del 1979. In quel contesto, molte materie prime, cacao incluso, furono percepite come “beni rifugio” alternativi al dollaro, che stava perdendo valore dopo la fine del sistema di Bretton Woods. In quegli anni poi in Ghana ci furono difficoltà economiche, instabilità politica e una gestione inefficiente del settore agricolo che portarono a un calo delle esportazioni legali e a un aumento del contrabbando, a cui si aggiunsero condizioni climatiche avverse e malattie delle colture ridussero i raccolti in più aree dell’Africa occidentale. Inoltre Negli anni Settanta i Paesi produttori cercarono di coordinarsi attraverso l’International Cocoa Agreement, un’intesa che fissava prezzi minimi e prevedeva la creazione di scorte regolatrici. Anche se il sistema non funzionò sempre in modo efficace, l’idea di un “cartello del cacao” contribuì ad alimentare aspettative rialziste sui mercati internazionali. Infine, come accadde per molte altre materie prime in quel decennio, anche il cacao fu oggetto di forte speculazione sui mercati finanziari: i grandi operatori anticipavano carenze di offerta e amplificavano i rialzi, spingendo i prezzi ancora più in alto rispetto ai fondamentali reali.
Interessante, però, è notare che la situazione poi tornò normale negli anni successivi. I meccanismi creati per stabilizzare i prezzi si rivelarono inefficienti e non riuscirono a sostenere l’offerta quando il mercato si raffreddò. Poi con la progressiva riduzione dell’inflazione e la stabilizzazione del valore del dollaro, la necessità di cercare beni rifugio si attenuò, contribuendo ad alleviare le pressioni rialziste. Inoltre, sia in Costa d’Avorio che in Ghana, si favorì un’espansione della produzione attraverso politiche agricole mirate, che riportarono l’offerta a livelli più coerenti con la domanda globale e il fervore speculativo che aveva alimentato il boom si raffreddò, contribuendo al ritorno a prezzi più gestibili.
Strumenti per investire nel cacao
Per un investitore privato, l’accesso diretto al mercato del cacao non è sempre semplice. Tuttavia, esistono varie modalità indirette per esporsi a questa commodity, tra cui un Etn quotato a Piazza Affari (Wisdomtree Cocoa; 10,782 euro al 8/9; Isin JE00B2QXZK10 sui contratti future sul cacao). Vale la pena farci una puntatina? Vediamone vantaggi e rischi: il cacao ha una correlazione bassa con gli asset finanziari tradizionali (azioni, obbligazioni). Può quindi ridurre la volatilità di portafoglio. Inoltre, in uno scenario di crisi climatica o geopolitica, il prezzo del cacao potrebbe tornare a salire bruscamente, offrendo un potenziale di guadagno. Infine, il consumo globale non mostra segni di calo duraturo. Tuttavia, i rischi non sono da meno: il cacao è tra le materie prime più instabili. Piccole notizie possono muovere i prezzi del 5–10% in un solo giorno: la volatilità è altissima. Inoltre, il mercato è dominato da pochi grandi attori (trader internazionali e governi africani). Le statistiche ufficiali non sempre sono di facile lettura. Inoltre esistono rischi regolamentari (nuove norme, come quelle UE sulla sostenibilità, possono alterare le dinamiche di offerta) e poi, non da meno c’è il problema (di cui vi abbiamo sempre parlato) dell’effetto “rollover” nei prodotti derivati: gli ETF e ETC che replicano i futures possono subire perdite tecniche nel tempo anche se il prezzo del cacao rimane stabile, perché devono spendere denaro per manutenere i prodotti che hanno in pancia.
In questo contesto le proiezioni a breve termine variano molto. Alcuni analisti ipotizzano un ritorno verso 8.000 dollari/tonnellata entro l’autunno, altri prevedono un ritracciamento più marcato in assenza di nuovi shock. Sul lungo periodo (orizzonte 2030), alcuni scenari parlano di un raddoppio del prezzo attuale, se non verranno risolti i nodi strutturali della filiera. Ma nessuno può escludere una normalizzazione nel caso di buoni raccolti e regolamentazioni efficaci. E ad ogni modo i prodotti incentrati sul future non sono adatti al lungo periodo.
Non si può dimenticare, in questo contesto, poi, il ruolo degli intermediari (grandi trasformatori e trader internazionali) che non si limitano a comprare cacao, ma svolgono un'intensa attività di copertura (hedging) sui mercati dei futures per proteggersi dalle fluttuazioni di prezzo. Le loro strategie influenzano pesantemente la liquidità e i movimenti dei contratti future su cui si basano gli Etn.
Per questi motivi non ce la sentiamo di consigliare un investimento sul Cacao: troppo ballerino e troppo difficile da gestire.